Novità sul fronte delle relazioni industriali. La realtà produttiva e del mondo del lavoro è cambiata, ci dice il recente Accordo interconfederale siglato tra l’associazione datoriale Cifa e la confederazione sindacale Confsal, ora devono cambiare strumenti e regole.
E devono cambiare anche i rapporti tra le parti sociali a favore di un modello partecipativo e non conflittuale che sappia coniugare le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori. Come spiega Andrea Cafà, presidente di Cifa, «l’Accordo ha delineato un nuovo modello di relazioni industriali con il triplice obiettivo di rispondere ai nuovi bisogni del mercato del lavoro, di rafforzare il rapporto tra sistema d’istruzione e formazione e il mondo del lavoro, di favorire un’alleanza tra impresa e lavoratori. Solo così le imprese potranno traguardare gli obiettivi di competitività e affrontare al meglio la sfida dell’innovazione tecnologica». Per riuscirci occorre uscire definitivamente dal Novecento, da una visione manichea in cui esistono solo i contratti buoni, quelli leader, e i contratti cattivi, quelli pirata. Non si può guardare alla nuova realtà con uno sguardo vecchio. Esiste oggi una contrattazione collettiva di qualità in cui il rispetto dei livelli retributivi si accompagna a dosi massicce d’innovazione. Una via peraltro certificata da un minuzioso lavoro di comparazione tra i contratti autonomi e i cosiddetti contratti leader fatto da Donata Gottardi e Marco Peruzzi, professori di diritto del lavoro dell’Università di Verona. Recentemente pubblicata da Ipsoa in “La terza via della contrattazione collettiva. Nuove opportunità per imprese e lavoratori”, la ricerca esclude in modo definitivo che i contratti di Cifa e Confsal pratichino qualsiasi forma di dumping. Oggetto della contrattazione non possono più essere soltanto il salario e la regolamentazione delle dinamiche del rapporto di lavoro dipendente. A imprese e lavoratori oggi vanno date risposte in termini di flessibilità, produttività, nuove mansioni, politiche attive del lavoro e welfare. Va data molta formazione per l’acquisizione di nuove competenze – e qui entra in campo Fonarcom, il fondo interprofessionale di Cifa e Confsal. Lo scatto di competenza sostituisce lo scatto di anzianità, un modo per spingere il lavoratore a migliorare se stesso e il proprio lavoro, a tutto favore della competitività dell’azienda.
Non esistono il contratto “buono” e quello “cattivo”: esistono la contrattazione collettiva di qualità e il rispetto delle risorse
Se la realtà produttiva e del lavoro è cambiata – e con essa la contrattazione che deve aprirsi, come appena visto, a un percorso di qualità e d’innovazione -, non possono rimanere immutati neppure i soggetti che la rappresentano o i criteri in base ai quali si decide chi abbia diritto a sedersi al tavolo delle trattative. I cambiamenti in atto, la nascita dei soggetti bilaterali – cui il legislatore ha attribuito funzioni rilevanti ma i cui aderenti non rientrano nel computo della rappresentatività – il fatto che le imprese italiane siano nella misura di oltre il 90% piccole e piccolissime, e con una percentuale di sindacalizzati prossima allo zero, oltre che con esigenze molto diverse da quelle delle grandi aziende, tutto questo dovrebbe far ripensare le valutazioni, le dinamiche, i contesti e i criteri. Per Cifa e Confsal il rilevamento della rappresentatività dovrebbe considerare il numero degli associati – in misura non inferiore al 5% dei lavoratori del privato a livello intersettoriale – tenendo conto anche degli aderenti ai sistemi bilaterali come i fondi interprofessionali e di assistenza sanitaria integrativa. I fondi, come tutti i sistemi bilaterali, vengono pensati e costruiti dalle due parti, datoriale e sindacale, proprio per rispondere ai bisogni di imprese e lavoratori. Oggi moltissime aziende trovano nella bilateralità, e non nei sistemi associativi tradizionali, la risposta giusta: opportunità e nuovi strumenti per crescere in un contesto al contempo legale e flessibile.