Gli aiuti contro i rincari sono ben accetti dal mondo dell’agricoltura e dei prodotti alimentari, messi in ginocchio dalla crisi energetica. Sono quasi 100mila le aziende della filiera agroalimentare italiana impegnata nel garantire le forniture di cibo e bevande agli italiani, che in questi mesi sono in sofferenza. Proprio per questo si rende necessario un intervento immediato che garantisca loro di poter accedere alla quantità maggiore possibile di aiuti, anche attraverso l’aumento del credito d’imposta se questa sarà scelta dal Governo.
Coldiretti e Filiera italiana in prima linea contro i rincari
Lo affermano Coldiretti e Filiera Italia in occasione dell’incontro congiunto con il ministero dell’Economia Daniele Franco e con quello dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per illustrare i contenuti del decreto aiuti del Governo con la lettera inviata dal presidente del Consiglio Mario Draghi che ha definito “l’agricoltura fondamentale per la nostra economica ed essenziale per la vita di tutti i cittadini” e “il Governo intende continuare a sostenervi con nuovi interventi a favore di famiglie e imprese, anche per il settore agroalimentare”.
Iniziano i mesi caldi per il Made in Italy
L’obiettivo messo in campo dalle associazioni di categoria è quello di difendere la sovranità alimentare del Paese e di evitare un crack nazionale nei mesi nei quali le produzioni agricole italiane sono più concentrate. Si tratta di lavorazioni per conserve, succhi e derivati, ma anche ortaggi e legumi, vino e olio. Tra i prodotti a rischio ci sono i salumi e i prosciutti Dop i formaggi, il latte la carne e perfino alla pasta, senza tralasciare frutta e passate di pomodoro. L’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea.
I costi alle stelle mettono in ginocchio la filiera
Da oltre un anno ormai il settore dell’agricoltura si deve confrontare con i rincari dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Ma aumenti riguardano l’intera filiera alimentare con il vetro che costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, ma si registra un incremento del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.
Ma non sono solo gli imprenditori a rischiare. Anche la dieta mediterranea potrebbe avere delle difficoltà. Sarebbe una cosa decisamente negativa perché in questi anni ha garantito benessere salute e lavoro sostenendo anche all’estero il comparto del Made in Italy. Si sta parlando di un settore che dai campi alla tavola vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Con i rincari d’autunno sono a rischio alimentare oltre 2,6 milioni di persone che in Italia sono costrette a chiedere aiuto per mangiare e rappresentano la punta dell’iceberg delle difficoltà in cui rischia di trovarsi un numero crescente di famiglie a causa dell’inflazione spinta da energia e alimentari con più di un italiano su due (51%) che taglia la spesa nel carrello secondo l’indagine condotta sul sito www.coldiretti.it dalla quale si evidenzia che un altro 18% di cittadini dichiara di aver ridotto la qualità degli acquisti, costretto ad orientarsi verso prodotti low cost per arrivare a fine mese, mentre un 31% di cittadini non ha modificato le abitudini di spesa.
“E’ una situazione di emergenza di guerra che non si può sottovalutare, l’agroalimentare sta pagando un prezzo altissimo per le conseguenze dell’elevato costo dell’energia che nel resto del mondo non è elevato come in Italia. E se non si interviene con urgenza si rischia la delocalizzazione in altri Paesi, per esempio gli Stati Uniti per le condizioni vantaggiose che offrono, in primis dal punto di vista energetico” afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini nel sintetizzare il grido d’allarme lanciato dal meglio delle industrie italiane che forniscono cibo in occasione dell’incontro con i ministri Franco e Giorgetti promosso con Filiera Italia a cui aderiscono 80 big del made in Italy. “Come per il gas anche e soprattutto nell’alimentare l’Italia – continua Prandini – deve recuperare il tempo perduto e lavorare per ridurre la dipendenza dall’estero intervenendo nell’immediato sui costi energetici per salvare aziende e stalle per non perdere quegli spazi di autonomia e sovranità alimentare che fino a oggi le imprese agroalimentari italiane sono riuscite a difendere per il bene del Paese”.
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Anche Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia ha ribadito che: “Senza un intervento drastico ed immediato è l’intero settore a rischiare il crack. Non c’è spazio per attendere fine ottobre e l’arrivo del nuovo Governo per cui abbiamo chiesto al Governo in carica di intervenire in maniera più drastica”. Secondo Scordamaglia è “irresponsabile, l’atteggiamento egoistico che alcuni Paesi continuano a tenere a Bruxelles sula proposta di introdurre un tetto al prezzo del gas rimandata all’incontro deli Capi di Stato di ottobre. Rimandare di un mese il price cap, unica ed inevitabile soluzione alle speculazioni crescenti sul prezzo dell’energia vuol dire non capire che siamo di fatto in uno stato di guerra economica in cui ogni giorno rimangono sul campo imprese e lavoratori. Il tutto per consentire il proseguo di speculazioni da parte soprattutto da parte di Olanda e Danimarca che continuano ad opporsi alla soluzione da tempo proposta da Mario Draghi. A livello nazionale siamo tutti consapevoli dell’importanza dell’equilibrio dei conti pubblici ma senza un minimo di scostamento il prezzo che il Paese dovrà pagare in termini di posti di lavoro e povertà sarà molto più alto”.