Fabio Vaccarono, Google Italia

di Angelo Curiosi

«Una cosa di cui vado fiero? A diciotto mesi dal momento in cui Cvc ha assunto il controllo di Multiversity, il nostro Gruppo è di gran lunga il numero uno nell’Education in Italia, e il secondo nell’Unione Europea». “Very british” come sempre, Fabio Vaccarono – da un anno e mezzo Presidente e Amministratore Delegato del colosso della formazione che controlla, tra l’altro, l’Università Digitale Pegaso, l’Università delle Camere di Commercio – Mercatorum, e l’Università San Raffaele Roma, parte com’è giusto dai fatti economici.

Vaccarono, lei ha un curriculum ricco di esperienza digitale, tutti ricordiamo la sua lunga gestione in Google. Le torna utile in questa sfida telematica sulla formazione?
Nei miei dieci anni in Google, fino al ruolo di Vice President, ho vissuto e accompagnato una grande trasformazione digitale. Se penso all’industria dei media, se guardo al 2005 quando facevo il direttore generale in Rcs e poi guardo com’è cambiato il settore oggi, con la rivoluzione tecnologica, rilevo una metamorfosi profondissima. Ebbene: non si capisce perché in un pianeta con 5 miliardi di persone connesse in Rete, il mondo universitario e della formazione superiore italiani debbano ritenersi esclusi da quanto è avvenuto in tutte le altre industrie, con innegabili benefici per gli utenti.

Però è un mondo ancora giovane, in espansione…
Fortissima espansione. Oggi in Spagna il 20% dei laureati consegue il proprio titolo di studio attraverso percorsi universitari digitali. Ed è solo un esempio senza andare tanto lontano. Semmai, l’anomalia è il ritardo italiano, che poi è un doppio ritardo: da un lato sulla digitalizzazione in genere, dall’altro sulla formazione e sull’università. Sono due ritardi che si alimentano a vicenda. Una delle leve più importanti per digitalizzare un Paese sta nel grado di modernità e innovazione del suo sistema educativo. Se osserviamo con distacco il quadro italiano, nella cruda oggettività dei dati, ci accorgiamo che il modello universitario italiano ha un enorme ritardo in tutte le classifiche sull’educazione superiore, anche solo nei Paesi dell’UE. Un esempio? Il tasso di laureati nella fascia dei giovani adulti tra i 25 e i 34 anni in Italia è il peggiore in UE, seguito solo dalla Romania, che però ci batte nel numero di laureati Stem. Un risultato drammatico che non a caso è speculare alla posizione in classifica del Paese in termini di digitalizzazione secondo il Desi. A voler essere precisi, se è possibile, il ritardo universitario italiano è ancora più drammatico di quello digitale tout court.

Ma perché questo doppio ritardo?
Sul digital divide non credo di aver molto da aggiungere rispetto alle tante spiegazioni note. Quanto al gap formativo: abbiamo la metà dei laureati sul totale della popolazione rispetto alla media europea. Negli altri Paesi, la media degli allievi delle università digitali è almeno il 20% del totale, in Italia circa il 10%. Oggi ci ritroviamo con 18 milioni di diplomati che non hanno mai completato un percorso universitario, nemmeno triennale. E questo gap è tanto più preoccupante se si pensa che l’avvento dell’intelligenza artificiale cannibalizzerà molte professionalità a basso valore aggiunto, che se non riqualificate verranno sostituite semplicemente dalle macchine.

Ma insisto, il gap formativo da cosa nasce?
Sono tanti i fattori, alcuni culturali. Ma ce n’è uno strutturale, che è macroscopico. In Italia, a differenza di quasi tutti gli altri Paesi europei, abbiamo l’80% della popolazione che vive in Comuni con meno 100mila abitanti, il 20% in Comuni sotto i 3mila abitanti. Questa è una barriera rilevantissima per il nostro Paese, con una popolazione che quasi sempre risiede in centri medio piccoli, in un caso su due privi di una sede universitaria. Di conseguenza, metà della popolazione universitaria italiana è fuori sede, con dati di frequenza effettiva poi dei corsi molto bassa. Oggi questo costo è diventato largamente insostenibile per il ceto medio, è un investimento con bassa produttività. Basti pensare che su 100 studenti che iniziano un percorso universitario dopo 10 anni solo 61 arrivano in fondo, con un dispendio notevole di tempo, risorse intellettuali ed economiche. Tra le principali cause ci sono proprio il pendolarismo, il costo degli alloggi e l’impossibilità di continuare gli studi se allo stesso tempo si è costretti a lavorare per mantenersi. Tanti rinunciano o protestano con le tende, per il tema del caro affitti. Oggi l’università non è più inclusiva, ha perso la sua funzione di ascensore sociale in un Paese che ne avrebbe enorme bisogno. La tecnologia digitale ha permesso di portare beni e servizi ad elevato valore aggiunto direttamente dove gli utenti si trovano, con costi distributivi bassissimi, e una ricchezza e profondità di esperienza impareggiabili, che oggi possono e devono essere applicate a metodologie didattiche e percorsi di apprendimento. È una parte imprescindibile della soluzione.

