Proroga ancora di un anno il bando per l’assegnazione con una gara a evidenza pubblica delle concessioni balneari ma nessuno ci crede. In primis gli stessi gestori. “Siamo contenti – dice il presidente di Federbalneari Marco Maurelli – che si sia aperto un tavolo di discussione con l’esecutivo, ma un anno non basta a sanare la situazione. Ci vuole una riforma strutturale che porti a una legge organica”.
Una legge sola non basta
Il dato di fatto è che le concessioni non vengono messe a bando da 20 anni, quando in teoria bisognava farlo ogni due. La realtà è che dietro a quelle concessioni ci sono famiglie e piccole realtà. “Non è così semplice – continua Maurelli – Chi gestisce gli stabilimenti non può da un giorno all’altro prendere tutto quello che ha costruito sui beni demaniali e andarsene. Abbiamo abbellito le coste italiane e sono stati fatti degli interventi. Non basta dire che ci danno i soldi che abbiamo speso e ce ne andiamo. Non è possibile che chi da vent’anni si spende in questo settore sia costretto da un giorno all’altro a lasciare tutto e venga equiparato in una gara al primo che passa per la strada ed esibisce un foglietto con il quale propone la sua candidatura”. Se la situazione è così intricata viene da chiedersi cosa si possa fare. “Prima di tutto bisogna operare una mappatura dei beni del demanio. Si parla sempre di 65mila chilometri di costa, ma noi siamo stati i primi a ricordare che ci sono anche i fiumi e i laghi. E poi dobbiamo capire le condizioni in cui sono questi beni demaniali. Insomma, quando mi parlano di una proroga di un anno, penso sia impossibile”.
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Sei ministeri una sola materia
La materia è intricata e ci vuole tempo, ma allora viene da chiedersi per quale motivo non si applichi tout court la legge europea che già disciplina la concorrenza. “Non è così semplice – continua – in Italia le cose sono diverse. Tanto per cominciare la questione balneari passa sotto sei ministeri. Poi l’Italia ha una conformazione del settore che è molto diversa da quella degli altri paesi europei. Da noi chi ha le concessioni sono aziende a gestione familiare, mentre all’estero ci sono anche grandi società. Rischiamo di veder finire il nostro lavoro in mano a grandi player europei”