I conti economici di capitale riguardano tutti i valori appartenenti al patrimonio netto e tengono conto di tutte le operazioni che ne comportano una variazione. Nella macroeconomia internazionale il conto di capitale di una nazione è la parte della bilancia dei pagamenti che registra tutte le transazioni effettuate tra entità sia pubbliche sia private del Paese con altre entità nel resto del mondo. Queste transazioni consistono in importazioni ed esportazioni di beni, servizi, capitali e in trasferimenti di denaro come aiuti esteri e rimesse. Il saldo del conto di capitale informerà gli economisti se il Paese è un importatore netto o un esportatore netto di capitale.
Conto di capitale: che indicazioni dà
I cambiamenti nella bilancia dei pagamenti possono fornire indizi sul livello relativo di salute e stabilità economica futura di un Paese. Il conto capitale indica se un Paese importa o esporta capitale. Grandi cambiamenti nel conto capitale possono indicare quanto un Paese sia attraente per gli investitori stranieri e possono avere un impatto sostanziale sui tassi di cambio.
In contabilità, il conto di capitale mostra il patrimonio netto di un’impresa in un momento specifico. È anche noto come patrimonio netto per una ditta individuale o per una società ed è riportato nello stato patrimoniale.
Come funzionano i conti di capitale
Poiché tutte le transazioni registrate nella bilancia dei pagamenti si sommano a zero, i Paesi che registrano ampi disavanzi commerciali (disavanzi delle partite correnti) devono per definizione anche registrare ampi avanzi di conto di capitale. Ciò significa che nel Paese sta entrando dall’estero più capitale di quello che esce in direzione opposta, a causa di un aumento della proprietà straniera delle attività domestiche. Al contrario un Paese con un grande surplus commerciale sta esportando capitali e ha un deficit di conto di capitale, il che significa che il denaro sta uscendo dal Paese in cambio di una maggiore proprietà di attività estere.
Conti di capitale: liberalizzare o no?
Il conto di capitale nella bilancia dei pagamenti di un Paese copre una varietà di flussi finanziari, principalmente investimenti diretti esteri (Foreign Direct Investment, FDI), flussi di portafoglio — compresi gli investimenti in azioni — e prestiti bancari, che hanno in comune l’acquisizione di attività in un Paese da parte dei residenti di un altro. È possibile, in linea di principio, controllare questi flussi ponendo restrizioni a quelli che passano attraverso i canali ufficiali. La liberalizzazione del conto di capitale presumibilmente si traduce in un maggiore grado di integrazione finanziaria di quel Paese con l’economia globale attraverso maggiori volumi di movimenti di capitali.
Ragioni per controllare i flussi di capitale
I controlli sui capitali assumono un significato particolare nell’ambito di un regime di cambio fisso. Il mantenimento di un tale regime può essere reso più difficile da flussi di capitale illimitati. Questo è uno dei motivi per cui anche i Paesi industriali avevano conti di capitale relativamente chiusi nell’ambito del sistema di cambio fisso che ha funzionato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino al 1973. Ci potrebbero essere, ovviamente, varie altre ragioni per mantenere i controlli, sia in entrata che in uscita.
In un Paese con un sistema bancario fragile, ad esempio, consentire alle famiglie di investire liberamente all’estero potrebbe accelerare l’esodo dei risparmi interni e mettere a repentaglio la redditività del sistema bancario. E gli afflussi di capitale a breve termine possono diventare rapidamente deflussi quando un Paese è colpito da uno shock macroeconomico avverso, amplificandone così l’effetto.
Motivi per liberalizzare i flussi di capitale
In teoria, la liberalizzazione del conto di capitale dovrebbe consentire un’allocazione globale più efficiente del capital, dai Paesi industriali ricchi di capitale alle economie in via di sviluppo povere di capitale. Questo dovrebbe avere benefici diffusi, fornendo un più alto tasso di rendimento sui risparmi delle persone nei Paesi industriali e aumentando la crescita, le opportunità di lavoro e il tenore di vita nei Paesi in via di sviluppo. L’accesso ai mercati dei capitali dovrebbe consentire ai Paesi di “assicurarsi” in una certa misura contro le fluttuazioni dei propri redditi nazionali in modo tale che i livelli di consumo nazionale siano relativamente meno volatili.