Un solo punto all’ordine del giorno. L’energia. E una proposta già pronta sul tavolo ma non semplice da trasformare in atto concreto: il price cap. Sono i presupposti con cui domani a Bruxelles si aprirà il Consiglio Ue che dovrebbe svelare la strategia del 27 Paesi membri rispetto alla crisi energetica che sta mettendo in ginocchio l’Europa.
I leader sono pronti a confrontarsi ma le posizioni non sono tutte allineate, anzi. Non a caso nell’ultima bozza delle conclusioni che sta circolando i vertici europei vengono invitati non ad esplorare un price cap (come nel caso del documento che era stato proposto a giugno scorso) ma ad “esaminare un corridoio dinamico temporaneo dei prezzi sulle transazioni di gas naturale per limitare i prezzi”.
Mario Draghi addio, domani consultazioni al Quirinale
Mario Draghi – al suo ultimo Consiglio Europeo e al suo ultimo atto da premier italiano – dovrebbe continuare a sostenere la linea dell’urgenza, in maniera tale che le eventuali misure stringenti possano incidere subito sul trend del prezzi generando un riscontro positivo sui mercati e le proiezioni del gas.
Nelle stesse ore in cui a Bruxelles si discuterà di price cap, in Italia, al Quirinale si svolgeranno le consultazioni per la formazione del nuovo governo che dovrà succedere a quello di unità nazionale guidato appunto da Supermario.
L’ex governatore Bce – che gli altri leader Ue saluteranno con una cerimonia di ringraziamento – a differenza delle ultime discussioni, stavolta non dovrebbe avversare l’estensione a tutta Europa del cosiddetto “modello iberico” (che prevede un tetto sul prezzo del gas usato per produrre l’elettricità nel quale però la differenza tra la soglia e il prezzo del mercato, la mette ogni singolo Stato) ma potrebbe chiedere che venga collegato all’individuazione di uno strumento finanziario simile al programma di prestiti Sure, varato in pandemia per finanziare la cassa integrazione, come auspicato dai commissari Breton e Gentiloni.
Price cap, Germania contro tutti
Se Spagna e Portogallo hanno deciso di finanziare con le entrate degli extra-profitti delle rinnovabili la differenza tra il prezzo di mercato e il massimale stabilito dal governo, in Europa per la sua applicazione occorre trovare le coperture. L’Italia, ad esempio, che ha speso oltre 60 miliardi di euro per frenare il caro-bollette non può permettersi di allargare ulteriormente i cordoni della borsa. Da qui la necessità di uno strumento finanziario comune per fronteggiare la congiuntura.
A sostegno della posizione italiana ci sono 16 paesi, i 15 che già da tempo sono favorevoli al price cap con l’aggiunta di Cipro. Dall’altra parte invece c’è la Germania – che ha varato un piano aiuti da 200 miliardi – e che con il peso economico, politico e demografico può condizionare fortemente le scelte di Bruxelles.
Fonti diplomatiche fanno sapere che il governo italiano insisterà sulla possibilità di avere un price cap più automatico e sulla necessità di indicare chiaramente non solo la riforma strutturale del mercato elettrico, ma anche un chiaro riferimento al decoupling tra il prezzo dell’energia elettrica e il prezzo del gas.
I leader dell’Esecutivo dovrebbero chiedere anche gli acquisti congiunti di gas e un nuovo “benchmark complementare” al Ttf di Amsterdam “che rifletta in modo più accurato le condizioni del mercato del gas”, oltre a misure di solidarietà energetica in caso di interruzione dell’approvvigionamento del gas.