Ci piace l'impegno nel capitale Tim.Non ci piace il sacrificio di Sirti

Fa bene la CPD a raddoppiare l’impegno nel capitale Tim

Il  progetto della Cassa punta a creare una rete unica in banda larghissima capillare in tutta Italia, cioè un’infrastruttura essenziale per lo sviluppo

I liberisti duri e puri storceranno certamente il naso, anzi semplicemente continueranno a tenerlo storto come sempre, ma è da approvare la scelta annunciata dalla Cassa depositi e prestiti di raddoppiare la propria quota nel capitale Tim dal 5 al 10%, confermando anche così “la missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali” per “rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”.

Bene ha fatto a chiarire i propri progetti (oltretutto ha giovato alla quotazione del titolo Tim, subito salita in Borsa) l’a.d. della Cassa Fabrizio Palermo (nella foto). Semmai è stata tardiva (e non per colpa sua, che è appena arrivato) la scelta di entrare a piedi giunti, con capitali pubblici, nelle autostrade informatiche per dotare l’Italia di quella rete in fibra ottica a banda larghissima che solo da tre anni è finalmente in via di sviluppo grazie ad Open Fiber e che Tim insegue come e dove può, oppressa com’è da debiti.

Quindi ben venga la conferma che adesso la Cassa fa sul serio. La banda larghissima ubiquitaria serve al Paese e al suo sviluppo quanto le grandi infrastrutture che mancano, ma diversamente da trafori, ponti e strade, non ha lo stesso impatto sul territorio ed è (relativamente) al riparo dalle paturnie degli iperambientalisti.

Inoltre Tim, checchè ne dicano alcuni, non è più in grado di far da sola – e si sa a chi va la responsabilità morale di questa impotenza, al governo D’Alema che diede l’ok all’Opa Olivetti – e dunque che la Cassa Depositi e Prestiti, con Enel padrona di Open Fiber, prenda i comandi al più presto.

Sacrificio Sirti obolo sociale allo scempio dei telefoni

La multinazionale del food delivery ha comprato la rivale. Ma i “fattorini” rischiano di ritrovarsi ancor più precari. È questo il nuovo che avanza?

C’è stato un tempo in cui la Sirti – società specializzata nella produzione di infrastrutture per le telecomunicazioni – e per questo “costola” dell’oggi smantellato gruppo Stet – aveva una tale leadership sul mercato, e se n’era talmente lasciata viziare, che i suoi dipendenti sul territorio rifiutavano il collegamento Gps dei furgoni d’intervento per non consentire all’azienda il controllo a distanza dei loro movimenti.

Anni luce fa. Oggi Sirti ha annunciato “833 esuberi su 3692 addetti (quasi 1/4 della forza lavoro) con tagli massicci in quasi tutti i reparti”, come hanno denunciato i sindacati. Ebbene: che un azionista istituzionale come il fondo Pillarstone, che ha il 100% dell’azienda e che ironia della sorte vuol dire “pilastro di pietra” (capirai!) non vada per il sottile e sia pronto a usare la leva dei tagli all’organico per tornare all’utile, ci sta. Che l’attuale managament – fresco di nomina – non possa riparare ai guasti del passato e non ne sia responsabile, anche. Ma se c’è un settore dove il lavoro non manca in questa fase è proprio quello delle infrastrutture per le telecomunicazioni, tra Open Fiber, Tim e operatori mobili con i loro piani sulla tecnologia 5G. E dunque, com’è possibile un simile sacrificio proprio in un momento come questo? E meno male che l’azienda promette un “piano sociale condiviso”: conoscendo il nuovo a.d. Roberto Loyola, (nella foto) che è una brava persona, ci proverà.

Ma ecco: lo scempio delle infrastrutture telefoniche fatto in questo Paese fino a poco tempo fa (si legga al riguardo il “Ci piace” in questa stessa pagina) grida ancora vendetta e miete ancora vittime innocenti.