Con gli immobili il proptech gioca al rialzo

Tra sofferenze e incagli, in Italia abbiamo già 325 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi (Npe) ancora da recuperare: 246 miliardi di euro di sofferenze bancarie a cui si sommano 79 miliardi di euro di Unlikely to pay. Ed entro fine anno arriveremo a 351 (almeno secondo le previsioni di Banca Ifis), confermandoci come principale detentore di crediti deteriorati in Europa (l’ultimo “censimento” ne contava per 636 miliardi, ma risale a un anno fa). Di questi, 75 miliardi circa sono garantiti da immobili residenziali… che prima o poi verranno smaltiti all’asta (ci vogliono 2-3 anni per imbastire la pratica e altri 4-5 anni di esecuzione) al ritmo di oltre 61mila case l’anno.

Non stupisce che il bottino abbia acceso l’interesse di più di un operatore, in ambito proptech: da It Auction con il suo portale Real Estate Discount ad Astasy, da Home Books a

Deep Engineering con la sua startup AstaInsieme, fino ai portali di annunci immobiliari. E poi c’è Reviva, che con vivacizzazioneaste.com fa il “doppio gioco”: si rivolge ai gestori di Npl, ma anche agli investitori. A primi promette il 56% di incremento del prezzo in asta, l’11% in meno di aste deserte (esito dell’86% delle circa 250mila aste ogni anno), nessun costo fisso ma solo succes fee, con spese di procedura ridotte fino al 38%. Ai secondi offre acquisti con sconti fino al 67%, guadagni maggiori rispetto al mercato libero, una possibilità su 7 di aggiudicarsi l’immobile. E un guadagno garantito solo per il fatto di partecipare all’asta… anche in caso di mancata aggiudicazione: «Le banche sono disposte a pagarti un compenso anche solo per partecipare alle aste», si legge nel portale, «Lo fanno perché hanno bisogno di vendere gli immobili in asta più velocemente». «Si tratta della classica “grande promessa”, come si chiama nel marketing», ci spiega Ivano De Natale (nella foto), co-founder, nel 2017 insieme con Giulio Licenza, di Reviva: «Serve a far sì che il lettore legga. La verità è che Vivacizzazioneaste.com è solo una landing page: non abbiamo ancora un sito tradizionale di Reviva».

I “vivacizzatori” si aggiudicano gli immobili residenziali con sconti fino al 67%. e ricevono un fee anche solo per partecipare all’asta

Il modello di business prevede l’affidamento degli immobili all’asta da vivacizzare da parte dei Servicers, le società che gestiscono i crediti deteriorati per conto dei creditori (principalmente banche, ma anche fondi d’investimento) direttamente a Reviva. «Vivacizzare significa far partecipare quante più persone all’asta, aiutandole a comprendere il reale valore dell’immobile da acquistare», chiarisce De Natale. «Non si tratta semplicemente di chiudere positivamente un’asta, quanto di accompagnare l’acquirente in un processo di acquisto sicuro, etico e consapevole. Senza dimenticare la possibilità di concludere degli ottimi investimenti in termini di prezzo, rispetto a quanto proposto dal classico mercato immobiliare». Così, Reviva vivacizza le aste attraverso  canali di marketing esperienziale capaci di raggiungere sia privati che professionisti, percependo infine  delle fee sugli immobili vivacizzati. «Il nostro fine è riuscire a far vendere gli immobili all’asta a un prezzo più equo, ovvero più vicino al loro valore di mercato, a beneficio sia dei debitori, che si troveranno con meno debito, che dei creditori e della società, che beneficerà della rimessa in circolo di liquidità da parte dei creditori, generalmente banche, sotto forma di prestiti a imprese e famiglie».

