«Le cose stavano andando molto bene, come dimostrano i risultati del nostro primo trimestre. L’emergenza Covid ci ha costretto ad accelerare per offrire soluzioni migliori, per offrire postazioni di lavoro più efficaci, per permettere a più persone di svolgere le proprie mansioni in modo performante nonostante il lockdown. Abbiamo davanti a noi moltissime sfide, i cambiamenti portati dal Coronavirus saranno permanenti». Aongus Hegarty prova a raccontare come le tecnologie abbiano retto l’urto di un’economia totalmente trasformata dalla pandemia. E ne ha decisamente i titoli: è il braccio operativo della Dell Technologies – l’azienda che opera nel campo della trasformazione digitale, produttore leader di tecnologie hardware e software, terza per market share a livello globale nel segmento dei PC e prima in Italia e nel mondo per server e storage, rinomata sia per l’endpoint sia per i computer industriali di nuova concezione che hanno trovato la loro summa nel supercalcolatore Hpc5 di Eni – e presidente di tutti i mercati esteri dell’azienda. Un pezzo da novanta, insomma, che ha raccontato in esclusiva a Economymag.it tutte gli aspetti di una realtà stravolta nel volgere di poche ore.
Hegarty, avete chiuso un primo trimestre 2021 con dei risultati eccellenti: che cosa vi aspettate per il futuro?
Non possiamo di certo lamentarci. I ricavi operativi sono in aumento del 28%, abbiamo un fatturato nei primi tre mesi dell’anno di poco inferiore ai 21,9 miliardi di dollari. Eppure adesso ci attendono sfide completamente nuove.
A proposito di sfide: fino ad ora abbiamo lavorato da casa, non fatto smart working. Come cambia la filosofia dell’impiego?
In maniera sostanziale. Bisogna iniziare a pensare alla casa come un luogo di lavoro a tutti gli effetti. Noi in Dell Technologies abbiamo fin da subito avviato tutte le procedure per garantire lo smart working, anche se non si tratta di una novità per noi, visto che lo pratichiamo già da un decennio.
Come cambiano le cose in Italia e in Europa dopo il Covid?
Non noto grandi modificazioni dei trend, ma un’incredibile accelerata sia per quanto riguarda le tecnologie, sia per quanto concerne l’hardware. Le vendite di notebook sono aumentate in maniera significativa. Il processo di digital transformation era già in atto in Italia e in Europa, ma ora non possiamo più tirarci indietro e dobbiamo per forza di cose trovare un modo per renderlo strutturale.
Partiamo dall’offerta “retail”: quali sono le nuove esigenze?
Sicuramente dobbiamo offrire pc portatili più veloci, rapidi, affidabili, che permettano di essere utilizzati per diverse ore da casa. Meno “tower”, insomma, e più notebook.
A livello aziendale e corporate?
Se guardiamo all’Italia, stiamo lavorando molto con la pubblica amministrazione che, da mesi, sta svolgendo le proprie mansioni principali da casa e quindi torniamo un po’ nell’alveo del mercato retail. Per quanto riguarda, poi, i computer industriali come l’Hpc5 di Eni, c’è bisogno di più memoria, di più capacità computazionale per processare la crescente mole di informazioni. E ci stiamo muovendo in quella direzione.
E per quanto riguarda il cloud? Come vi state muovendo? Quanto è difficile far capire l’importanza di questa tecnologia?
Sul cloud bisogna intendersi in maniera netta. Se si pensa che possa essere la panacea di tutti i mali rischiamo di fare un enorme errore strategico. Non solo: se un’azienda mi chiedesse di migrare tutti i dati e le informazioni sulla “nuvola” glielo sconsiglierei perché si tratta del modo migliore per aumentare complessità e costi. Anche perché una ricerca condotta a livello mondiale – che ha coinvolto circa 1.300 decision maker IT di aziende pubbliche e private – ha rivelato che solo il 5% di esse ritiene di aver raggiunto un significativo livello di coerenza della propria infrastruttura IT. I risultati della ricerca sono allarmanti, considerando che nel 2019 si stimava che circa i 2/3 (pari al 64%) delle organizzazioni avrebbero incrementato la loro spesa in servizi di public cloud rispetto all’anno precedente. A nostro avviso la strategia più corretta è un ibrido delle diverse tecnologie: edge, cloud, data center sono tutti pilastri della trasformazione tecnologica e della smart factory.
A proposito di fabbriche, in Italia abbiamo avuto qualche problema di approvvigionamento durante il Covid, non tanto per scarsità di merci, ma per difficoltà di “contatti” con la Cina…
Secondo me il Coronavirus ha acuito un processo già in atto, quello cioè di una contrapposizione di due macro-aree, gli Usa e la Cina stessa, con l’Europa in mezzo. La cosiddetta “trade war” tra Trump e Pechino ha prodotto una minore disponibilità di pezzi di ricambio e di altri oggetti.
Però è innegabile che il lockdown di Wuhan prima e dell’intera Cina poi abbia drasticamente ridotto le scorte e l’invio di materiali verso l’Europa
Sì, ma si è trattato di un tema contingente che non è durato molto. La guerra dei dazi, invece, rischia di essere molto più lunga e potenzialmente distruttiva per la supply chain globale.
Torniamo in Europa: i due pilastri del Recovery Fund (o Next Generation Ue) saranno sostenibilità e digitalizzazione. Come impatteranno questi due temi sul business delle aziende in Italia e in Europa?
In maniera estremamente significativa. Nell’ultimo periodo ho avuto modo di portare le nostre istanze a Bruxelles perché riteniamo che un’azienda come la nostra debba giocare un ruolo importante nella nuova era che si sta aprendo. Il “new normal” sarà molto diverso da quello a cui eravamo abituati. Abbiamo messo in atto diverse soluzioni. Ad esempio c’è la tecnologia di ottimizzazione automatica Dell Optimizer, basata su intelligenza artificiale. In questo modo, i professionisti possono lavorare in modo più intelligente. Il software integrato apprende le modalità di lavoro di ciascun utente, adattando il proprio comportamento, lasciando alle persone la possibilità di concentrarsi su attività per loro prioritarie.
E per quanto riguarda la sostenibilità?
Noi come Dell Technologies siamo sempre stati molto attivi sia sul tema dell’inclusione, sia per quanto concerne il tema del diversity. Adesso ci sentiamo ancora più chiamati in causa, abbiamo esteso il concetto di sostenibilità anche a quello più ampio di responsabilità sociale, varando un piano di prestiti per complessivi nove miliardi di dollari, a tasso 0. Non solo, abbiamo dilazionato fino a 180 giorni il primo pagamento su tutte le infrastrutture e i servizi per data center per aiutare a gestire il flusso di cassa. È stato aggiunto un termine di un anno alle offerte di consumo flessibili nel programma Dell Technologies On Demand. È possibile scalare l’utilizzo di soluzioni convergenti, iperconvergenti, cloud ibrido, storage e protezione dei dati di Dell Technologies e pagare solo per ciò che si utilizza. Come parte del portafoglio di soluzioni Dell Technologies on Demand, Flex on Demand è disponibile anche con opzioni di durata da tre a cinque anni.
Che futuro ci aspetta?
Un futuro con molti punti interrogativi, ma anche con alcune certezze. Una di queste è che gli investimenti in ricerca e sviluppo diventeranno sempre più importanti. L’altro è che la tecnologia e i player principali del comparto, saranno ancora più cruciali. Ci sentiamo investiti di una grande responsabilità, ma siamo anche orgogliosi del ruolo che possiamo giocare.