Nelle ultime settimane i mercati finanziari si sono focalizzati sulla dinamica della crescita dei prezzi per comprendere se effettivamente ci troviamo alle prese con un fenomeno transitorio, come dichiara la Fed, oppure più prolungato, con conseguenze inevitabili su un eventuale tapering. La valutazione può riguardare sia il dato “core”, tendenzialmente più stabile, oppure tenere conto delle componenti più volatili come cibo ed energia. Quest’ultima ha un peso intorno al 6% dell’indice. Come spiega Massimo De Palma, Responsabile team Multi Asset Italia di Gam (Italia) Sgr, l’andamento del prezzo del petrolio dovrebbe in qualche modo influenzare l’umore degli operatori, anche se ultimamente sembra creare meno reazioni.
I futures, al rialzo, hanno toccato infatti livelli che non si vedevano dal 2018. E la riunione dell’Opec Plus, tenutasi martedì 1° giugno, è durata solo mezz’ora e non ha riservato sorprese. “Il Gruppo ha deciso, infatti, di attenersi al piano concordato in aprile di ridurre gradualmente la stretta produttiva definita lo scorso anno durante la pandemia”, sottolinea De Palma. In giugno saranno quindi reintrodotti 700mila barili al giorno e in luglio 840mila. “Buona parte di questi incrementi arriveranno dall’Arabia Saudita, che continuerà a diminuire il milione di barili al giorno di tagli volontari attuati all’inizio di quest’anno – spiega lo strategist – I sauditi prevedono infatti di produrne 350mila in più a giugno e 400mila a luglio”.
C’è però un sostanziale scetticismo tra gli analisti sul fatto che questo incremento di produzione sarà sufficiente a compensare l’aumento di domanda legato alla ripresa dell’economia globale, che l’Opec Plus stima in crescita di circa sei milioni di barili al giorno per il 2021. Come spiega De Palma, il dubbio dei ministri Opec riguarda l’eventuale allentamento delle sanzioni all’Iran. I negoziati indiretti con gli Stati Uniti sono infatti ripresi ad aprile, con l’obiettivo di ripristinare l’accordo sul nucleare stipulato nel 2015. L’intesa potrebbe consentire all’Iran di esportare fino a un milione e mezzo di barili al giorno. Ma è difficile, secondo De Palma, che si possa arrivare a una rinegoziazione prima delle elezioni presidenziali iraniane che si terranno il prossimo 18 giugno. Secondo gli osservatori il successore dell’attuale presidente Hassan Rouhani potrebbe essere il conservatore Ebrahim Raisi, attualmente a capo del potere giudiziario. “Questa scelta rafforzerebbe l’ala più intransigente del regime iraniano, quella che aveva osteggiato l’accordo del 2015 con Obama – spiega De Palma – Gli Stati Uniti quindi vorranno attendere per capire se una svolta di questo tipo possa lasciare aperta la porta a un accordo sul nucleare”. In ogni caso per l’Iran i tempi per la ripartenza dell’export di petrolio non sarebbero così brevi. “È probabile quindi che il prezzo dell’oro nero possa continuare nella sua lenta progressione al rialzo anche se l’Opec Plus, con la sua recente consuetudine di tenere riunioni mensili per decidere gli aggiustamenti della produzione, cerca di mantenere la situazione sotto controllo”, conclude De Palma.