L’operazione finanziaria di primissimo ordine con cui Sicily By Car ha annunciato ieri la quotazione in Borsa rappresenta un modello che potrebbe – e dovrebbe – far scuola agli occhi delle medie imprese italiane. E la stima personale che chi scrive nutre verso l’imprenditore, Tommaso Dragotto, non deve divenire un freno inibitore rispetto ad un’analisi necessariamente più che positiva della scelta fatta. In parole povere: bravo imprenditore, bella operazione. Anzi, di nuovo: operazione-modello.
Due parole per descrivere l’impresa e il suo creatore. Stiamo parlando dell’unico attore dell’autonoleggio a capitale italiano e di dimensioni medio-grandi (altri ve ne sono, pur bravi, ma ben più piccoli) che abbia saputo resistere all’offensiva schiacciante di colossi multinazionale del calibro di Abis, Hertz o Europcar.
Si tratta della prima compagnia di autonoleggio ad aver puntato decisamente sull’elettrico, quando non era ancora una moda.
Della prima compagnia di autonoleggio che è riuscita ad inserirsi sull’intero mercato nazionale partendo dal profondo Sud, e restandovi con il quartier generale e la maggior consistenza di funzioni di staff. E ancora: che è riuscita ad andare all’estero, e non pro-forma ma per fare business, riuscendoci.
Il tutto, va aggiunto, conservando la piena proprietà del capitale nelle mani dell’imprenditore fondatore e dunque della sua famiglia, assumendo e investendo, contemporaneamente prendendo spesso posizioni dure contro i malcostumi politici e le infiltrazioni malavitose che affliggono il nosro Paese. Con un notevole coraggio civile.
Ma perchè è un modello la quotazione? Non solo per la innovativa e qualitativa impostazione tecnica, che giustamente riconosce all’impresa un forte valore e consente un prezioso finanziamento dello sviluppo. La decisione che Tommaso Dragotto ha preso tre anni fa, annunciandola con una grande intervista su Economy, e che oggi attua è un atto d’amore dell’imprenditore verso la sua impresa, un atto che la proietta oltre se stessa, oltre la sua attuale connotazione di ottima impresa familiare, aprendola al mercato e al futuro.
Classe 1938, in formissima, imprenditore da sempre – il primo autonoleggio lo lanciò a Palermo a 17 anni, senza avere ancora la patente – Dragotto con questa scelta pone la premessa necessaria affinchè l’impresa si emancipi addirittura da lui stesso, pur determinare a restare saldamente alla guida del tutto per i prossimi cento anni, come gli augurano quelli che lo conoscono.
Se pensiamo al salto quantico che rispetto a certi stereotipi un’impresa familiare siciliana compie quotandosi – in un Sud che annovera appena una quindicina di società quotate sulle oltre 300 della Borsa italiana – non possiamo che restare colpiti. E, nuovamente, indicare a modello la nuova sfida di Sicily By Car e del suo fondatore: la sfida di crescere oltre se stessa, oltre i suoi attuali limiti, oltre il suo fondatore, oltre i confini delle tecnologie di oggi e dei possibili mercati di domani.