In un momento in cui l’escalation del conflitto in Medio Oriente è ancora incerta, può essere difficile misurare quantitativamente l’impatto sull’economia italiana. Tuttavia, ci sono probabili impatti che devono essere considerati ora per evitare spiacevoli sorprese in futuro. Uno dei principali è rappresentato dagli accordi commerciali tra Israele e Italia, che nel 2022 hanno avuto un valore di circa 4,8 miliardi di euro e un saldo positivo di 2,3 miliardi, con esportazioni concentrate soprattutto in macchinari e attrezzature, prodotti alimentari e gomma plastica. Le importazioni da Israele, invece, sono significative per i prodotti chimici ed elettronici.
Oltre alle conseguenze dirette, è possibile che si verifichi quanto accaduto nella guerra tra Russia e Ucraina: un aumento del prezzo dell’energia, in particolare del gas, di cui l’Italia è ancora molto dipendente dalle importazioni. Dal 7 ottobre, data dell’attacco a sorpresa di Hamas, il prezzo di questo prodotto è già aumentato di circa il 30%, e questo potrebbe continuare a causa di un rallentamento del commercio e degli investimenti internazionali. Anche il settore dei semiconduttori potrebbe essere tra quelli colpiti, dal momento che Israele è uno dei leader mondiali nella produzione di microchip avanzati.
È possibile che i prezzi che raggiungeranno i consumatori saranno contenuti, poiché la situazione non è così grave come il picco raggiunto nell’agosto 2022, ma anche altri prodotti legati all’energia, come il petrolio, potrebbero subire aumenti di prezzo – soprattutto se altri Paesi, come l’Iran, si uniranno al conflitto.
La crescita economica europea potrebbe rallentare ulteriormente con la guerra Hamas-Israele
Le incertezze sull’escalation del conflitto stanno creando una situazione in cui non è più chiaro se sia possibile contare sullo stesso ritmo di crescita delle economie mondiali, che in generale si stanno riprendendo dopo la fine della pandemia di covid-19. In Europa, questa crescita non è stata così significativa, soprattutto in Germania, dove si prevede una contrazione dello 0,5% nel 2023.
A Gaza, tutte le fabbriche sono chiuse dal 7 ottobre
In un’intervista all’Agenzia Andolu (AA), il ministro dell’Economia palestinese Khalid al-Huseili ha dichiarato che, dopo l’attacco sorpresa di Hamas, nessuna delle circa 2 mila fabbriche che funzionavano a Gaza è più in funzione.
Queste imprese, che operano principalmente nei settori tessile, alimentare e dei traslochi, impiegano circa 25 milioni di residenti di Gaza nel periodo integrale e 35 milioni di lavoratori indiretti, secondo i dati dell’Associazione degli imprenditori palestinesi.
I pesanti bombardamenti su Gaza hanno reso difficili i trasporti tra le città. Di conseguenza, le squadre del Ministero dell’Economia e di altre istituzioni non hanno potuto valutare il bilancio del conflitto in corso.
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