L’industria del benessere è un settore economico giovane che sta crescendo a un ritmo eccezionale e fa stare bene anche (o soprattutto) chi ci investe. Secondo il Global Wellness Institute (GWI) di Miami – l’organizzazione no-profit con la missione di potenziare il benessere in tutto il mondo educando i settori pubblico e privato alla salute e al benessere preventivo – il mercato globale del wellness è cresciuto di oltre il 10% tra il 2013 e il 2015 per raggiungere un valore di 3.700 miliardi di dollari. Negli stessi anni i ricavi dei viaggi del benessere sono cresciuti del 14% in tutto il mondo, più del doppio cioè della spesa complessiva del turismo. In ogni Paese sempre più strutture ricettive destinano spazi a “spa” (le ben note “salus per aquam”) e a beauty center, perché oggi le tre maggiori richieste delle persone sono: stare bene e in salute, essere belli, contrastare l’avanzare dell’età. Nelle classifiche dei fatturati, l’Italia è quinta nel mondo nel settore delle terme naturali ed è posizionata tra i primi dieci nei segmenti “Spa Facilities”, “Workplace Wellness” e “Wellness Tourism”.
Il “business della felicità”, insomma, è un enorme mercato che comprende appunto settori come il turismo del benessere, l’industria termale e la sanità. C’è però una netta distinzione tra cure mediche e wellness e lo chiarisce bene Simone Gibertoni, modenese, da due anni Ceo di Clinique La Prairie, a Montreaux, in Svizzera, la più importante home medical Spa del mondo con standard altissimi e customizzazione assoluta. «Siamo una clinica a tutti gli effetti, con 50 medici di varie discipline e uno staff che interviene in sala operatoria – spiega – la parte ambulatoriale comprende tutte le specialità: pneumologia, cardiologia, otorinolaringoiatria, psichiatria e neurologi. La nostra radiologia è la più grande della regione del Vaud e in organico abbiamo Ernest Rich, l’immunologo numero uno in Europa».
Attraverso gli analytics, l’industria del benessere sarà sempre più in grado di decifrare ed esaudire i desideri dei clienti
Il manager di La Prairie spiega che il cliente-tipo della lussuosa clinica elvetica ha un’età media di 47 anni ed è un high spender perché il ticket medio costa 33.000 dollari a settimana. Il programma qui a Montreaux si articola in quattro parti: medicale, nutrizionale, movimento, spa (che comprende anche meditazione e medicina alternativa). I nostri clienti sono per il 40% asiatici, di cui il 30% provenienti dalla Cina, 20% Nord e Sud America (equamente divisi), 20% Europa con provenienza maggiore UK, Francia e Italia; 20% Russia e Middle East. «Il nostro è un modello esemplare difficile da replicare – sottolinea ancora Gibertoni – perché quello che la gente vuole sono i risultati, attraverso un approccio medicale, senza tralasciare il trend importantissimo della mindfulness. E i numeri ci danno ragione: lo scorso anno abbiamo registrato una crescita di oltre il 25%».
Benessere data driven
C’è da dire che l’industria del benessere sta diventando sempre più un’estensione dell’economia dei dati: attraverso gli analytics cioè l’offerta ricettiva del wellness sarà in grado di decifrare sempre più i desideri dei clienti. Questo è quanto emerge dal recente studio del GWI, dal titolo “Wellnes 2030.
Le nuove tecniche di felicità” che evidenza come alcune startup stiano sviluppando strumenti indossabili di auto-tracciamento (i cosiddetti wereable) e app dedicate per aumentare il benessere ma anche piattaforme di telemedicina e dispositivi per l’accesso remoto ai servizi di assistenza. Insomma, i giganti della tecnologia, forti delle informazioni che raccolgono quotidianamente attraverso i nostri device, con ogni probabilità sposteranno i loro business sempre più nel settore del benessere permettndo agli utenti di poter scegliere cure e trattamenti da menu personalizzati, come fanno per i film con Netflix. Del resto, per un certo numero di anni, la tecnologia indossabile ha raccolto dati sulle nostre frequenze cardiache, sul numero di chilometri percorsi e sulle calorie bruciate: elementi che sono di particolare interesse per l’industria del benessere. Ora la tecnologia sta facendo passi da gigante per misurare e tracciare anche emozioni e comportamenti, sempre da dati smartphone, ma monitorati in modo passivo, che danno indicazioni molto precise sulla salute fisica.
«Quello che voglio fare anch’io con i nostri clienti che risiedono nelle 15 città più importanti del globo – conclude Simone Gibertoni, Ceo de la Clinique La Prairie – è continuare a seguirli a distanza, facendogli ricevere a casa tutti i mesi i prodotti allineati con il programma di cura intrapreso in clinica ma soprattutto con una costante connessione per aiutarlo a vivere meglio, informandolo sulle nostre conferenze di educazione alla longevità, nutrizione e movimento».