L’unica vera buona notizia è che dalle urne amministrative del 3 e del 4 ottobre esce sconfitta la pseudopolitica urlata sui social media. E questo accade proprio nel giorno in cui, quasi esotericamente, va in tilt per mezza giornata il monopolio della “merda nel ventilatore”, cioè il sistema Facebook-Instagram-Whatsapp. Miracolo hacker o implosione della tecnologia velleitaria si vedrà: intanto è chiaro che non di soli social vive l’uomo. E che se i social sono populisti, be’: l’elettorato non lo è e non basta stordirlo di scemenze per convertirlo.
Aver rotto l’anima agli italiani dicendo di aver sconfitto la povertà, che uno vale uno, che la Nutella fatta con le nocciole turche è cattiva e che il green pass è liberticida non paga.
La montagna di balle su cui Beppe Grillo aveva costruito la sua ascesa al potere si è sgretolata e le poche personalità valide miracolosamente espresse dal Movimento in queste ore giustamente non si esprimono.
La prevalenza, dentro il Centrodestra, dell’assurda commistione tra partito di lotta e di governo con Salvini e di estremismo neofascista dentro Fratelli d’Italia, ha tolto consensi al centrodestra, non gliene ha portati.
Attenzione però: queste buone notizie non ne accreditano altre che invece la narrazione dei vincitori per caso, cioè del Pd e di qualche comprimario, sta invece tentando di affermare, ovviamente, in queste ore.
In particolare: questa non è una vittoria di Letta ma è una sconfitta di Salvini e Grillo (e Conte, ma aggiungerlo è puramente pleonastico).
Economy aveva scritto che il Pd avrebbe vinto per abbandono e così è stato. Il Pd resta un gorilla nella nebbia, senza identità e senza leadership.
Altra cosa. L’affluenza alle urne calata di oltre il 7% rispetto ai livelli già bassi del 2016 dimostra (a dispetto del maggior tempo disponibile per votare) che nell’insieme la politica delude perfino a livello locale, dove in teoria il controllo sugli eletti e sul loro operato dovrebbe essere molto più diretto. Quindi sarebbe bello – ma non accadrà! – che i professorini del Pd ci risparmiassero infondate piaggerie alla saggezza degli elettori italiani: non illudiamoci, non siamo diventati un popolo di pacati contabili zurighesi che vota col bilancino delle opportunità, restiamo ondivaghi sanguigni ed infedeli, ma alcuni comportamenti e schieramenti storici ci sono e riaffiorano nei momenti di maggior disinganno o di maggior fatica, e ne stiamo vivendo uno dei peggiori, dopo un anno e mezzo di clausura, 130 mila morti e l’incognita se la ripresa di oggi sia vera gloria o sia la tregua dopo la tempesta e prima della batosta.
Qualche altra evidente verità, tanto per puntiglio, consapevoli che da oggi il teatrino delle bugie politiche riprenderà.
Partiamo dagli sconfitti. Salvini dovrebbe aver imparato che non ha solo sbagliato candidati, se perfino nella roccaforte leghista di Varese il suo alfiere ha subito 4 punti di distacco dal sindaco uscente, di centrosinistra. E’ che un centrodestra che voglia candidarsi a guidare il Paese deve essere una forza moderata, deve saper esprimere l’Italia che produce, quella delle microimprese, dei lavoratori autonomi, di chi vuole vivere meglio, vedere più futuro ed essere più sicuro nelle sue città di notte, ma non crede che l’Europa sia il Babau, che l’euro è irreversibile, sa che un’immigrazione integrata c’è e serve e che la Padania non esiste, esiste semmai un federalismo migliore ma quello guarda caso è stato archiviato.
Conte e Grillo dovrebbero portare semplicemente i libri in tribunale e le loro poche persone di qualità accasarsi altrove.
Fratelli d’Italia dovrebbe capire che è arrivata alla sua massima incompetenza, ripudiare ma sul serio i nazifascisti che tollera – o forse purtroppo coccola – al proprio interno e moderarsi.
Forza Italia… dovrebbe superare il complesso di Edipo ma è già chiaro che non riuscirà farlo fin quando non lo deciderà il suo fondatore e padrone, cioè mai, o quando il Padreterno vorrà.
E qui potrebbe finire l’articolo, perché un vincitore attivo non c’è. Ma per fugare l’equivoco che invece lo sia il Pd esaminiamo rapidamente i dati.
Milano ha avuto un grandissimo sindaco di centrodestra per nove anni, Gabriele Albertini, che ha rifiutato questa volta di ripresentarsi, forse per le pressioni della moglie o forse perché non poteva più fidarsi di Berlusconi – del quale, inopinatamente si fidò quasi trent’anni fa, senza subire in cambio pressioni e riuscendo a governare bene e a investire 6 miliardi in 9 anni nella capitale di una Mani Pulite che aveva in Berlusconi il suo principale bersaglio. Le confabulazioni hanno prodotto un candidato ignoto e gaffeur che non ha mai avuto spazio e negli ultimi giorni è stato a un passo dal gettare la spugna.
A Roma un altro ignoto, tale Michetti, si è comunque imposto su due ex ministri del centrosinistra che insieme non ne fanno uno buono, il trasparente Gualtieri e il colorito Calenda, che però è di sinistra come chi scrive è di Bolzano, e infatti non è stato sostenuto dal Pd. Forse al ballottaggio vincerà ma la partita è aperta e sarà nuovamente una gara a chi perde, più che a chi vince.
A Napoli una persona perbene ma politicamente incolore, Manfredi, ha lucrato il riflusso di una città nauseata dalla politica, dove più di un elettore su due ha deciso che non valesse la pena votare. Il sindaco uscente Luigi De Magistris – Giggino ‘a manetta, egogistris, “sparam’’mpietto”, e chi più lo soprannomina vince – è stato ridicolizzato a casa sua e in Calabria dove vaniloquentemente aveva voluto correre per la presidenza della Regione. E il Centrodestra ha lasciato solo un discreto candidato, Catello Maresca, senza appoggiarlo anche perché gravava su di lui l’inconveniente di essere un altro ex-magistrato.
Infine Bologna, dove il candidato di sinistra, altra persona perbene di poco carisma e seguito personale, ha vinto perché quando Bologna non sa che fare vota a sinistra. Poi c’è l’incognita del ballottaggio a Torino, che vede partire in vantaggio la sinistra contro un candidato decoroso del Centrodestra, ma anche lì – ricordiamocelo – la sinistra può solo “perdere da sola”, se è vero che in città la destra non ha mai vinto da tent’anni, a meno di non voler bollare di destri un gentiluomo liberale come Valerio Zanone (nel ’91) o una nobildonna repubblicana come la Cattaneo (nel ’92).
Ha perso, evviva, la politica dei social ma il Pd resta un gorilla nella nebbia
Come era facile prevedere, il Centrosinistra ha prevalso in questo primo turno per “abbandono” della sfida da parte di un Centrodestra confuso ma non ha convinto né ha proiettato nuovi leader in campo. I Grillini sono evaporati, la Lega ha preso una batosta memorabile che le imporrà un cambio di rotta, Fratelli d’Italia ha toccato un tetto insuperabile.