Com’è lontano il Duemila, l’anno della globalizzazione trionfante. La lettura di moda, all’epoca, era “La fine della storia” di Francis Fukuyama, Vangelo di un mondo che si accingeva a seppellire nazionalismi ed ideologie per abbracciare le regole dei mercati. George Soros apriva filiali della sua fondazione in ogni angolo dell’ex impero sovietico per diffondere la religione del liberalismo. E l’Italia assaporava la dolce droga di tassi in ribasso in una moneta nuova, l’euro. Ma la nuova epoca è durata davvero poco. Tom Orlick, chief economist di Bloomberg in Cina, ha voluto misurare la profondità dei cambiamenti intervenuti da allora, sotto la pressione delle crisi dal 2008 in poi. Dalla sua analisi dedicati al Paesi che compongono il G20 emerge che ben il 41% del Pil mondiale fa capo a Paesi governati da partiti che possono essere qualificati “populisti”, formula che, secondo l’autore, sta ad indicare “forze politiche si ripromettono di rappresentare l’uomo comune contro élite corrotte, facendo leva sul comune buon senso da contrapporre a formule complesse e sul richiamo all’identità nazionale rispetto all’inclusione cosmopolita”. Per capire la profondità dei cambiamenti basti dire che nel 2007 questi movimenti erano alla testa del 4% del Pil mondiale. In questi anni c’è stato un altro fenomeno politico rilevante: nel 2007 le democrazie controllavano l’83% del Pil del G20, oggi la percentuale è scesa al 32%. Una quota crescente di ricchezza fa intanto capo a Paesi autoritari: Arabia Saudita, Russia e Turchia pesano solo per il 5% ma la Cina da sola vale il 19%, contro l’8% di dieci anni fa. Che cosa può comportare questa nuova mappa geopolitica della ricchezza? Per ora le conseguenze del populismo sono state tutto sommato modeste: le barriere commerciali non hanno rallentato il tasso di crescita globale, cresciuto anzi al 3,8%. A favorire il trend, per ora, ha contribuito l’euforia diffusa dal calo delle tasse e l’introduzione di norme più morbide per le banche Usa.
Le conseguenze del populismo potrebbero avvertirsi con il rialzo dei tassi. Ma difendersi dal possibile sboom dei mercati ora si può
Il quadro potrebbe, però, cambiare presto: dopo nove anni di crescita, è probabile una frenata dell’economia che sarà tanto più violenta, ammoniscono gli economisti, quanto più la “droga” di tassi bassi (in Europa) e stimoli (in Usa) allungherà artificialmente l’espansione. Ma, prima o poi, la combinazione tra tassi reali in aumento e rallentamento della crescita si concretizzerà in una stagione più complicata per le Borse che, probabilmente, si dovranno rassegnare ad un andamento meno brillante di quello che ha segnato gli ultimi anni. Oltre ad un tasso di volatiltà più elevato, tipico delle fasi di transizione. Ma a consolarci intervengono due considerazioni. In questi anni, riconosce Orlick, il deterioramento degli standard democratici non ha impedito un forte miglioramento della governance finanziaria, specie in Cina; il recente ingresso delle azioni del Drago nel paniere Msci (324 titoli, e si tratta solo della prima tranche) conferma che la seconda potenza economica mondiale si sta rapidamente avvicinando agli standard di governance occidentali, allargando così l’offerta a disposizione del pubblico dei risparmiatori. Il mercato, poi, ha messo a punto una serie di strumenti che possono tornare preziosi nelle fasi più turbolente, vedi quelle che accompagneranno la navigazione del governo “populista” del Bel Paese, condannato a confrontarsi periodicamente con la spada di Damocle dello spread. Un esempio? Per limitare il rischio spread si può far ricorso all’ Etf SPDR® Bloomberg Barclays 10+ Y Eu Government Bond (Codice Isin: IE00BYSZ6062) che ha per obiettivo quello di replicare la performance dei titoli di Stato a lunga e lunghissima scadenza dell’Eurozona. Questo prodotto (zero commissioni in entrata ed uscita, 0,15% di gestione) è composta da emissioni dell’Eurozona con una durata media intorno ai 15 anni: il 40% dell’Etf è costituito da titoli francesi e tedeschi, ma il resto fa capo ai “periferici” di Spagna ed Italia. Un mix sicurezza più rendimento che permette di affrontare con fiducia tempi che si annunciano non facili.