Sono i guardiani dei nostri dati. Li custodiscono in un enorme Campus di Data Center tra
Cornaredo e Settimo Milanese. La società francese Data4 ha una sede in quella che un tempo era la Silicon Valley italiana e lì c’è la cassaforte di moltissimi dati che ogni giorno immettiamo in rete. Oggi la società deve guardare al futuro non soltanto ponendo attenzione alla sicurezza dei dati, ma anche al loro impatto ambientale. Perché in realtà il digitale inquina ed è un falso mito che le autostrade informatiche inquinino meno di quelle tradizionali. Ma attenzione, non sono i data center ad impattare maggiormente sui consumi energetici: secondo una ricerca di GreenIT, il 4,2% dell’elettricità mondiale è consumata dal settore digitale, e i datacenter sono responsabili solo dell’1% del consumo mondiale – per questo è importante sensibilizzare la filiera sulla produzione e utilizzo dei dispositivi e dei dati.
“Secondo lo studio ARCEP condotto dall’agenzia francese della transizione ecologica – dice
Davide Suppia vicepresidente e country manager della filiale italiana – sappiamo che ogni
mail inviata ha un contenuto di 10 megabit e inietta nell’ambiente 30 grammi di Co2. Se
consideriamo che globalmente vengono spedite circa 330 miliardi di e-mail al giorno ci
possiamo rendere conto di come questo incida sull’ambiente.
Noi che siamo costruttori e operatori non entriamo nel merito delle infrastrutture informatiche, perché noi siamo il contenitore di queste infrastrutture. I server noi non li tocchiamo. Possiamo fare alcuni interventi a livello di raffreddamento e abbiamo messo insieme uno strumento che si chiama Green Dashboard per capire quali sono gli strumenti dei nostri clienti che consumano di più affinché essi possano intervenire. Siamo in grado di fare efficientamento energetico nei nostri edifici: grazie agli investimenti in innovazione tecnologica, Data4 è riuscita a ridurre il consumo di energia di oltre il 20% dal 2017 ad oggi. Per nostra parte, noi portiamo i data center ad avere un consumo minimo monitorando anche le strutture informatiche non nostre, e possiamo quindi consigliare come operare al meglio affinché queste strutture possano scaldarsi di meno e si consumi meno energia di conseguenza”.
I data center custodi della sicurezza digitale
L’altro tema con il quale si deve confrontare la società è quello della sicurezza informatica.
“Abbiamo sedi in giro per l’Europa in Italia abbiamo un campus importante da 68 megawatt che crescerà. Noi non abbiamo accesso ai dati dei nostri clienti, che non possiamo toccare. Siamo custodi, ma dal punto di vista della “scatola”. Il nostro ruolo è garantire la sicurezza fisica. Forse più importante. Cioè evitare che qualcuno inappropriatamente possa entrare in qualche sala server o rubare dati informatici sensibili che potrebbero essere a rischio se resi pubblici. Noi tutti abbiamo un tesserino e gli addetti hanno un permesso speciale. C’è una grande attenzione che i clienti devono percorrere oltre ai security officer. È ben difficile che qualcuno riesca a entrare senza essere tracciato”.
LEGGI ANCHE: Data4 riceve un investimento bancario da 620 milioni
L’importanza della business continuity
La società ha anche il compito di garantire la business continuity senza interrompere il flusso dei dati “Siamo in un’area industriale dove un tempo c’era l’Italtel. – continua – e vicino a noi ci sono due grandi sottostazioni di Terna, anche se abbiamo scelto di portare noi i nostri cavi elettrici, per garantire l’intoccabilità di quelle linee. Ne abbiamo due una da Baggio e una da Rho, con cavi ad alta tensione, che portano a cabine sotterranee. In questo modo arriva l’energia necessaria per i nostri data center. Siamo allacciati al primo anello, quello più importante. E se mai dovesse mancare l’energia, comunque, ci sono sette edifici con generatori interni con 4 megawatt e autonomia di almeno 72 ore. Sono caterpillar. Possono tenere acceso il fabbisogno totale del data center. Abbiamo ups ultima generazione con batterie che
mantengono i data center accesi per almeno 30 minuti, ma i generatori si accendono in un
minuto. Li teniamo caldi a 50 gradi per tutto l’anno. Abbiamo scelto un’area nella quale non si verificano eventi geologici rischiosi ed è un’area dove non sono mai stati trovati ordigni”.