Il design italiano ha (ri)trovato... l'America

Il PIL dell’economia USA è cresciuto del 6,4% nel primo trimestre 2021 dando un forte quanto deciso segnale che economia e consumi interni sono in linea per tornare ai livelli pre-pandemia già dal terzo trimestre 2021.

Propulsore di questa crescita, oltre al piano vaccinale contro il Covid che vede all’8 maggio oltre 260 milioni di dosi somministrate e 114 milioni di americani totalmente vaccinati pari ad un 34,8% della popolazione, i ben 4,1 triliardi di dollari in risparmi accumulati da parte dei consumatori americani nel primo trimestre 2021, con un significativo incremento di quasi 3 triliardi rispetto al risparmio complessivo di 1,2 triliardi di dollari registrati prima dell’inizio della pandemia, stimolando una propensione all’acquisto sia di beni di consumo che di servizi da oggi nuovamente disponibili, viaggi in primis.

Un quadro molto roseo ed ottimista per la più grande economia al mondo che è il principale paese di destinazione dell’export del Made in Italy fuori dalla UE. Sono un migliaio le imprese italiane presenti negli USA con una propria ragione sociale americana, di cui 80 con impianti produttivi, mentre sono 3300 le partecipazioni italiane in imprese americane.

Tra i settori di business, il 32% è nella meccanica, il 14% nell’arredamento, l’11% nel fashion e il 9% nel food.

Se poi guardiamo alla presenza italiana nel territorio sono 2 gli stati più favoriti dove operare e avere una sede: New York (20%) e Florida (13%).

IL MERCATO USA: FOCUS SU DESIGN & FURNITURE

Il Made in Italy si distingue nel mondo perché portatore dello stile e del lifestyle italiano e il mercato USA risulta di particolare interesse per le PMI italiane del settore Design & Furniture dato che importa il 30% della fascia alta di prodotto proprio dall’Italia.

Dei 42,5 miliardi di euro di valore dell’export italiano verso gli USA nel 2020, il settore Design & Furniture ha contribuito per 1,5 miliardi, riconfermando gli USA come il terzo mercato di riferimento e il primo mercato per margini di crescita.

Di fatto il settore ha sperimentato un +38,6% di export nel quinquennio 2015-2020 e le previsioni per il 2021 vedono un aumento del 9%, incentivato anche dal nuovo stile di vita che vede allungarsi il tempo trascorso a casa a fronte dell’incremento della formula home office e home working.

I numeri del mercato USA sono molto stimolanti: oltre 150 miliardi di dollari per il segmento arredo per la casa, con camera da letto e cucina a far da primi della classe rispettivamente con 57 e 27 miliardi di dollari di valore, e a seguire poi poltrone, divani ed imbottiti con 18 miliardi, l’outdoor con 12 miliardi e il bagno con 8 miliardi.

Il tutto gestito da un network di 27.595 punti vendita distribuiti nel territorio USA tra stores multi-brand, flagship stores e reti multi-store e multi-state.

I 6 principali mercati di origine per l’export di arredamento verso gli USA sono nell’ordine di valore: Cina, Vietnam, Canada, Messico, Malesia e Italia, mercati che coprono la crescente domanda americana per prodotti di arredo per la casa e per l’ufficio oltre che per il contract del residenziale, dell’ospitalità e del corporate, segmenti dove la domanda è diversificata per tipologie di prodotto.

Va da se che Cina e Vietnam ben rispondono alle esigenze di delocalizzazione produttiva di imprese americane e che il prodotto in arrivo dall’Italia copre invece l’alto di gamma.

Ovviamente parliamo di un mercato maturo, selettivo e competitivo, dove molti brands del Made in Italy hanno consolidato la loro presenza e sviluppato una forte brand awareness.

Entrare nel mercato USA oggi risulta più complesso e se si considera il mercato USA lo si deve vedere ed affrontare con una visione strategica di lungo periodo consapevoli che un piano di internazionalizzazione non significa solo esportare.

Chiariamo questo ossimoro che è fonte di grande confusione interpretativa in Italia dove spesso i due termini vengono erroneamente utilizzati come sinonimi.

INTERNAZIONALIZZAZIONE VS. EXPORT

L’azienda che internazionalizza in USA svolge una operazione strutturata di investimento diretto nel mercato attraverso la registrazione di una ragione sociale, di gestione di un ufficio marketing locale dedicato al business development del mercato direttamente nel territorio, di apertura di una filiale, sede regionale, punto vendita o flagship store: in sintesi parliamo di una operazione che richiede un budget, un business plan, un team dedicato, funzioni interne allineate, una leadership e una visione di lungo termine per sviluppare una presenza attiva nel mercato.

