Totò contro Maciste

Se cercate “cometa amazon” su Google, vengono fuori dei risultati simpatici, cioè tutte le offerte di stelle comete e di aquiloni disponibili sugli scaffali elettronici di Amazon. Ma c’è qualcuno, nel quartier generale del colosso mondiale del commercio elettronico, a mSeattle, per il quale quella paroletta italiana, “cometa” fa venire in mente tutt’altro. E fa venire ancora un po’ di mal di pancia.

E’ successo che il Fondo Cometa, cioè il principale fondo pensione italiano, con circa 470mila aderenti e 13 miliardi di risparmio previdenziale gestito, ha detto “no”. E’ andato all’assemblea degli azionisti di Amazon – una società in cui ha investito circa 57 milioni di euro, mica bruscolini – e ha votato contro a numerosi punti all’ordine del giorno. Capito? Davide contro Golia, o meglio Totò contro Maciste, vista la comica inutilità delle assemblee dei soci negli Stati Uniti, dove se la maggioranza dice che la terra è piatta ma sostiene una gestione che cresce trimestralmente e paga dividendi pingui, anche la minoranza è sempre pronta a dire che be’, sì, in fondo la terra un po’ piatta lo è. Pura commedia dell’arte.

Però, c’è un però. Questa litania dei valori Esg – ai quali è giusto credere, e Economy Group ci crede – era stata sbandierata dai “soliti noti” della finanza americana da quando l’American Roundtable – che è un po’ la Confindustria statunitense – nell’estate del 2018 s’era svegliata e aveva detto, dopo ben 18 anni dalla loro pubblicazione, che i principi dettati dall’Onu in fatto di sostenibilità erano belli buoni e giusti e che non sarebbe stato sbagliato se le imprese vi si fossero almeno vagamente ispirati… Da allora è partita una moda che ha dato ai gestori di capitali internazionali una nuova “equity story”, insomma una nuova storia da raccontare ai mercati, per fargli credee che il futuro sarà radioso…

Peccato che poi, a vario titolo, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e per quanto si voglia tingere di verde (“greenwashing”) il comportamento di un’azienda, non si riesce a dissimulare cioè che sostenibile non è. Per esempio non è sostenibile – più precisamente: non ha senso – che il capoazienda, in quanto tale, guadagni 749 volte più della media dei dipendenti, perché è vero che Jeff Bezos, il presidente esecutivo e maggior azionista di Amazon, è stato un grande precursore, inventore e imprenditore, ma per queste sue doti ha già straguadagnato, diventando l’uomo più ricco del mondo: sarebbe logico, semmai, che lavorasse “pro bono”! Ma contro di lui ci sono accuse ben peggiori, per le quali Cometa si è anche opposta alla rielezione, per le controversie in corso su asserite violazioni dei diritti dei lavoratori e dei diritti umani e di discriminazioni razziali e di genere in cui la società risulta coinvolta. Amazon è infatti accusata di attuare pratiche antisindacali ostacolando la libertà di associazione dei lavoratori, anche attraverso intimidazioni nei confronti dei dipendenti, come avvenuto in Canada, in vari Stati Usa, in Germania e in Polonia. Secondo dati riportati da un azionista all’Assemblea, il tasso di infortuni nell’azienda risulterebbe dell’80% superiore alla media dell’intero settore. Il salario mediano delle donne impiegate a tempo pieno sarebbe del 17% inferiore a quello degli uomini, e ancor peggio andrebbe alle altre minoranze: ‐ 37% per le donne di colore, ‐40% per le native americane, ‐45% per le ispano‐americane. Inutile dire che Amazon ha respunto al mittente tutte queste critiche.

A cosa porta un atteggiamento del genere? Impossibili risposte univoche, dipende da caso a caso. Generalmente, si sta consolidando questo stile aggressivo di partecipazione alla vota assembleare da parte di fondi “attivisti”, caratterizzati per essere solitamente portatori di piccole quote – a differenza dei colossi della finanza che sono di solito investiti con grossissimi interessi nelle società dove operano – ma essere determinati a farsi ascoltare. Dicono di farlo per il miglior vantaggio delle società di cui contestano la gestione, ma questo enunciato richiede verifiche precise a posteriori, e sempre nei casi (rari) in cui le loro istanze vengano raccolte. In realtà, quest’atteggiamento è anche dettato da un modo nuovo – e in sé molto sano! – di intendere la finanza non più come un unico grande salotto nel quale ala fin fine condividere tutti vizi e virtù, ma per quel che è, ossia un ring con poche regole dove dei colossali wrestler fingono di picchiarsi per spennare il pubblico il più possibile, e il pubblico è quello dei risparmiatori comuni, soprattutto quelli così narcisisti da investire in proprio ma anche quelli che affidano i loro soldi a prodotti d’investimento industriali che vendono a tutti la stessa rosa…

Quindi ben venga la caciara dei fondi attivisti, per utili o inutile che sia all’atto pratico. Almeno fa ricordare a tutti che il re è nudo. E questo pensiero è utile al mercato.