Per capire davvero l’universo, e forse anche il segreto, della famiglia bergamasca più famosa nella ristorazione, i Cerea, basta soffermarsi su un gesto, una specie di rituale che si ripete alla fine di cene ed eventi che portano la loro firma. Lo chef, accompagnato da una schiera di pasticceri, reggenti immensi vassoi argentati, passa da ciascun singolo ospite offrendo un cannoncino di burrosa pasta sfoglia riempito al momento di crema Chantilly. Questo imboccare direttamente i commensali, da Chicco o da Roberto Cerea in persona, diventa un atto supremo di accudimento, quasi materno. Lo stesso vale per l’uso di far indossare ai commensali bavaglie giganti, prima di servire uno dei piatti iconici del brand, i paccheri ai tre pomodori affogati nel sugo. Chi, se non una mamma affettuosa ,si preoccupa che non ti sporchi e che ti goda al meglio il pasto? In più c’è il fatto che il tutto si svolge in luoghi lussuosi, con ingredienti della massima eccellenza. Non per nulla il motto di Roberto “Bobo” Cerea è: «Il cibo deve essere gioia. Cerchiamo di emozionare con lo stesso stupore che ha un bambino di fronte al primo zucchero filato».
Dal cannoncino offerto dalle mani dello chef alla bavaglia per i paccheri al sugo: ecco le attenzioni che fanno la differenza
Il successo dei Cerea nasce da papà Vittorio, che diciasettenne entra al Nazionale, il bar più noto di Bergamo. Il talento e uno straordinario spirito imprenditoriale lo porta, il 6 aprile 1966, ad aprire un ristorante con il suo nome, in viale Roma. I cinque figli – Enrico, Bobo, Francesco, Barbara e Rossella – crescono con la stessa determinazione, che li porta a ottenere presto i primi riconoscimenti, sino all’apoteosi nel 2010, con la terza stella per Da Vittorio a Brusaporto. L’intuizione del capostipite era stata semplice, geniale per i tempi: stimolare la gente a uscire per assaggiare un grande pesce, che la cucina di casa lombarda e bergamasca non prevedeva.
I Fratelli Cerea amano i luoghi dove impera l’accoglienza e la classe. Eccoli all’interno dell’Hotel Gallia di Milano, rappresentati dai fratelli Lebano. Così come al Carlton Hotel di St. Moritz, dove nel 2014 Da Vittorio St. Moritz ha ottenuto la prima stella Michelin, e nel 2018 la guida Gault Millau Svizzera gli ha assegnato un punteggio di 18/20. E a soli tre mesi dall’apertura, i Cerea conquistano la prima stella a Shanghai, al terzo piano di un palazzo situato sul Bund. Stefano Bacchelli è il resident chef. Ora i Cerea fanno parlare di sé per l’accordo raggiunto con il comune di Monza: gestiscono un intero piano di Villa Reale e al piano terreno hanno creato un altro avamposto con il bistrot gourmet affidato a VCook, società sempre appartenente alla famiglia bergamasca. Parliamo di una ventina di milioni di euro di fatturato con oltre cento collaboratori al lavoro. Ma ciò che più conta è la crescita costante anno dopo anno.
Oggi la famiglia allargata conta 24 membri. e in ogni locale c’è sempre un cerea nei posti chiave. su tutti vigila la moglie del fondatore
I Cerea non amano vantarsi, e neppure le luci dei riflettori. «Nei posti chiave c’è sempre uno della famiglia», dice Francesco Cerea (ora la famiglia allargata conta 24 componenti). Ma su tutti vigila da sempre la moglie del fondatore Vittorio, Bruna. Per Francesco Cerea il trucco sta nel «lavorare duramente e trasformare in forza prorompente l’unità famigliare». Oltre ai ristoranti citati, la punta di diamante rimane il catering, di altissimi livelli. Hanno scelto i Cerea anche Bill Clinton, i coniugi Obama, Armani, Cartier, Versace, la Regina Elisabetta, Hussein di Giordania, i Ferragnez.
Cosa vogliono i clienti piu esigenti? Assaggiare qualcosa di indimenticabile, fatto proprio per te all’istante. È la peculiarità dei Cerea. Dove basterebbero 4 chef, loro ne mettono a disposizione il doppio. Se il gambero migliore del mondo costa tre euro, i Cerea trovano il modo di procurartene uno più carnoso e dolce. Ed è al banqueting che va il merito del 50% degli introiti.