Economia di guerra cosa significa

Quando comincia una guerra in un Paese che può in qualsiasi maniera andare a toccare la stabilità economica di quella stessa Nazione o di un’altra, si sente parlare di economia di guerra. Ma cosa si intende con questa dicitura? E, soprattutto, quali sono le sue caratteristiche? Proviamo insieme a fare chiarezza su questo tema.

Iscriviti alla newsletter di Intesa Sanpaolo: banner 1000x600

Iscriviti alla newsletter di Intesa Sanpaolo

Iscriviti alla newsletter e ricevi in anteprima l’esclusiva intervista a Jannik Sinner di Lisa Offside con le vostre domande al campione.


Economia di guerra, cosa significa

L’economia di guerra si ha ogni qual volta una Paese è chiamato a riorganizzare le proprie industrie in un periodo di guerra al fine di garantire che la loro produttività sia configurata nella maniera migliore per aiutare l’attività bellica in atto. Sarà dunque necessario che i governi nazionali diano atto ad un piano che preveda un’equa distribuzione delle risorse, per far si che, oltre alle attività della guerra, vengano soddisfatte anche le richieste dei cittadini. Un equo bilanciamento, dunque, delle disponibilità in favore dell’esercito e dei civili.

Il fine di un’economia di guerra è, naturalmente, arrivare a generare attraverso la produzione industriale e la sua organizzazione, un vantaggio competitivo sui propri avversari. Chi adotta giuste politiche di economia di guerra è, solitamente, chi, al termine del conflitto, riuscirà a ripartire con un sistema economico più forte e stabile, ideale per il ritorno allo status pre bellico o ad un sua miglioria. Gli esempi che si fanno sempre in tal senso è quello degli Stati Uniti e del Giappone a seguito delle Seconda Guerra Mondiale e della Corea del Sud al termine della Guerra di Corea.

Economia di guerra, cosa comporta

A livello organizzativo, l’economia di guerra prevede che i governi nazionali diano priorità alla produzione di tutti i beni, materiali e servizi che mirano a sostenere lo sforzo bellico intrapreso dal Paese. C’è poi la questione legata alle risorse di cibo di una Nazione che, in tempi di guerra, potrebbero venire a scarseggiare. Compito di chi è chiamato a riorganizzare l’economia è in questo caso quello di mettere in atto provvedimenti per garantire che le risorse siano assegnate in modo appropriato, anche attraverso il razionamento.

Per quel che riguarda le entrate fiscali, in un periodo particolare come lo è quello di un’economia di guerra, i governi hanno la possibilità di ridistribuirli per sostenere lo sforzo bellico e dunque di investirli in attività che non verrebbero considerate in un periodo di pace in quanto verrebbero considerate come non necessarie o superflue.

Vi è poi la possibilità per i governi di prevedere delle entrate supplementari a sostegno dell’economia di guerra instaurata nel Paese. Si tratta di veri e propri strumenti finanziari come le obbligazioni belliche o l’inasprimento di alcune tasse che gravano sulla popolazione civile di una Nazione. Lo status di economia di guerra permette inoltre agli Stati di poter incentivare le imprese nazionali a riorganizzare la propria produzione verso attrezzature militari e altri mezzi di difesa che potrebbero essere funzionali all’impegno bellico assunto.