Il boccione diventa ecologico e plastic-free

La notizia dell’ultim’ora è l’ingresso di Acquaviva nel programma Elite della Borsa Italiana, ufficializzato giusto un paio di settimana fa. Un traguardo che per l’azienda bresciana arriva dopo anni di crescita, 25 per l’esattezza, festeggiati proprio in questo mese di maggio. Insomma, quella del 2019 è una primavera che l’amministratore delegato Riccardo Marchini non dimenticherà facilmente, e per questo abbiamo voluto ripercorre con lui le tappe che hanno portato Acquaviva a ricoprire un ruolo di primo piano nei servizi legati all’acqua, gestendo direttamente una filiera che va dalla fonte alla distribuzione di eco-boccioni ed erogatori, al recupero e allo smaltimento dei contenitori in plastica. Una storia emblematica che ha nella sostenibilità la sua chiave di volta. 

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L’a.d. Riccardo Marchini:

«Con ogni boccione da 18 l evitiamo l’utilizzo di 36 bottiglie da mezzo litro. Ogni anno i nostri boccioni prodotti rappresentano circa 40.000.000 di bottigliette da mezzo litro.»

 

«Le bottiglie di plastica usa e getta sono tra i prodotti più inquinanti al mondo, visto quante se ne producono. Con i nostri eco-boccioni noi non solo togliamo dal mercato 36 bottiglie da mezzo litro per ogni boccione da 18 litri, ma a differenza della pressoché totalità dei produttori di bottiglie usa e getta, che non si occupano del loro smaltimento, forniamo ai clienti anche questo servizio: dal 2010 recuperiamo la plastica, la sminuzziamo e collaboriamo con alcune aziende che la riciclano e la reimmettono sul mercato sotto forma di contenitori alimentari, filati di pile, spazzoloni o quant’altro. Si tratta di Pet, un materiale riciclabile al 100% e molto richiesto, che così non finisce nella raccolta differenziata assieme a contenitori di tutti i tipi che per essere recuperati richiedono lavorazioni complesse e dispendiose sia dal punto di vista economico che ambientale; i nostri boccioni vanno semplicemente privati del tappo, dell’etichetta, e possono essere subito riciclati». Riassume così il core business Acquaviva, Riccardo Marchini. Sua l’idea, nel 1994, di portare in Italia quel sistema di distribuzione dell’acqua in boccioni già di prassi negli Stati Uniti. 

Oggi la lotta al monouso è all’ordine del giorno, anche grazie ai recenti provvedimenti UE, ma 25 anni fa le cose non stavano esattamente così. Quando avete iniziato a porvi il problema dello smaltimento dei boccioni? 

In realtà è stato parte integrante della nostra strategia fin dall’inizio. Da subito ci siamo chiesti cosa fare dei boccioni usati, ma era un mercato nuovo, non c’erano risposte pronte. In un primo momento quindi abbiamo pagato delle aziende che ritiravano i nostri vuoti e li riciclavano a partire dal boccione, ben consapevoli – loro, a differenza nostra – del valore del Pet. Stoccare migliaia di boccioni usati era però molto complicato e allora abbiamo investito in un macchinario che li sminuzzasse e ne diminuisse il volume. È stato questo step a segnare un’importante presa di coscienza del valore ecologico del nostro percorso. Così siamo entrati in un’ottica più ampia, passando dallo studio del modo migliore per gestire gli scarti – tappi e etichette – all’utilizzo di energia sostenibile per le nostre sedi, fino all’adesione a iniziative come Impatto Zero di LifeGate per compensare le emissioni di CO2 generate con la piantumazione di foreste in zone sensibili del mondo. La prima di una serie di iniziative in tal senso alle quali ad oggi aderiamo periodicamente.

La logistica può essere un tasto dolente. Voi come la gestite?  

Tutto questo impegno sarebbe in parte vanificato se i nostri camion dovessero raggiungere l’altro capo del Paese da un’unica sede. Noi abbiamo due fonti, una nelle Valli del Pasubio e l’altra in Molise, e due relativi impianti produttivi che coprono il primo fino alla Toscana, e il secondo dal Lazio in giù, oltre a 13 sedi sparse in tutta Italia. Questo comporta un risparmio economico sugli spostamenti certo, ma anche un notevole taglio alle emissioni di CO2.