Certo, può sorgere qualche dubbio sulla liceità di giocare in entrambi i campi della partita. Ma è quello che fanno, per esempio, anche gli agenti immobiliari: assistono sia chi vende sia chi compra. «Non si tratta di turbativa d’asta», conferma a Economy l’avvocato Paolo Bollini dello studio Giovanardi Pototschnig & Associati: «È evidente che i riferimenti accennati nella landing page siano a fini promozionali. Peraltro ormai tutte le banche gestiscono gli immobili tramite piattaforme software, con agenzie che li promuovono, remunerate sulla base di quante persone portano a partecipare all’asta con un’offerta è ritenuta valida. È un meccanismo che consente di vivacizzare la dinamica d’asta. Quella offerta da Reviva è una sorta di consulenza anche all’acquirente, a tutti gli effetti un servizio perfettamente lecito». Che, al di là del marketing, si basa su una tecnologia proprietaria: «Il cuore del nostro modello di business risiede nella tecnologia del software che abbiamo sviluppato, capace di trasformare  semplici dati degli immobili in asta in emozioni reali», spiega Ivano De Natale.

Reviva è una delle pochissime startup italiane a riuscire ad arrivare  alla fase di scaleup autofinanziandosi coi ricavi

«Il nostro sistema incrocia i dati degli immobili che ci sono stati affidati dai Servicers con altre informazioni sugli immobili in asta estrapolate sia dal web che dal nostro database (dalle caratteristiche alle immagini disponibili) restituendoli all’esterno sotto forma di annunci e materiale promozionale efficaci capaci di stimolare la risposta emotiva delle persone, invogliandole a partecipare all’asta per acquistare l’immobile». Intelligenza artificiale, marketing esperienziale e specializzazione: «i nostri competitors offrono una quantità di servizi diversificati di cui la vivacizzazione è il fanalino di coda, mentre noi ci focalizziamo solo sulla vivacizzazione. Ad oggi abbiamo creato una rete di 130 vivacizzatori presenti in  tutta Italia». Si tratta di professionisti delle aste, agenti immobiliari, consulenti o piccoli investitori dotati di una forte expertise e conoscenza del mercato immobiliare. «Di fatto il vivacizzatore era una professione che non esisteva prima del nostro arrivo sul mercato, al quale riconosciamo una fee ogni volta che partecipa all’asta, sia direttamente che attraverso la propria rete di acquirenti o investitori. La fee è proporzionale al contributo che ha apportato nel vendere l’immobile in asta a un prezzo più equo: premiamo cioè i vivacizzatori proporzionalmente ai risultati che raggiungono e stimoliamo una sana competizione tra loro».

Dietro alla tecnologia, c’è un investimento di 280mila euro ottenuti in finanziamenti bancari con garanzia statale o di bandi a fondo perduto. «Siamo una delle pochissime startup italiane che è arrivata alla fase di scale up facendo ciò che in gergo si chiama bootstrapping: ci siamo cioè autofinanziati inizialmente con i nostri risparmi e ricavi che abbiamo generato, e successivamente, grazie alla credibilità generata da un modello di business in utile fin dal primo giorno, abbiamo potuto accendere dei finanziamenti. Questo ci ha permesso da un lato di crescere, dall’altro di non diluire esageratamente il valore delle quote, per garantire ai fondatori il pieno controllo dell’attività». Oggi il team è composto da 16 persone, mentre i clienti sono 12, ovvero quasi la metà dei principali servicer, che nel 2019 hanno affidato a Reviva 5100 immobili all’asta. «Entro fine 2020 contiamo di arrivare a gestire il 5% degli immobili all’asta. Quest’anno avvieremo la nostra prima campagna di equity fundraising, la nostra intenzione è raccogliere un milione di euro attraverso Business Angel e Crowdfunding per finanziare ulteriori nuovi investimenti in tecnologia e marketing da implementare nel corso del prossimo biennio».

Peccato che il Covid abbia messo – temporaneamente – i bastoni fra le ruote. «Le aste ricominceranno a settembre, ma quelle per le abitazioni principali, che per noi costituiscono il 60% del lavoro, dal 1 novembre», conferma il fondatore di Reviva. E l’offerta sarà piuttosto cospicua, se è vero, come sostiene la Banca d’Italia, che il 38% italiani ha difficoltà a pagare il mutuo, che diventano il 52% nel caso dei lavoratori autonomi e il 64% nel caso dei commercianti.