Le nuove esigenze dei clienti, le nuove sfide delle imprese. Due capisaldi della rivoluzione copernicana che stiamo vivendo. Non è una novità: nuovi strumenti, una connettività pressoché costante, una diversa percezione del brand. Eppure le imprese stanno continuando a intercettare esigenze nuove.
Basti pensare, come ha raccontato Donato Iacovone a Capri durante l’appuntamento annuale di EY, che il 72% dei millennial vuole comprare esperienze, non beni. Questo perché le esigenze sono diverse dal passato: siamo sempre connessi (controlliamo i nostri device, in media, 150 volte al giorno). Ma anche perché concetti come privacy e fedeltà sono stati completamente riscritti.
Nel primo caso, i 2/3 dei navigatori europei sono disposti a condividere dati in cambio di pubblicità mirata; nel secondo perché l’89% della popolazione abbandona un brand se non è soddisfatto. Diretta conseguenza di questa rivoluzione è la necessità di cambiare canali e modalità di vendita.
L’Italia è al 25° posto su 28 paesi Ue per pervasività dell’e-commerce, ma le notizie positive sono un incremento del 20% (a 23,4 miliardi di euro) del valore e il raddoppio delle imprese italiane che operano nel commercio online.
L’industria 4.0, quindi, si può declinare anche sulle imprese che vendono servizi, forte soprattutto di costi ridotti del 7%, di un margine netto in aumento del 19%, di dividendi che crescono di un quarto e di tempi di produzione medi che passano da 21 giorni a 6 ore.
Infine, un occhio è stato rivolto alla trasformazione dei modelli sociali. Il 66% della popolazione mondiale vivrà in città nel 2050; il 56% delle miglia percorse nel 2030 verranno realizzate da veicoli condivisi. E il tempo libero cambia la sua prospettiva: nel 1990 negli Usa c’erano 132.000 agenti di viaggio, nel 2014 erano 74.000 e un ulteriore calo del 12% è previsto entro il 2024.
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