Un percorso sottolineato anche dal nuovo logo…

Sì, abbiamo da poco registrato il nuovo marchio “Water Plastic Free Acquaviva”, riprendiamo lo storico logo e trasformandolo in una tartaruga di mare con il simbolo della plastica sbarrato. 

Una prospettiva “Plastic Free” alla quale contribuite non solo con gli eco-boccioni… 

No, certo. Abbiamo anche gli erogatori da attaccare alla rete idrica, che microfiltrano e declorano l’acqua rendendola più sana e piacevole da bere. Ai nostri clienti inoltre possiamo fornire le nostre borracce, in Pet semirigido, pensate per essere utilizzate a lungo in abbinamento all’eco-boccione o all’erogatore, che rendono superflui bicchierini e bottiglie usa e getta. 

Chi sono i vostri clienti? 

Aziende molto diverse tra loro per esigenze e numeri, ma anche privati, e per ognuno siamo in grado di studiare una formula personalizzata. Anche questo probabilmente ha contribuito a farci affrontare al meglio i recenti anni di crisi (dal 2008 il fatturato di Acquaviva è quasi triplicato, ndr). Negli ultimi mesi poi è innegabile che ci sia un rinnovato interesse verso i temi della sostenibilità, che ha portato multinazionali ed enti di grande importanza a optare per soluzioni rispettose dell’ambiente. Tra i clienti acquisiti di recente abbiamo ad esempio la Banca d’Italia: 7000 dipendenti, ai quali forniamo i nostri eco-boccioni; molto interessante anche l’iniziativa delle palestre Virgin che danno la possibilità ai loro iscritti di avere acqua gratis utilizzando le nostre borracce.  

Insomma, il tema della sostenibilità garantisce alle aziende un ottimo ritorno d’immagine, ma non solo quello. E l’ingresso nel programma Elite lo conferma… 

Il nostro percorso è iniziato proprio in aprile. È un modo per crescere, per “allenarsi” a lavorare meglio, anche perché oggi abbiamo 120 dipendenti, domani chissà: bisogna sempre mettersi in discussione ed Elite apre prospettive interessanti. Noi già da due anni abbiamo il bilancio certificato. Non è obbligatorio, ma è una forma di trasparenza: quando qualcuno si chiede perché dovrebbe darci fiducia, vogliamo avere gli argomenti giusti da mettere sul tavolo per lavorare tutti al meglio.  

Energie condivise

È dal 2009 che Acquaviva investe in energie rinnovabili, come il geotermico e il fotovoltaico. «Gli impianti fotovoltaici delle nostri sedi di Travagliato e di Pomezia, complessivamente producono più di due milioni di Kw all’anno, diamo energia a circa 700 famiglie – ci spiega Marchini – Da quando sono stati accesi gli impianti, nel 2011, abbiamo prodotto oltre 16 milioni di kw evitando la produzione di oltre 8 milioni di kg di CO2 che tradotto in alberi sono oltre 10mila, e l’utilizzo di quasi 4 milioni di litri di petrolio».

Benessere aziendale

A fine 2018, Acquaviva ha aderito al programma WHP – Workplace Health Promotion,  impegnandosi a costruire un contesto lavorativo che favorisca l’adozione di comportamenti e scelte positive per la salute: dal mettere a disposizione dei dipendenti frutta fresca a incentivare l’attività fisica e l’abbandono delle sigarette. «Questo inverno abbiamo avuto un calo netto delle assenze per malattia, che sia merito della frutta? – commenta Marchini – A parte gli scherzi, sono convinto che un ambiente di lavoro positivo incida direttamente sul rendimento e sull’immagine che si dà all’esterno». E ne sono convinte anche le sue dipendenti, donne per oltre il 90%; «anche la scelta di avere per la quasi totalità contratti di assunzione garantisce uno standard di lavoro che fa la differenza», conclude l’a.d..