Si erano intascati i fondi per l’energia green erogati dall’Unione Europea, senza mai aprire nemmeno l’ombra di un impianto. Anzi dopo la seconda rata avevano anche smesso di pagare. Quattro dirigenti di un’azienda chimica in provincia di Alessandria avevano messo a puntino una truffa, che prevedeva anche la garanzia di una partecipata del ministero dell’economia e delle finanze. Un meccanismo che però è durato poco: oggi i quattro sono indagati e la Guardia di Finanza ha disposto un sequestro da oltre 13 milioni di euro ai danni dei quattro dirigenti, che sono ora indagati per truffa ai danni dello stato. L’ha effettuato il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Alessandria della Guardia di Finanza su disposizione della Procura della Repubblica di Alessandria. I quattro, che sono consiglieri e amministratori di una società appartenente a un gruppo industriale chimico tortonese, sono da tempo oggetto di indagini patrimoniali e finanziarie, che hanno consentito di individuare tutti i beni riconducibili agli indagati e sottoporre a sequestro svariate proprietà immobiliari, veicoli, quote societarie, nonché disponibilità finanziarie in titoli, assicurazioni e conti correnti, per un controvalore di circa 11 milioni di Euro.
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Le indagini sono iniziate dal fallimento
L’attività ha avuto origine dal fallimento sentenziato dal Tribunale di Alessandria nei confronti di tutte le società appartenenti al gruppo industriale, per il quale la Procura di Alessandria apriva distinti fascicoli penali per reati di natura fallimentare, delegando gli accertamenti alla Guardia di Finanza. Dagli accertamenti degli uomini della Guardia di Finanza è emerso che una società del gruppo aveva richiesto ed ottenuto dalla Banca Europea degli Investimenti (B.E.I.) un finanziamento di 65 milioni di euro, che doveva essere utilizzato per la realizzazione, nei comuni di Modugno in provincia di Bari e Rivalta Scrivia in provincia di Alessandria, di cinque impianti pilota per la trasformazione in energia delle biomasse di seconda generazione, per un valore complessivo di 133 milioni di euro.
I finanzieri riuscivano ad appurare che il finanziamento, erogato nel 2014 attraverso il rilascio di garanzie onerose da parte di SACE S.p.A. (società controllata dal M.E.F.) e di tre primarie banche italiane, era stato concesso senza avere sufficienti risorse finanziarie per costruire l’intero progetto da 133 milioni di Euro in quattro anni.
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La società beneficiaria, infatti, provvedeva al rimborso di due sole rate, nel 2016 e nel 2017 e, in considerazione del mancato pagamento delle successive rate, la predetta Banca europea, nel dicembre del 2017, escuteva le garanzie rilasciate sia dalle tre banche che dalla SACE S.p.A., conseguendo il totale rimborso della sua esposizione. La questione, trattandosi di una società di proprietà del ministero delle finanze, è poi finita sul tavolo della Corte dei Conti, visto che le garanzie escusse erano pari a oltre 20 milioni di euro.