L’illusione di una svolta politica del Paese, non connessa al prevalere della destra ma al prevalere di una coalizione con una leader nuova, forte – e donna! – e quindi capace di governare, dicendo e facendo “qualcosa di destra” … è già sfumata.
Al netto della condotta personale della premier, che conferma un atteggiamento prudente nelle esternazioni, il casino è tornato quello di sempre. Anche se una certa mitridatizzazione rispetto a quanto accade depotenzia alcune reazioni.
Per esempio la nomina della sorella, da parte della premier, come segretaria di Fratelli d’Italia. Nemmeno Berlusconi era mai arrivato a tanto, e sì che di Forza Italia era stato ideatore, fondatore e unico leader assoluto da sempre, oltre ad esserne tecnicamente il padrone, come tuttora sono i suoi eredi, creditori di ben 100 milioni verso il partito. Aver nominato in quel ruolo sua sorella – fermo restando il massimo valore della persona, che qui non si vuol minimamente contestare – rappresenta da parte della leader un segnale raggelante all’interno del suo partito: “Ragazzi, non mi posso fidare di nessuno di voi!”.
E che dire dei ministri? A parte l’ottimo Valditara, istericamente e immeritatamente bersagliato per il suo tentativo, generoso ma strutturalmente votato all’insuccessi, di ridare serietà a quella barzelletta sbracata e lassista cui è stata ridotta la scuola italiana; a parte Nordio, che prova dall’interno a riformare una magistratura inqualificabile per quantità e qualità delle inadeguatezze, e viene attaccato senza riguardo proprio per questo; le esternazioni improvvide sono state e sono molte. L’ultima, sui poveri che mangiano meglio, si qualifica da sola. Ma è l’ultima di una serie. Come se anche questo governo, sulla carta forte di una maggioranza inscalfibile, sembri decisa insomma a deludere i suoi elettori replicando il film di Renzi e poi di Conte, disamorare il proprio elettorato al punto da dare la vittoria ad un’opposizione immeritevole.
Il dramma sono anche, e forse soprattutto, i silenzi. I silenzi sui temi davvero spinosi: l’emergenza sbarchi e il bilancio pubblico, che poi è il problema dei problemi, perché contiene tutti gli altri. Del bilancio non parla il ministro titolare, Giorgetti, che per la precisione non sembra nemmeno saper bene dove guardare nelle rarissime interviste video cui non riesce a sfuggire; e non ne parla Piantedosi, degli sbarchi.
Come mai? Semplice: non sanno che dire.
La sostanza è presto riassunta sul dramma umano, organizzativo e sociale degli sbarchi incontrollati. L’immigrazione – in termini generali – è linfa vitale per le società mature, e noi italiani che abbiamo pervaso il mondo con le nostre capacità per un secolo e mezzo, dovremmo ricordarcene. Ma l’immigrazione, quando è totalmente disconnessa dalla “domanda” che il mercato del lavoro potrebbe convogliare verso i migranti; quando è totalmente scoperta sul piano dei servizi, per la perniciosa e inguaribile carenze di strutture di accoglienza, formazione e presidio (anche di ordine pubblico); quando è gestita da cosche malavitose locali, purtroppo nei fatti aiutate – speriamo inconsapevolmente – dalle Ong…e dalle mafie italiane; ebbene, in queste condizioni l’immigrazione incontrollata non è linfa vitale, ma anzi diventa un gravissimo problema. Con buona pace delle anime belle, il problema non è il lessico del generale Vannacci, e non lo si risolve – come pretende un’incredibile sentenza recente – proibendo con mossa da Minculpop l’uso dell’aggettivo “clandestino” per i migranti che sbarcano…clandestinamente.
