Crollo del prezzo del grano (-40%), ma la pasta aumenta: +14%. I contadini sono in rivolta, anche perché l’import dal Canada è cresciuto di ben 9 volte nel 2023 mentre sugli scaffali il costo della pasta per le famiglie è salito del 14%. Nasce così il blitz degli agricoltori italiani al porto di Bari davanti a una nave carica di frumento arrivata da Vancouver.
Il presidio è stato organizzato dalla Coldiretti in Puglia che è la principale regione produttrice di grano, con 10 milioni di quintali raccolti in media all’anno. Sotto accusa le manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada balzate del +747%, passando da 33,8 milioni di chili dello scorso anno ai 286,2 milioni attuali nei primi due mesi del 2023, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. In Canada il grano viene coltivato utilizzando glifosate in preraccolta come disseccante, secondo modalità vietate in Italia.
Crollo del prezzo del grano (-40%), la protesta dei coltivatori al porto di Bari
Di fronte al Varco Vittoria, all’uscita dal porto di Bari, dove scaricano le navi piene di grano straniero, gli agricoltori hanno innalzato cartelli e striscioni con scritto: “Ci vogliono 4 chili di grano per 1 caffè”, “No grano no pane”, “No grano no pasta”, “Stop grano al glifosate”, “Stop speculazioni”, “Il giusto pane quotidiano”, “Stop grano giramondo”, “Guerra del grano”, “Sos grano made in Italy”, “+747% import grano da Canada”, “Basta prezzi grano in caduta libera”, “Pasta made in Italy ma con grano tricolore”, “Prezzi pasta + 14% ma grano giù del 40%”.
Non è accettabile che di fronte all’aumento del 14% del prezzo della pasta al consumo rilevato dall’Istat a maggio, il grano duro nazionale necessario per produrla venga invece sottopagato appena 33 centesimi al chilo agli agricoltori.
Grano, i ricavi non coprono i costi
Proprio quando sta per partire la raccolta è necessario adeguare subito le quotazioni del grano duro per sostenere la produzione in un momento difficile per l’economia e l’occupazione.
La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Italia. I ricavi non coprono infatti i costi sostenuti dalle imprese agricole e mettono a rischio le semine ma anche la sovranità alimentare del Paese con il rischio di abbandono di buona parte del territorio nazionale.