“Voi dovete campa’ cient’ann’!” avranno ripetuto mille volte a Ennio Doris i suoi banker e i suoi clienti a Napoli, una delle città che il fondatore di Mediolanum amava perché ne condivideva la positività, “il sole in tasca”. Sì, Ennio Doris avrebbe dovuto vivere cent’anni, se lo meritava e avrebbe fatto altri vent’anni di bene al mondo.
Con lui se n’è andato un grand’uomo, ma proprio perché lo era davvero – e non era soltanto un grande imprenditore, e comunque non tutti i grandi del capitale sono anche grandi di animo, anzi – lascia dietro di sé una grande famiglia unita ed una grande azienda di successo, previggentemente affidata da anni in mani forti e capaci, quelle del figlio maggiore Massimo e di un forte e coeso management.
Se è vero che l’albero si riconosce dai suoi frutti, come dice quel Vangelo in cui Ennio credeva fortemente, ecco che il suo albero viene oggi illustrato dalla qualità delle cose che ha fatto e che lascia alle spalle. Si misuri con questo metro la sua vita, anche a confronto con quella, privata e imprenditoriale, di chi sa costruire soltanto per se stesso e lascia un deserto di affetti e di progettualità, ne conosciamo molti anche in Italia.
Ennio Doris no, è stato un grande costruttore di bene.
Del resto è tutto noto, e riconosciuto anche dai rivali: la visione imprenditoriale, lo spirito d’innovazione, la determinazione, la laboriosità, l’approccio umano, la comunicativa.
Uno dei pochissimi imprenditori in proprio dell’industria finanziaria, e non solo italiana. L’unico vero socio al quale Silvio Berlusconi abbia mai voluto affiancarsi, e senza interferire minimamente nella gestione aziendale, riconoscendone competenza ed eccellenza.
Un grande comunicatore, precursore della dinastia dei testimonial della propria azienda – che significa “metterci la faccia” – un creativo che aveva colto vent’anni fa nella formula “il cliente al centro” la chiave della svolta, formula che oggi tutti scopiazzano senza più guizzi innovativi e spesso senza rapporto alcuno con la realtà.
Ma oggi riandare a queste eccezionalità dell’imprenditore Doris sembra, ed è, trito e ritrito.
Oggi è solo il tempo di un ricordo assorto dell’uomo. Forse un predestinato, con la sua vita costellata da incontri e intuizioni, dalla moglie Lina, amatissima e incontrata ancora neanche ventenni, allo stesso incrocio casuale con Berlusconi.
Un uomo di fede, peraltro, che testimoniava ogni volta che gliene si poneva l’occasione con fervente semplicità. Un benefattore che non hai mai fatto sapere quanto bene facesse con le sue risorse personali. Un testimone attento e attivo dei problemi della società, che ha sempre riconosciuto e soccorso le emergenze – dagli ultimi terremoti al Covid, contro il quale fu tra i primissimi a organizzare una donazione e una raccolta fondi per un ospedale, il 4 marzo del 2020, al primo insorgere della pandemia.
Se esiste un aldilà dei banchieri, Ennio Doris siederà all’estremo opposto di Ebenezer Scrooge. Ennio, banchiere buono, una figura che tanto servirebbe, oggi, in tanti angolo di un mondo spaventato.
In quell’aldilà sarà stato accolto con amore.