L’Associazione nazionale degli Edili ha presentato una fotografia del comparto delle costruzione allarmante. Secondo l’Ance, infatti, il 2018 ha visto un’ulteriore contrazione (-3,2%) degli investimenti in opere pubbliche, e si è chiuso con un rimbalzo
del l’1,5% nelle costruzioni. Fa eccezione il settore delle abitazioni che ha registrato una crescita (64.059 milioni) dell’1,2% rispetto allo 0,1% del 2017. Le nuove abitazioni segnano una crescita di 3 punti percentuali (0,5% nel 2017), mentre le costruzioni non residenziali registrano un +1,8% (1,6% nel 2017).
I dati forniti dall’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni, ripresi dagli Edili, mostrano quanto il quadro attuale sia ben al di sotto delle attese: le previsioni per lo scorso anno indicavano infatti una ripresa del settore del 2,4% e a trainare dovevano essere i lavori pubblici con un aumento del 2,5% rispetto all’anno precedente. “Questa previsione purtroppo è stata disattesa”, dicono gli analisti dell’Ance. “Una goccia nel mare della crisi del settore che rimanda ancora una volta la ripresa”.
Le previsioni per il 2019 sono altrettanto nere. Ci sarà in totale un calo di 1,3 miliardi di euro di investimenti nel settore delle costruzioni, pari ad un aumento dell’1,1% rispetto allo scenario di partenza previsto dall’Ance che oggi ha diffuso i dati dell’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni”, dice l’associazione di categoria.
Nell’anno in corso, secondo l’ananlisi dell’Ance, gli investimenti in nuove costruzioni residenziali si attesteranno a +1,5%, circa 400 milioni in meno, gli investimenti in costruzioni non residenziali private a +1,8%, ben 500 milioni in meno, gli investimenti in opere pubbliche ad appena lo 0,2%. In questo segmento va “persa circa la metà-400 milioni- degli investimenti preventivati bello scenario tecnico”. I rischi maggiori, aggiungono gli analisti, “sono peraltro rimandati al 2020 dove la caduta del settore potrebbe essere ancora maggiore”.
La contrazione di tutti gli indici porta a degli effetti molto pesanti anche in ambito occupazionale. Sempre secondo Ance dall’inizio della crisi sono andati infatti persi 620.000 posti di lavoro. Stando sempre al quadro delineato dall’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni nei primi 9 mesi del 2018, infatti, le Casse edili evidenziano una diminuzione dello 0,3% dei lavoratori iscritti e dello 0,9% del numero di ore lavorate. “Una dinamica in linea con quanto evidenziato dall’Istat che, nello stesso periodo, segnala una riduzione dell’1,5% nel numero degli occupati”, riferisce l’Osservatorio Ance. Meno lavoratori, meno aziende: dal 2008 ad oggi hanno chiuso i battenti 120.000 imprese del settore.
I riflessi sul mondo del lavoro di questa previsione e l’attuale calo non si fanno aspettare. Dai sindacati arriva l’annuncio di centianaia di assemblee nei posti di lavoro per far conoscere le ragioni del confermato sciopero generale del 15 marzo prossimo in piazza del Popolo a Roma. I segretari generali di Feneal, Filca e Fillea, Vito Panzarella, Franco Turri e Alessandro Genovesi chiedono che le risorse stanziate vengano spese “presto e bene, per tutte le grandi e piccole opere necessarie a creare occupazione e rilanciare il Paese. Serve una politica industriale”, aggiungono, “per far ripartire l’edilizia, la filiera dei materiali (cemento, laterizi, lapidei, legno) e dell’arredo. Servono strumenti finanziari ad hoc, anche con il protagonismo di Cassa Depositi e Prestiti. Basta perdere tempo”.