Equity crowdfunding in Italia: se la palla di neve si fa valanga all’italiana inizia a farsi sentire

Domanda: qual è quell’investimento che nel triennio 1° gennaio 2016 – 31 dicembre 2018 ha garantito un ritorno del 14%? Non certo la Borsa, con il Ftse Mib che, nello stesso periodo, è rimasto sostanzialmente invariato – complici gli sconquassi internazionali e nostrani. È invece l’equity crowdfunding, una forma di raccolta di denaro in equity alternativa e complementare a quelle tradizionali, dal venture capital alla borsa, ad aver spiccato il volo. Su una piattaforma un’azienda che abbia bisogno di crescere – ma che abbia già una massa critica sufficiente – mette a disposizione parte minoritaria del proprio capitale azionario in cambio di denaro fresco. Una formula che piace agli italiani, siano essi piccoli o grandi investitori. Basti dire che nel 2018 l’equity crowdfunding ha visto più che raddoppiare le campagne finanziate (da 50 a 114 in 12 mesi) sulle nove piattaforme più attive nel paese, con una raccolta di 36 milioni, in crescita del 300% rispetto al 2017 quando non si raggiungevano i 12 milioni. Anche gli investitori sono aumentati in maniera esponenziale, passando dai 3.278 del 2017 agli attuali 9.484.

La formula della cessione di quote di minoranza in cambio di denaro fresco inizia a farsi strada: nel 2018 è cresciuta addirittura del 300%

Rispetto al crowdfunding tradizionale, che ha spopolato negli Usa con piattaforme come Kickstarter, le differenze sono sostanziali. I siti americani sono in realtà basati su un meccanismo premiale per cui chi dà un contributo riceve una ricompensa di varia natura, spesso il prodotto stesso in anticipo e scontato. Nella quasi totalità dei casi, sulla piattaforma finisce l’idea di un oggetto che ancora deve essere realizzato e che, spesso, non verrà neanche portato a termine. Chi investe sull’idea è tutelato dal fatto che, se non verrà portata a termine, verrà rifuso della somma. Con l’equity crowdfunding, invece, si offrono quote di azienda in cambio di prodotti o servizi già esistenti. È una modalità di reperimento del capitale che funziona particolarmente bene con quella pletora di Pmi che sono sottocapitalizzate e che non riescono ad avere accesso ai sistemi creditizi tradizionali. Entrare nel circolo dell’equity crowdfunding, inoltre, diventa un ottimo biglietto da visita per ritornare, una volta ricevuto un finanziamento, dalle banche, che hanno a questo punto una garanzia in più. Tra i player del settore, Mamacrowd, Crowdfundme e 200crowd.

Entrare nel circolo dell’equity crowfunding diventa un ottimo biglietto da visita perché offre ai finanziatori una garanzia in più

Il primo, parte del network SiamoSoci, è la piattaforma leader del comparto che conta oltre 30.000 utenti, con 32 campagne finanziate nel 2018 (il 28% del totale italiano), un success rate superiore al 90% e 10 milioni di euro raccolti. 200Crowd, invece, pur se di dimensioni più contenute ha deciso di usare un modello di raccolta differente, detto all-or-nothing. Questo modello prevede che chi lancia una campagna di equity crowdfunding riceva la somma raccolta solo se l’importo finanziato dagli investitori raggiunge l’obiettivo minimo indicato al lancio della campagna di equity crowdfunding. Da ottobre 2018 Two Hundred ha annunciato la nascita di un canale specifico riservato ai crowdfunding spaziali. Questo canale si inserisce all’interno di SpaceUp, un progetto finanziato dal Programma Quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione (Horizon 2020). L’obiettivo generale di SpaceUp è di contribuire a livello europeo alla salvaguardia e allo sviluppo di un’industria spaziale competitiva. Inoltre 200Crowd ha annunciato la partnership con Digital Magics – il più importante incubatore di startup in Italia – nel programma “Magic Wand”. A giugno di quest’anno, le migliori startup, selezionate da Digital Magics e dagli altri partner, parteciperanno a un Investor Day dedicato a Milano e apriranno un round di investimento.  In partnership con la piattaforma di equity crowdfunding 200 Crowd, sarà costituito un veicolo d’investimento per raccogliere risorse finanziarie da investire nel round delle 6 startup di “Magic Wand Retail Revolution”. Il veicolo potrà investire fino a 150.000 Euro in ciascuna startup. Per quanto concerne Crowdfundme, oltre ad aver lanciato la prima campagna di crowdfunding per finanziare se stessi, sembrerebbe pronta a sbarcare in borsa.