Passiamo a illustrare le strategie del Gruppo
Oggi, al centro del Gruppo abbiamo l’area degli atenei digitali: Pegaso, Mercatorum e San Raffaele (per le scienze umane, biologiche e medicali). 66 corsi di laurea, oltre 300 master, PhD, lo spettro completo dei percorsi formativi, e una quota di mercato sugli studenti digitali intorno al 65%. C’è poi una Newco, costituita in partnership col Sole 24 Ore, che si chiama Sole 24 Ore Formazione, e ha l’esclusiva dei prodotti di formazione di questa autorevolissimo Gruppo Editoriale. Inoltre, abbiamo acquisito Aulab, nato da un gruppo di imprenditori pugliesi, un’eccellenza europea. Sono una coding factory, lavorano su professionalità tecniche oggi molto richieste, con modelli fortemente innovativi. Il tutto in un quadro di rafforzamento del management team, ma soprattutto della qualità, del blasone e dell’eccellenza scientifico-accademica. In Pegaso come nuovo Rettore abbiamo Pierpaolo Limone, insigne pedagogista, già rettore dell’Università di Foggia e più giovane Rettore d’Italia. David Vannozzi, ex direttore generale del Cineca (Consorzio Interuniversitario italiano per il Calcolo Automatico) è il nuovo Direttore Generale di Pegaso. In un quadro di sinergia e non di contrapposizione tra università tradizionali e digitali, che al 2023, per le ragioni illustrate non ha più alcun senso.

Quindi un netto miglioramento anche sul fronte della qualità, oltre che sull’innegabile leadership tecnologica: si studia bene da voi?
Guardiamo a fatti oggettivi. Abbiamo tre Rettori di Ateneo con track-record notevoli e di lungo corso anche in mondi universitari tradizionali, così come i docenti, che dal 60 all’80% dei casi hanno importanti esperienze scientifiche nelle università pubbliche. Ne è una prova il fatto che, ad esempio, il nostro San Raffaele svetta nelle classifiche ufficiali nazionali per qualità della ricerca. Oggi le metodologie didattiche sono all’assoluta avanguardia, sfruttano la superiore produttività e flessibilità del digitale per mettere lo studente al centro di percorsi sempre più personalizzati ed efficaci. I vantaggi della lezione in presenza? Non percepibili in contesti dove il rapporto uno a uno docente studente non è tecnicamente possibile, come nelle università prive di numero chiuso, ma che invece la tecnologia con combinazione di strumenti, Professori e Tutor ci consente. Chi è convinto che gli studenti in presenza siano veramente tali, trascura poi il fatto che la frequenza effettiva nel mondo tradizionale si limita a un 50% del percorso di studi, e soprattutto per effettuare gli esami. In aula in presenza, la gran parte dell’attenzione è poi concentrata su cellulari e tablet. Aule spesso affollate e strutturalmente non adeguate per esperienze veramente immersive. Risultato? Se misuriamo l’andamento medio dei nostri laureati ai concorsi pubblici post laurea fanno come, e in molti casi meglio, della media degli studenti delle università tradizionali.

Da ultimo, il presidio della qualità didattica è anche assicurato dal fatto che siamo in un settore regolato. All’interno di un sistema altamente strutturato, cerchiamo comunque di accorciare il ciclo tra le esigenze delle aziende e la risposta in termini di offerta. Ad esempio, l’anno scorso abbiamo lanciato una laurea in Statistica e Big Data, una in Comunicazione Digitale e Marketing e in Informatica per le Aziende Digitali.

L’età media dei vostri studenti?
Per una metà, si tratta di studenti lavoratori. L’altra metà è composta invece da ragazzi più giovani che vogliono migliorarsi, studiare, fare carriera. E vogliono andare in grandi città, anche all’estero, ma dopo aver preso la laurea. Nel frattempo preferiscono restare vicini alla casa d’origine, magari dando una mano anziché pesare. È una tipologia di studenti in netto aumento, che fa scendere l’età media degli iscritti. Sono entusiasti dell’esperienza: le nostre università hanno un altissimo Net Promoter Score, incomparabilmente il migliore del settore, e sono giudicate “eccezionali” su TrustPilot.

Quali sono le vostre direttrici di sviluppo?
Crescita forte nel core business degli Atenei digitali. Ristrutturazione del settore per perseguire il costante innalzamento degli standard, sia accademici che tecnologici. Sviluppo dell’area Business to Business, Executive Education e Corporate Academies con un brand assolutamente leader come Sole24Ore Formazione. Da ultimo, mentre ancora siamo costretti a volte ad affrontare confronti tra “tradizionale” e “digitale”, vorrei ricordare che siamo alle soglie di una radicale rivoluzione nel mondo della generazione e della trasmissione dei contenuti, tra metaverso, intelligenza artificiale, realtà aumentata. C’è tutta un’area tecnologica con grande spazio per sviluppi, scouting, acquisizioni, partnership, per riscrivere e arricchire la catena del valore dei nuovi studenti.

E l’estero?
Sicuramente una direttrice importante. Come detto siamo già il campione nazionale, il più grande Gruppo di Education in Italia. E ormai i secondi in Europa, quindi per noi è naturale guardare fuori. Inizieremo a confrontarci sempre più con opportunità anche internazionali.

Ma quanto costa frequentare uno dei vostri corsi?
La media è tra i 2.000 e i 2.500 euro. Estremamente accessibili. Se consideriamo il full cost di conseguire una laurea tradizionale pubblica rispetto a una nostra laurea digitale, il nostro costo oscilla tra la metà e un quinto, a seconda delle città con cui si fa il confronto.