Clicca qui per scaricare il sondaggio “Come gli italiani giudicano i consulenti finanziari. Ritratto di una professione nel percepito dei risparmiatori”, realizzato dall’istituto di ricerca Makno-Rsm in collaborazione con Investire e presentato a Torino nel corso dell’Efpa Meeting 2019.
Ma cosa dice il sondaggio presentato da Mario Abis, presidente dell’istituto di ricerca Makno-Rsm? Lo studio si basa su un campione di 200 casi sul territorio nazionale, intervistati dalla società di sondaggi Cawi. L’identikit di chi si rivolge a un consulente finanziario per la gestione dei propri risparmi è quello di un uomo con istruzione superiore e che vive in città con più di 100mila abitanti.
guarda anche | Consulenti e risparmiatori, rapporto sempre più solido
guarda anche | Abis (Makno-Rsm): “Cari consulenti, un numero gigantesco di nuovi clienti vi aspetta”
guarda anche | Consulenti e risparmiatori, rapporto sempre più solido
In due casi su tre si tratta di un lavoratore dipendente, spesso con ruolo impiegatizio. Il 51% delle persone intervistate dichiara di aspettarsi dagli investimenti, gestiti dal proprio consulente, rendimenti annui tra l’1 e il 3%. Il 41% guarda oltre e punta a rendimenti del 4%. Il livello di soddisfazione per i consigli ricevuti dal proprio cf è alto nel 29,2% dei casi; sufficiente nel 63,4% e scarso solo per il 7,4.
Il livello di soddisfazione per i consigli ricevuti dal proprio cf è alto nel 29,2% dei casi; sufficiente nel 63,4% e scarso solo per il 7,4
Il principale canale per l’accesso al mondo della consulenza finanziaria resta il passaparola (47%); segue il contatto telefonico con il professionista (23,8%). La pubblicità delle banche è il terzo canale di informazione (21,8%). Gli italiani intervistati, che scoprono i servizi di consulenza tramite internet, sono soltanto il 7,4%.
Coerentemente alla prevalenza del canale del passa parola, i dati sull’origine della fiducia che i risparmiatori hanno nella consulenza rivelano che il primo fattore è il modo di fare del professionista (42,3%). Seguono: il comportamento nelle fasi di crisi finanziarie (33,8%); la conoscenza e stima personali (23,9%) e il rapporto di parentela (16,6%).
Anche la frequenza con la quale i risparmiatori incontrano i propri consulenti finanziari è alta. Secondo la ricerca gli italiani hanno almeno 4 incontri incontri di persona con i propri cf (42% degli intervistati). Il 49% fissa in media un incontro ogni due-tre mesi; il 42,6%, incontra il proprio cf almeno una volta al mese.
Chi si rivolge a un professionista differenzia di più i propri investimenti. Un elemento di valore, soprattutto in fasi critiche dei mercati, come quella che stiamo vivendo. Il 41% degli intervistati investe in due strumenti, il 40% non meno di tre. Prevalgono i fondi comuni che raccolgono il 18% dei risparmiatori; le polizze vita attraggono invece il 16% degli intervistati, la gestione patrimoniale di fondi, l’11%.
Il 40,1% delle persone oggetto della ricerca valuta la preparazione del proprio cf alta; solo il 3,5, limitata; il 56%, sufficiente
Promossa anche la competenza dei consulenti finanziari italiani. Il 40,1% delle persone oggetto della ricerca valuta la loro preparazione alta; solo il 3,5, limitata; il 56%, sufficiente. Questo ultimo dato ribadisce l’importanza di un lavoro di aggiornamento da parte dei professionisti del settore finanziario.
Quali sono i criteri di valutazione da parte dei clienti di questa preparazione? Il 51,5% degli intervistati si basa sui risultati ottenuti dagli investimenti consigliati; il 30,7 in base alle performances in tempi di crisi; il 14,4% in base all’aiuto che ricevono nella pianificazione del risparmio sia familiare che non.
Numeri che fanno capire quanto sia importante per i clienti avere a che fare con professionisti che conoscano la propria situazione e sappiano comprendere e interpretare le proprie esigenze reali.
Il consulente è una persona che deve aiutare il risparmiatore non solo nelle questioni patrimoniali ma anche in quelle successorie e legali. Questa è la richiesta che il 55% degli intervistati ha espresso insieme a un 25% che richiede che sia provvisto di certificazione professionale. Una domanda di multidisciplinarietà che spinge il settore ad aggregarsi in studi professionali associati che comprendano più competenze.