La manovra finanziaria 2019 ha aumentato l’aliquota delle agevolazioni sugli investimenti in startup o pmi innovative

«Siamo piuttosto sicuri che anche l’anno prossimo avremo risultati analoghi – ci racconta Dario Giudici, Ceo di SiamoSoci – anche perché la detrazione fiscale è passata dal 30 al 40% sugli investimenti in equity crowdfunding, un bell’incentivo che viene interamente corrisposto l’anno successivo». La Manovra Finanziaria 2019, infatti, ha incrementato, solo per il 2019, l’aliquota delle agevolazioni sugli investimenti nel capitale di startup o PMI innovative. La nuova normativa conferma i beneficiari dei precedenti incentivi: si tratta delle persone fisiche, che godranno della detrazione IRPEF, e delle persone giuridiche, per le quali è prevista la deduzione IRES. In particolare, gli incentivi per gli investimenti in startup e PMI valgono sia in caso di investimenti diretti, sia in caso di investimenti indiretti per il tramite di OICR e altre società che investono prevalentemente in startup o PMI innovative. La Manovra Finanziaria 2019 ribadisce inoltre la possibilità per startup e PMI di raccogliere capitale di rischio attraverso portali on line come quelli dell’equity crowdfunding.

«Inoltre – prosegue Giudici – è stato innalzato da 5 a 8 milioni il massimale di raccolta che ciascuna azienda può effettuare annualmente. Non va infine dimenticato che secondo il rapporto Cerved le imprese che siano sottocapitalizzate – escludendo le microimprese – sono comunque moltissime (si parla di almeno un 20%), il che crea un mercato potenziale molto vasto. Noi, dal canto nostro, ammettiamo una fetta minuscola delle imprese che potrebbero essere interessate a questa modalità di reperimento di capitali. Abbiamo creato un network che conta 51 partner sul territorio, tutti incubatori e acceleratori di impresa, ognuno di questi filtra il 98% del mercato. Noi aggiungiamo un’ulteriore barriera: o l’azienda ha già un prodotto completo o deve essere validata da un esperto che garantisca la bontà del progetto».

L’equity crowdfunding in Italia sta iniziando progressivamente ad affermarsi, anche se è ancora lontano dal Regno Unito. All’ombra del Big Ben, lo scorso anno, CrowdCube e Seeders – le due principali piattaforme – hanno raccolto quasi 400 milioni a testa, e il crowdfunding rappresenta circa il 40% del venture capital complessivo. «Va detto – aggiunge Giudici – che la dinamica del mercato inglese è stata simile a quella che vediamo oggi nel nostro paese. Nel 2019, ad esempio, l’equity crowdfunding rappresenterà il 15% del venture capital complessivo. Più in generale, se un fenomeno registra una crescita del 100% all’anno, non può continuare a essere guardato con sospetto: sta diventando un fenomeno vero e proprio che deve essere analizzato e compreso».

Tipicamente i soci fondatori collocano in equity dal 5 al 20% del valore complessivo, in modo da garantire comunque il controllo, anche se il crowdfunding solitamente non concede diritti di voto in assemblea. Dal punto di vista degli investitori, invece, si tratta di progetti con un orizzonte di 4-5 anni, non stiamo quindi ancora assistendo al fenomeno del mercato secondario. Si tratta di una platea composta da imprenditori, manager e professionisti, ma che si sta progressivamente ampliando anche ad altri profili. L’equity crowdfunding sta attirando l’interesse anche di soggetti di grandi dimensioni: basta pensare che nel capitale sociale di SiamoSoci è entrato Azimut, uno dei più importanti gestori italiani. «Questo – conclude Giudici – dimostra come non siamo poi alieni al mondo finanziario tradizionale, ma piuttosto complementari. E non manca molto prima che i gestori inizino a consigliare un investimento sulla nostra piattaforma».

IL CASO DI GREEN ENERGY STORAGE

«Siamo alla seconda campagna di equity crowdfunding – racconta Rodolfo Pinto, Ceo di Green Energy Storage, azienda che ha sviluppato una batteria ad accumulo più rapido e duraturo -. Già nel 2017 eravamo ricorsi a questo sistema di reperimento dei capitali, stabilendo un record per l’equity crowdfunding con una raccolta superiore al milione di euro. Oggi siamo di nuovo su Mamacrowd e la campagna, che si è chiusa lo scorso 14 febbraio, ha raccolto 1,8 milioni di euro».  Green Energy Storage ha registrato 290 adesioni nel 2017, di cui solo una decina grandi investitori, mentre gli altri più “piccoli”, con un taglio medio di circa 3.000 euro. Complessivamente è stato collocato il 10% del capitale, mentre oggi un ulteriore 13,43%. L’equity crowdfunding non sarà stato la cura miracolosa, ma ha rappresentato una preziosa iniezione di capitale, tanto che l’azienda è stata valutata 9 milioni pre-money nel 2017 e oggi “flirta” con i 15 milioni.
Nel frattempo, un aumento di capitale riservato a tre soggetti molto importanti, tra cui la famiglia Malacalza e l’avvio della produzione industriale, dopo una prima fase interamente dedicata alla ricerca e sviluppo.