Sostituire la carne con surrogati fatti a base di cereali rischia di portare ad un peggioramento della qualità della dieta, in particolare per una minore adeguatezza per quanto riguarda nutrienti essenziali più biodisponibili nella carne e nei prodotti animali, come la vitamina B12, riboflavina, zinco, calcio, iodio e ferro. Perdita in valore nutraceutico»: parola di Susanna Bramante, agronomo PhD e divulgatrice scientifica, che con il professor Gabriele Costantino, direttore del Dipartimento di Scienze degli alimenti e del farmaco dell’Università di Parma, e di Sonia Raule, presidente Med is Veg, ha preso parte al convegno “Il futuro della nutraceutica tra business e salute” organizzato da Economy Group al Cibus Connecting Italy, alla Fiera di Parma. Un convegno dove Costantino ha spiegato bene cos’è la nutraceutica (“la medicina per i sani”) ma fatalmente, anche a causa dell’attualità di certi temi, il dibattito si è spostato sul valore (e il disvalore!) della carne per la nostra dieta, ma anche della similcarne ricavata dai vegetali e, ancor più polemicamente, della carne coltivata in vitro, oggetto di una dichiarata “messa al bando” da parte del governo Meloni.
La Bramante ha una visione fortemente favorevole alla presenza della carne in una dieta umana completa, fatta di cibi animali e cibi vegetali naturali insieme. Secondo l’agronoma «sostituire la carne con surrogati fatti a base di cereali ha portato – lo rilevano tutti gli studi più seri – ad un peggioramento dell’1,1% della qualità della dieta. Minore adeguatezza per quanto riguarda nutrienti essenziali più biodisponibili nella carne e nei prodotti animali, come la vitamina B12, riboflavina, zinco, calcio, iodio e ferro. Perdita in valore nutraceutico. Al momento, non esistono ricerche scientifiche sugli impatti ambientali dei surrogati vegetali alla carne. E analisi di laboratorio di metabolomica hanno rivelato differenze del 90% nei metaboliti della carne e delle sue alternative vegetali. Il loro effetto sul metabolismo è completamente diverso».
Ma il governo Meloni, attraverso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, ma anche del suo collega responsabile della Salute Orazio Schillaci, ha intanto emanato il decreto che mette al bando la carne coltivata, invece ormai già regolarmente in vendita negli Stati Uniti. «L’Italia è la prima nazione al mondo a dire no al cibo sintetici e alla cosiddetta carne sintetica: i prodotti di laboratorio non garantiscono a nostro avviso qualità né benessere, né – lo diciamo con orgoglio – la tutela della nostra cultura e della nostra tradizione», ha detto Lollobrigida.
E da Parma, una presa di distanze rispetto alla “bistecca in provetta” è arrivata dalla Bramante mentre meno chiuso è stato il professor Costantino, ferma restando però anche per lui l’opportunità di tutte le verifiche scientifiche sugli effetti di lungo periodo di queste radicali innovazioni (potenziali) della nostra dieta.
In particolare, la “carne in provetta” – come la definiscono, con formula non gradevolissima, i detrattori – non avrebbe nella realtà i vantaggi sbandierati dai suoi fautori. Ad esempio, il suo impatto sull’ambiente potrebbe avere conseguenze peggiori di quelle degli allevamenti in termini di emissioni di CO2 prodotte dai bioreattori utilizzati per produrla, emissioni dall’effetto serra molto più duraturo di quello del metano. Le bistecce artificiali hanno bisogno di ormoni e antibiotici per svilupparsi, non presentano grasso, né cartilagini, né ossa, e questo – sempre secondo la Bramante – comporta una netta perdita in valore nutraceutico. Secondo alcune ipotesi allarmiste, le cellule ad alta proliferazione utilizzate per produrle potrebbero più facilmente indurre cancerogenesi…
Insomma, ce n’è d’avanzo per usare prudenza.