Aziende che rischiano la chiusura – sarebbero 90 mila in Italia secondo le stime di Confesercenti – e altre che vedono schizzare in alto i fatturati. E’ l’effetto saliscendi del caro-energia sul mondo delle imprese. I rincari di luce e gas, da un lato, gettano nella prostrazione chi ha visto raddoppiare del 120% nel proprio bilancio i costi della voce energia, e dall’altro, sul lato offerta, fanno impennare i ricavi.
È il caso delle imprese energetiche presenti in Italia che, nei primi 5 mesi di quest’anno hanno registrato un aumento del 60% del fatturato, rispetto allo stesso periodo del 2021. Si tratta di attività industriali estrattive di materie prime energetiche (come il petrolio, il gas naturale, etc.) e dell’industria della raffinazione.
Extraprofitti energia, mai come quest’anno
Ad affermarlo è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre. Che ciò sia legato all’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche lo dimostrano anche i dati di questi ultimi anni. Con riferimento al periodo gennaio-maggio, la crescita del fatturato delle imprese del settore energetico nel 2019 è stata dello +0,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; successivamente, in piena pandemia i ricavi invece sono crollati del 34,6 per cento (gennaio-maggio 2020 sullo stesso periodo anno precedente).
Diversamente, nei primi 5 mesi del 2021 la variazione è stata del +19,6%. Nel 2022, infine, il fatturato ha subito una impennata impressionante che, come dicevamo, è stata del +60%.
Imprese energia, no accanimento fiscale ma ora paghino
Sia chiaro, nessuno chiede un accanimento fiscale contro le grandi imprese dell’energia: sarebbe ingiusto, spiega la CGIA. «Va infatti ricordato che non necessariamente ad un aumento del fatturato corrisponde un analogo incremento dell’utile. Tuttavia, appare evidente che il risultato economico di questo settore nell’ultimo anno è stato molto positivo. E, anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per “aiutare” economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà. Invece, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo. Almeno con la prima scadenza prevista lo scorso 30 giugno.
Tassazione extraprofitti, versato 1 miliardo sui 4,2 attesi
Con il decreto Aiuti le imprese energetiche sono state obbligate ad applicare un’aliquota del 25 per cento sugli extraprofitti ottenuti grazie all’aumento dei prezzi di gas e petrolio. Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo. Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l’erario potrebbe perdere quest’anno oltre 9 miliardi dei 10,5 previsti con l’introduzione di questa tassazione sugli extraprofitti.
Certo, di fronte agli aumenti registrati in questi ultimi giorni, 9 miliardi di euro farebbero ben poco per calmierare i costi delle bollette di famiglie e imprese. Ma è una questione di coesione sociale.
La Uil: chi non ha pagato extraprofitti si dimetta
E il mancato rispetto della legge ha fatto infuriare la Uil. «La decisione delle aziende energetiche di non pagare la tassa sugli extraprofitti prevista da una legge della Repubblica italiana è semplicemente scandalosa», così si è espresso oggi il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, secondo cui «i dirigenti che hanno preso questa decisione si dovrebbero vergognare e dimettersi».
La Uil ha chiesto pertanto al governo e a tutte le forze politiche di «assumere tutte le decisioni volte a far rispettare una legge dello Stato».