Le economie hanno risentito in modo diverso della pandemia. Secondo Manraj Sekhon, Chief Investment Officer di Franklin Templeton Emerging Markets Equity, i Mercati Emergenti – soprattutto quelli asiatici – hanno dimostrato nel complesso una buona capacità di tenuta. La Cina in primo luogo, che nel 2020 è stata l’unica grande economia a registrare una crescita positiva, mentre il Covid19 ha spinto gli altri Paesi in una profonda recessione. “Nel 2019 l’economia cinese ha avuto un peso pari al 66% circa dell’economia statunitense, ma entro la fine del decennio ha le carte in regola per sfilare agli Stati Uniti lo scettro di prima economia mondiale”, dice Sekhon. Non solo. Il mercato obbligazionario cinese è oggi il secondo al mondo per dimensioni, subito dietro agli Stati Uniti. “Per queste ragioni gli investitori non dovrebbero trascurare i mercati della Cina e dell’Asia in generale”, afferma lo strategist.
In questa cornice stupisce che i responsabili politici cinesi abbiano fissato un obiettivo più cauto di crescita per il 2021, pari al 6% contro l’8% stimato dal Fondo Monetario Internazionale. In più, per la prima volta il governo non ha fissato un obiettivo medio di crescita nel lungo periodo. A ciò si aggiunge la maggiore enfasi posta sulle riforme ambientali e sociali e sulle nuove tecnologie pulite, che indicano una spinta del governo verso una crescita maggiormente sostenibile e di qualità superiore nel lungo periodo. Inoltre, secondo lo strategist, il momento più critico delle relazioni fra Cina e Stati Uniti sarebbe ormai alle spalle, anche se le tensioni rimarranno elevate. “Dopo anni di politica commerciale aggressiva, il deficit commerciale degli Stati Uniti continua a segnare record assoluti – dice Sekhon – Anziché insistere inutilmente sul fronte commerciale, riteniamo che gli Stati Uniti otterrebbero maggiori benefici da riforme interne, investimenti in infrastrutture e progressi nella digitalizzazione della loro economia”.
Ma le opportunità non sono solo in Cina. Come spiega Sekhon, nell’ultimo decennio l’idea di un’azienda asiatica di livello mondiale si è evoluto da ambizione a realtà, e la pandemia ha rafforzato questa tendenza. Taiwan, Corea del Sud e India offrono molti esempi di aziende innovative e adattabili che sfruttano le condizioni favorevoli di lungo termine. “I produttori di semiconduttori taiwanesi e sudcoreani dominano l’industria mondiale grazie alle loro forti capacità manifatturiere, specialmente nel settore di punta dei chip per semiconduttori – spiega lo strategist – Inoltre, il loro peso ha garantito loro la liquidità necessaria a estendere gli investimenti e consolidare il vantaggio competitivo in un contesto di crescente domanda di chip per infrastrutture informatiche ad alte prestazioni, criptovalute, settore auto e altri comparti di attività”.
Secondo Sekhon, a confronto, i produttori occidentali di semiconduttori hanno faticato a reggere il passo in termini sia di innovazione che di spese in conto capitale. Le aziende sudcoreane – spiega ancora lo strategist – hanno anche fatto da apripista nello sviluppo di batterie per veicoli elettrici, che hanno raggiunto una maggiore penetrazione in tutto il mondo grazie al sostegno politico e ai progressi tecnologici. In Cina, come noto, le imprese di biotecnologia stanno sviluppando trattamenti innovativi per il cancro e altre malattie gravi e hanno conquistato la fiducia dei gruppi farmaceutici mondiali nella concessione di licenze per questi nuovi farmaci. “Anche il comparto internet indiano, che è stato sottorappresentato nei mercati azionari, offre a nostro avviso un enorme potenziale”, conclude Sekhon.