il problema non è come si sente una grande atleta internazionale dal reddito elevato e dalla socialità intensissima e vincente rispetto al fatto di essere una cittadina italiana di grande successo con la pelle di colore diverso da quello prevalente. Il problema – quello serio – è come evitare che queste persone arrivino in Italia immaginando e perseguendo un Eldorado che nessuno, qui, potrà dargli; perchè invece, quando accade – e accade quasi sempre – constatate le disfunzioni del sistema, i migranti delusi, nella migliore delle ipotesi ci usano come una stazione di cambio per poi proseguire verso l’Europa ricca e nella peggiore come una vigna da vendemmiare, spacciando, trafficando in sesso, in organi, semplicemente rubando, protetti dalla sostanziale impunità garantita dall’estenuazione delle forze dell’ordine e dall’inefficienza della magistratura. A chi sia così cretino da reputare razzista un ragionamento del genere, giova ricordare che all’inizio del Novecento tra i tanti italiani onesti e lavoratori che trovarono accoglienza negli Stati Uniti ce ne furono anche tanti altri, non la maggioranza ma neanche pochissimi, che non trovando un assetto di loro gradimento, o forse pretendendo troppo, esportarono la più potente organizzazione malavitosa che abbia mai avuto quella nazione, la “nostra” mafia. Siamo stati per decenni il popolo “più migrante” del mondo, conosciamo il fenomeno sulla pelle dei nostri vecchi, di cosa ci stupiamo, e perchè dovremmo confondere l’evidenza della criminalità “da immigrazione” con il pregio dell’immigrazione onesta?
Di questo problema enorme, l’immigrazione non gestita, Piantedosi non parla, e la Meloni non ha mai più riparlato del blocco navale di cui risuonava la sua campagna elettorale e Salvini…Salvini buon per lui non è più all’Interno.
Resta il bubbone della finanza pubblica, grazioso lascito di Supermario Draghi. A settembre si entra nel vivo, ma già si sa: mancano i soldi. Il caro tassi non ha frenato sul serio l’inflazione, obiettivo dei rincari, ma in compenso ha frenato la crescita, e questo riduce l’aumento del Pil e le entrate fiscali. Quindi solo per confermare anche nel 2024 gli impegni di spesa varati per l’anno in corso dal governo Meloni servirebbero 30 miliardi di euro, mentre sicuri in cassa pare ce ne siano nemmeno 5. Dove troveremo gli altri 25?
A quanto si dice, le misure agevoli per tirar su quattrini, potrebbero innalzare la raccolta a quota 14. Ne mancano pur sempre 15/16. Qualcosa arriverà dai risparmi sul reddito di cittadinanza, mentre la supertassa sulle banche sta sfumando… e le accise sui carburanti, non più ridotte, porteranno altri soldi ma di quelli che gli elettori non dimenticano.
Si riparla stancamente di spending review, ma farla sul serio significa farsi maledire dai “tagliati”; che dovrebbero essere poi ministeri ed enti locali, cioè gangli potentissimi del sottopotere italiano; i primi, protetti soprattutto dalla Lega, ma in realtà da tutti i partiti che agognano alla moltiplicazione dei centri di potere, e quindi riluttano dal tagliare i soldi spalmati a Comuni e Regioni, per quanto troppo spesso mal gestiti; i secondi, presidiati dai boiardi dei quali la classe politica dirigente “di turno” – oggi Meloni & c., come ieri l’altro la Lega e i Cinquestelle – non possono fare a meno perché non hanno in casa letteralmente nessuno in grado di mettere mano nella mostruosa macchina burocratica dei ministeri in specie e dello Stato in generale.
E dunque? Dunque è difficile essere ottimisti. Ci vorrebbe molto più coraggio da parte del governo, coraggio di pensare in grande e giocare in lungo, senza ragionare – come già fa – sui proventi elettorali di brevissimo termine; molta più serietà da parte dell’opposizione, che cannoneggia su qualunque scemenza pur di creare un rumore di fondo e una fibrillazione provocatoria permanente che peraltro la maggioranza e l’esecutivo non sa ripagare con l’unica moneta appropriata: l’indifferenza.
E dunque siamo di nuovo alla politica al ribasso.
Soli a fronteggiare un’Europa a sua volta popolata di nani, a sua volta spaventosamente povera di leadership, orfana dello stivalone tedesco che, pure, resta l’unica potere forte in campo, a dispetto dei suoi stessi enormi errori, arcigno difensore di uno schema di patto di stabilità anocronistico ed asfissiante che però, da gennaio ’24, dovrebbe essere riattivato com’era prima: a meno di riforme che – davvero – non si sa se sarà meglio trovare o perdere. Difficile che il 2024 con simili premesse si riveli un anno di successi.