La spesa dei consumatori americani ad aprile è cresciuta dello 0,9% totalizzando nel mese, sulla base dei dati del U.S. Census Bureau, una spesa complessiva di ben 677,7 miliardi di dollari (in pratica un valore mensile pari un terzo del Pil dell’Italia nel 2021). Questo nonostante il prezzo della benzina qui in Florida abbia superato i 5 dollari al gallone (oggi $4,79 esattamente il doppio dello scorso anno a $2.39), nonostante le incertezze del nuovo assetto geopolitico mondiale a seguito dell’invasione russa in Ucraina ridisegnino nuove alleanze e collaborazioni tra paesi e mercati, e nonostante il tasso di inflazione annuale abbia raggiunto a maggio 2022 il record di 8,6% (il più alto dal 1981).

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Inoltre, pur con l’aumento dei prezzi al consumo, cresciuti ad un tasso mai visto nell’ultimo decennio, la spesa degli americani è aumentata in tutte le categorie, dai beni di consumo (con un particolare incremento nello shopping online) al lusso, dalla ristorazione ai viaggi. Il che tradotto segnala che la morsa sul reddito familiare dovuta dalla pressione dell’inflazione non ha ancora segnato un impatto significativo sulle spese di non primaria necessità: una spesa alimentata da una forte e crescente domanda che risulta rallentata solo dalle difficoltà di approvvigionamento nella filiera della supply-chain, a riconferma del famoso motto di Warren Buffet “never bet against America” (mai scommettere contro l’America) che riporta forte ed attuale l’american dream. Prosegue così robusta la crescita della economia americana, che l’ufficio di bilancio del Congresso (Congressional Budget Office) stima per il 2022 al +3,1% e che, per la prima volta dal 1976, cresce più fortemente dell’economia cinese che invece quest’anno rallenterà al 2%, il valore più debole dai tempi della Rivoluzione Culturale.

E sia Bloomberg che la World Bank sono allineati sul sorpasso. Un altro segnale che l’economia Usa è forte viene dall’occupazione nell’industria e nei servizi dove mezzo milione di nuovi posti di lavoro si aggiungono sistematicamente ogni mese e lo spettro di una eventuale recessione si allontana (per il momento) dai tavoli economici e dai board aziendali. Eventi e fiere di settore sono ritornati nel calendario e tutti in presenza attirando espositori e buyers e riportando al massimo livello tutti gli appuntamenti annuali, tra i quali e per citarne alcuni: Icff di New York e NeoCom di Chicago per il mondo del design, arredo e sistema casa; American Food & Beverage Show di Miami per l’eno-food; Pack Expo di Chicago per le innovazioni nel packaging; Meat Processing Expo di Des Moines per tutta la filiera dell’industria della carne; il famossimo Ces di Las Vegas, il più importante evento globale per il mondo della tecnologia; D&M West di Anaheim in California per tutte le nuove tendenze in tema di prototipazione, produzione e robotica; Art Basel Miami di Miami Beach per l’arte moderna e contemporanea.

Negli anni ’80 quando volavo all’interno degli Usa con la compagnia aerea Eastern Airlines, uno degli slogan comunicativi diceva più o meno così: “America! It’s still the greatest land of all! You gotta believe!” (America! è il più grande Paese! Ci devi credere!) quasi a riconfermare quel benessere economico americano che ha sempre contraddistinto l’american dream.

Di fatto questo è lo spirito che aleggia oggi, di nuovo e ancor più forte e rafforzato, e che riconferma gli Usa come il mercato più ambito per i progetti e i piani di market-entry, di internazionalizzazione.

Il mercato Usa è caratterizzato dal dinamismo e concretezza del business, dallo spirito imprenditoriale, dalle start-up e nel solo ambito delle operazioni di M&A sia interne che con partner internazionale. Nel solo ultimo trimestre dello scorso anno sono stati siglati ben più di 4900 accordi di M&A non solo sotto l’impulso di nuove strategie organizzative ma propulso dalla significativa disponibilità di cash delle imprese americane.

Gli investimenti italiani negli Stati Uniti sono aumentati del 400% nell’ultimo decennio favoriti dall’ambiente business americano molto business-friendly in un mercato sicuramente maturo, complesso, molto esigente e selettivo ma ben ricettivo verso l’offerta di prodotti e servizi del Made in Italy.

Di fatto il 57% degli investimenti italiani negli Usa sono rappresentati da greenfield investments, sia come start-up che apertura di una nuova attività produttiva, il 33% sono M&A, il 3% sono joint-ventures, il restante 7% in formule differenti di collaborazione o alleanze.

Il mercato Usa si riconferma strategico per le Pmi italiane e per le start-up che guardano oltre Atlantico per la loro crescita ed espansione per new business, export, JV, M&A ed investimenti diretti perché gli Usa oltre ad essere il più efficiente, flessibile e sviluppato mercato al mondo sono anche il principale e più grande consumer market.

Ceo di Mtw Group e Chairman di Italyus™