Dal 2021 il nostro Paese dovrà investire più di 70 miliardi di euro derivanti dalla sola politica di coesione dell’Unione europea. Si tratta dei fondi strutturali e di investimento europei: circa 20 miliardi deriveranno dalla programmazione attuale (2014-2020) e andranno utilizzati entro il 2023; oltre 13 dal nuovo programma europeo ReactEu, di cui la prima tranche per l’Italia arriverà nel 2021 ed è pari a 11,3 miliardi; più di 40 miliardi, infine, dalla nuova programmazione 2021-2027, al netto del cofinanziamento nazionale. Si tratta di sussidi – non di prestiti – che andranno utilizzati nei prossimi sette anni con varie scadenze temporali e modalità.
Di fronte a questa mole di risorse, la politica è chiamata a fare alcune scelte. E deve farle proprio adesso; il tempo, del resto, non è infinito. Una di esse riguarda la cosiddetta questione urbana.
Occorre che si chieda se ritiene ragionevole (oppure no) affidare in gestione una piccola parte di queste risorse alle grandi aree urbane come Milano e non soltanto ad autorità nazionali e regionali. Naturalmente il riferimento è a ReactEu ma, soprattutto, alla nuova programmazione europea. Quello che è certo è che occorre rinunciare, definitivamente, a ogni retorica sui fondi strutturali a beneficio delle città. Le decisioni che saranno assunte adesso, infatti, condizioneranno l’Italia fino al 2027 e, più probabilmente, per tutto il prossimo decennio fino al 2030: se le città non saranno protagoniste di questa partita, non illudiamoci poi di poter recuperare, nei prossimi anni, rispondendo a qualche bando europeo di pochi “spiccioli” .
E’ utile, a questo fine, sgomberare il campo da una questione di fondo. Se si ritiene che la capacità tecnica, amministrativa e finanziaria delle grandi città non sia adeguata a gestire risorse europee rilevanti, diciamolo chiaramente. Se invece pensiamo il contrario, è giunto davvero il momento di realizzare un programma per le città con risorse adeguate. Discutiamo il quantum e anche le priorità. Non è un esercizio complesso ma esige chiarezza. Le priorità le conosciamo tutti: la transizione digitale, la sostenibilità ambientale e la mobilità sostenibile, i servizi e le infrastrutture sociali. La pandemia ne ha evidenziato altre sulle quali bisognerebbe ragionare: scuola, turismo, cultura e sport inteso come veicolo di coesione sociale.
Se il prossimo programma europeo per le città sarà riproposto senza un incremento significativo di risorse e un adeguato aggiornamento delle priorità, allora continueremo a fare retorica sulle città e i fondi europei per il prossimo decennio.
Questione diversa è quella che riguarda il Recovery and Resilience Facility e il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR). Queste risorse europee sono straordinarie e occasionali, sono sussidi ma soprattutto prestiti, e dovranno finanziare grandi progetti strategici di rilancio in un tempo limitato. Anci ha indicato 10 macrotemi e non ha chiesto al Governo la gestione delle risorse. Milano, anche per questo strumento, ha idee chiare e progetti coerenti con le linee guida nazionali e con le priorità di Bruxelles. E confida che l’Esecutivo, l’organo deputato a gestire (anche) questa partita, sappia dare risposte adeguate. Sarà interessante fare un bilancio tra qualche mese per capire se avrà prevalso nuovamente la retorica oppure se le grandi città saranno finalmente protagoniste della nuova stagione europea come si continua a ripetere nei convegni e nelle sedi (in)opportune.
* Presidente Commissione Politiche europee del Comune di Milano e di Anci Lombardia
Membro Comitato europeo delle Regioni a Bruxelles