L’azienda che esporta in USA sviluppa una opportunità extempore o continuativa affidando ad una terza figura, generalmente un distributore o retailer, il compito di vendere i propri prodotti ma con limitato controllo sull’operato e ridotto impegno da parte dell’azienda italiana.

La principale differenza è che l’internazionalizzazione si pianifica, partendo da una analisi di market intelligence per comprende il come, dove, quando e con chi sviluppare il progetto per arrivare alla soluzione più efficace che può spaziare dalla delocalizzazione produttiva e/o distributiva, alla creazione di una entità locale, alla definizione di una joint-venture con un partner locale oppure di una alleanza commerciale, alla fusione o acquisizione di una società presente ed operante nel mercato.

L’export non si pone come l’alternativa facile e veloce ma richiede una analisi del mercato per capire se il proprio prodotto è funzionale per il mercato USA e per comprendere quali possono essere i canali e le opportunità di business più funzionali per azienda, prodotto e capacità produttiva.

IL MARKETING COME DRIVER DI CRESCITA

Qual è il denominatore comune ad entrambe le soluzioni: il Marketing.

Il Marketing è considerato negli USA, e fa parte della cultura aziendale americana,  come la funzione chiave per lo sviluppo del new business e per distinguere il proprio brand agli occhi del buyer e del consumatore.

Anche una piccola impresa americana, la Small Enterprise, con fatturato annuo di 5 milioni di dollari, dedica un budget annuale per le attività di marketing che varia dal 5% (quindi $250.000) al 12% (ovverosia $600.000) a seconda del target di riferimento e dell’obiettivo di business.

In Italia la situazione è diametralmente opposta perché il Marketing viene generalmente percepito da molte PMI solo come una funzione di costo a fronte della quale viene sempre formulata la stessa domanda: quanto devo vendere per recuperare l’investimento di marketing? E non viceversa valutando l’investimento di Marketing come booster per sviluppare new business e potenziare le vendite.

Distinguiamo allora e sfatiamo alcuni dei luoghi comuni: il Made in Italy non si vende da solo, cosi’ come non si vende da solo, per esempio, il Made in France o il Made in Malaysia.

Un marchio o un prodotto di successo nei propri mercati di riferimento se è sconosciuto in USA non ha brand awareness nel mercato e quindi deve utilizzare le leve del Marketing per evidenziare i propri elementi distintivi.

Non è rilevante sostenere di essere un marchio conosciuto in Italia, di essere una azienda di famiglia da x generazioni, di operare con eccellente artigianalità se si affronta il mercato USA per la prima volta perchè la qualità al livello più elevato è oggi lo standard produttivo di molte aziende indipendentemente dal paese di produzione.

Semmai è prioritario dimostrare che il proprio prodotto ha tutte le caratteristiche per rispondere alla domanda del buyer e del consumatore americano.

Ancor di maggior priorità è il dimostrare di essere presenti direttamente nel mercato USA, inizialmente attraverso un Ufficio di Rappresentanza che agisce da Marketing Office USA, per dare al buyer la garanzia di serietà nel voler sviluppare il mercato USA ed evitare la sindrome del mordi e fuggi dove purtroppo molte aziende italiane dell’arredo svaniscono agli occhi del buyer americano dopo il primo ordine (e per questo i motivi sono molteplici: dall’evadere un ordine solo per disfarsi di una giacenza di magazzino oppure non aver concordato preventivamente con un distributore una proiezione di volume per poi non avere la capacità produttiva per soddisfare p.e. una richiesta contract.

Nel mercato più competitivo al mondo “there is not a second chance to make a first impression” e quindi vale la regola del Marketing che il modo con il quale ci si presenta è strumentale per creare quella prima impressione per una azienda distintiva che sa creare la differenza.

(*) Antonio Acunzo è CEO di MTW GROUP-Foreign Market Entry Advisors, società di International Business Advisory con sede a Miami, in Florida, che offre consulenza e servizi di Strategia per l’Internazionalizzazione, Brand Marketing e Corporate ad aziende PMI e Mid-Market con potenziale di crescita in selezionati mercati negli USA e in Asia (antonio@marketingthatworks.us * www.marketingthatworks.us)