Il Codacons: se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Perché non solo sostiene un sacco di cause giuste ma quando giuste non sono, lo sembrano e comunque sostenendole si getta giustamente un sasso nello stagno. E’ il caso di una delle ultime sortite dell’associazione presieduta da Carlo Rienzi, che ha presentato ricorso al Tar del Lazio contro il decreto del Ministero della Giustizia del 7 agosto 2023, n. 110 – che impone agli avvocati una lunghezza massima degli atti processuali scritti pena una sanzione nei loro confronti – e apre la strada ad una class action contro la P.A. da parte di tutti gli avvocati italiani.
In data 7 agosto 2023 è stato emanato dal Ministero della Giustizia il D.M. n. 110 che prevede tutta una serie di criteri circa i limiti dimensionali degli atti processuali – spiega il Codacons nel ricorso – In particolare si stabiliscono le regole da seguire per la redazione degli atti giudiziari: il limite dimensionale massimo dell’atto espresso in pagine, la dimensione del carattere, l’interlinea e i margini dei documenti: 80mila caratteri, corrispondenti approssimativamente a 40 pagine, quanto all’atto di citazione e al ricorso; 50mila caratteri (26 pagine) quanto alle memorie, alle repliche e in genere a tutti gli altri atti del giudizio; 10mila caratteri (5 pagine) quanto alle note scritte in sostituzione dell’udienza. Lo stesso decreto attribuisce poi al giudice la possibilità di applicare una sanzione nel caso del mancato rispetto di tali limiti.
Per effetto di tali nuove disposizioni, in data 29 settembre 2023 il Giudice di Pace di Verona ha emesso un decreto con il quale ha sanzionato un ricorrente disponendo la compensazione delle spese legali “per violazione dei criteri di forma e redazione degli atti giudiziari”, e lo scorso 13 ottobre il Consiglio di Stato, con sentenza n. 8928, ha dichiarato inammissibile un ricorso per superamento del numero massimo dei caratteri consentiti per proporre appello, affermando che il giudice non ha la facoltà di esaminare le questioni che si collocano oltre il limite massimo di pagine.
“I limiti quantitativi fissati dal Decreto del Ministero della Giustizia violano il principio di tutela dell’effettività del diritto di difesa e potrebbero condurre l’avvocato a sacrificare considerazioni giuridiche importanti per timore di incorrere nella sanzione – afferma l’avv. Carlo Rienzi, promotore del ricorso al Tar – Le norme costituzionali pongono i principi base della tutela giurisdizionale, sancendo che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, e che a tutti sono forniti i mezzi per potersi difendere. Il diritto alla difesa è inviolabile ed universale, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico. Non è possibile limitarlo o eliderlo in alcun modo (…) Per tali motivi il Codacons ha presentato ricorso al Tar del Lazio, e avvierà a breve una class action contro la P.A. alla quale potranno aderire tutti gli avvocati italiani.
Ora, qual è il punto affascinante, al di là del cavillo? Che dell’infame vergogna in cui versa tutta la procedura, penale e civile, del nostro Paese i primi responsabili sono i politici asini che hanno lasciato degenerare inerti le leggi sulle procedure; e i correi sono i magistrati che, pur potentissimi, nulla hanno fatto per costringere il legislatore a riscrivere norme da vomito pensate solo per allungare i processi all’infinito, né hanno cercato mai di debellare, dal seno della propria casta, i troppi fannulloni che la inquinano; ma è anche vero che a giovarsi di questo doppio malcostume sono anche gli avvocati, che dalle lungaggini infinite traggono parcelle e pretesti per rinvii altrettanto infiniti che si concludono in prescrizioni o insabbiamenti.
Dunque che il ministro, pur motivato e integro nella sua foga riformatrice, di fronte allo stallo della riforma vera se la sia presa con le prolissità degli avvocati è ingeneroso, è come curare un foruncolo sul naso di un malato terminale. Bravo Codacons.