di Helena Rinaldi
Dal 7 ottobre, il mondo è concentrato sulla lotta tra lo Stato ebraico e il gruppo
estremista palestinese Hamas. Ecco come la questione potrebbe lasciare il Medio Oriente e avere un impatto sull’economia mondiale.
Il prezzo del petrolio sale?
Quando si parla di conflitti in Medio Oriente, una delle prime preoccupazioni per l’economia è un aumento generalizzato del prezzo del petrolio. Tuttavia, mentre la guerra è ancora concentrata su Israele e Hamas, le conseguenze economiche saranno probabilmente contenute. Un esempio è dato dal fatto che lunedì 9 ottobre il prezzo del petrolio è aumentato di circa il 4,2%, ma il giorno successivo non ci sono stati altri grandi balzi. Questo suggerisce che il mondo sta tenendo d’occhio l’evoluzione della guerra nei prossimi giorni.
Tuttavia, la partita potrebbe cambiare se venissero imposte sanzioni all’Iran, un
Paese che difende il gruppo palestinese ed è un importante produttore globale di
oro ero. Ad agosto, l’Agenzia internazionale per l’energia stimava che la produzione di greggio iraniano aumenterà di 600.000 barili al giorno entro la fine del 2023, diventando così la seconda fonte di approvvigionamento mondiale per quest’anno – dietro solo agli Stati Uniti.
E le commodities?
Di conseguenza, anche i prezzi delle commodities sono aumentati negli ultimi giorni. Al Chicago Mercantile Exchange, ad esempio, il valore del grano è stato spinto al rialzo dal timore che il conflitto possa estendersi, con un aumento dello 0,75%.
Vale la pena di ricordare che questa cifra potrebbe aumentare ulteriormente. Se il conflitto si estendesse ad altri Paesi, come l’Egitto ad esempio, è possibile che il flusso dei trasporti incontri difficoltà logistiche. Di conseguenza, il prezzo delle sementi e di altri prodotti alimentari aumenterebbe, con un impatto sull’inflazione mondiale.
Caduta del settore tecnologico
In Israele, il settore tecnologico è uno di quelli in più rapida crescita negli ultimi anni e rappresenta attualmente un quinto del Prodotto interno lordo e circa il 14% dei posti di lavoro degli abitanti dello Stato ebraico.
Dopo l’offensiva di Hamas, il settore è stato colpito dalle pressioni del mercato, con un forte calo del valore delle azioni delle aziende israeliane. Le società di sicurezza informatica BlueStar Israel Technology e Check Point Security, ad esempio, sono state colpite dagli ultimi eventi, con un calo rispettivamente del 3,4% e del 3% nella giornata di lunedì 9 ottobre.
Il calo, tuttavia, non è senza precedenti nel settore. Quest’anno, a causa delle tensioni politiche interne a Israele e dei disaccordi con le recenti politiche del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, diverse aziende del settore hanno scelto di trasferire i propri fondi fuori dallo Stato ebraico. Come base di confronto, nel 2023 l’80% delle nuove start-up israeliane ha deciso di costituirsi negli Stati Uniti. Lo scorso anni, invece, la percentuale è stata di appena il 20%.
Ma come ha fatto Hamas a trovare i mezzi finanziari per lanciare la sua offensiva?
Secondo il Wall Street Journal, più di un anno prima del 7 ottobre Hamas si stava già preparando a lanciare un attacco a sorpresa. I milioni di dollari raccolti provenivano da criptovalute, il che dimostra quanto sia difficile per Israele – e in generale – rintracciare questo tipo di transazioni. Secondo il quotidiano americano, la Jihad islamica palestinese ha ricevuto l’equivalente di 93 milioni di dollari in monete digitali dall’agosto 2021 allo scorso giugno, mentre Hamas ha ricevuto in criptovalute l’equivalente di 43 milioni di dollari.
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