L’evoluzione dei format dei punti vendita rende unica l’esperienza di acquisto. È quanto emerge da un’analisi di FutureBrand che ha indagato sul passaggio dai format dei punti vendita standardizzati a una modalità inedita basata sull’esperienza. L’analisi del network di consulenza di branding e innovazione parte da un presupposto: la profonda evoluzione dell’industria del commercio al dettaglio è sotto gli occhi di tutti. Il comparto è passato da una marcata standardizzazione dei format di vendita, uguali praticamente in tutto il mondo e sovrapponibili tra loro, a una modalità nuova, basata sull’esperienza. L’ascesa della cultura dell’autenticità, un trend che riguarda tutti i settori, ha determinato una rivoluzione nell’approccio alle vendite al dettaglio. Sempre attente a cogliere e fare propri gli stimoli provenienti dai consumatori, le marche hanno compreso l’importanza di instaurare relazioni più genuine con i clienti e stanno proponendo allestimenti diversi, in qualche modo più familiari e ispirati al territorio.

“Il termine ‘format’ descrive un modello replicabile ovunque e in ogni circostanza”, afferma Francesco Buschi, head of strategy di FutureBrand. “La riproducibilità del format di vendita ha garantito anni di riconoscibilità ai brand, tanto nel negozio sotto casa quanto in quello all’estero. Nessuna sorpresa equivaleva a un’esperienza di acquisto funzionale, efficiente e dunque positiva sia pure senza grosse emozioni (e forse dimenticabile o sostituibile con gli acquisti digitali?). Anche l’interazione con il personale di vendita era rigidamente codificata, incidendo sulla spontaneità della comunicazione con i clienti. Oggi i consumatori desiderano esperienze personalizzate e capaci di soddisfare le loro reali esigenze, bisogni in parte anche dettati dal paese, dalla città e dal quartiere in cui si trovano a vivere e a lavorare. Una relazione più autentica con i clienti si traduce in una maggiore fedeltà al marchio e in uno scambio reciproco decisamente più produttivo e costruttivo. L’interazione con il personale del negozio è diventata più informale e basata sull’ascolto attivo delle richieste delle persone, questo ha dato vita ad ambienti più accoglienti e inclusivi, spazi in cui si dialoga senza uno schema fisso di Q&A”.

Per le catene di distribuzione più piccole e locali – rimarca l’analisi di FutureBrand – era difficile formare il personale perché rispondesse e interagisse con i clienti secondo un codice ben definito. Oggi, invece, la loro capacità di essere autenticamente “spontanee” è un atout che le fa benvolere dal pubblico. “Essere riconosciuti dal banconista, essere salutati all’ingresso da qualcuno che magari ricorda il nostro nome, avere a disposizione i consigli di persone di fiducia è un vantaggio per il quale i consumatori sono disposti a pagare un po’ di più ed è un valore inestimabile soprattutto per le persone anziane, una percentuale importante dei consumatori odierni”, riflette Buschi. Ma il paradigma cambia soprattutto per effetto della GenZ, un segmento campione di informalità, che “annusa” e rifugge le costruzioni fatte a tavolino dagli esperti di marketing. Gli Apple Store sono un esempio di flessibilità: sbarcano nei centri delle città, adattandosi all’architettura degli edifici storici che sanno però reinterpretare fino a farne luoghi da visitare quando si viaggia, a prescindere che si abbia bisogno di un iphone o di un computer o meno. Anche dal lato dell’interazione con il personale di vendita Apple dimostra la sua abilità nell’interpretare le aspettative del pubblico: in qualsiasi negozio Juice gli addetti alla vendita e alle riparazioni assomigliano tantissimo ai clienti, tshirt, piercing e tatuaggi compresi. L’autenticità è una forma di risposta alla digitalizzazione dell’offerta. Visto che i consumatori possono acquistare le stesse cose online e con maggiore velocità, i negozi fisici devono offrire il valore aggiunto di un’esperienza di acquisto che sia genuinamente unica.

Oggi i nuovi format di vendita, dunque, sono più elastici e ibridi. I brand hanno imparato a bilanciare elementi standardizzati con la flessibilità di adattarsi alle esigenze e preferenze locali, con esperienze di acquisto personalizzate per i consumatori di ogni regione. La riconoscibilità resta, garantita dal brand e dai suoi valori, mentre cambiano e si adattano gli elementi che creano un impatto visivo nei clienti. “L’abbandono degli standard si vede anche negli arredi che caratterizzano i layout di vendita, oggi decisamente più caldi e accoglienti”, conclude Buschi. “Ispirandosi al territorio in cui si trovano, i punti vendita citano la cultura e le tradizioni del luogo, scaldando l’ambiente e rendendolo più memorabile. Questo aspetto cattura l’interesse dei consumatori e offre loro un’esperienza più coinvolgente senza essere banale. Penso, per esempio, all’Occitane, il flagship store di Londra che accoglie i clienti in una rasserenante atmosfera provenzale e offre loro un’esplorazione sensoriale che introduce la sua gamma di prodotti di bellezza naturali. Con installazioni botaniche grandiose, gli espositori disegnati ad hoc e la gamma di servizi offerti, il punto vendita coinvolge e ispira tutti i sensi. Anche i cinque Starbucks Reserve in giro per il mondo garantiscono un’esperienza coinvolgente, emozionale che va ben oltre la degustazione del caffè e diventa un’attrattiva da vivere, fotografare e raccontare”.