Ha il piede pigiato sull’acceleratore CheBanca!, l’istituto di credito del gruppo Mediobanca, con ricavi e utili in progresso, volumi e clientela in crescita, con il potenziamento delle reti distributive e tante iniziative nella digitalizzazione che stanno trasformando il volto della banca. Ne parliamo con Alessandro D’Agata, direttore generale dell’istituto di credito online.


La nostra forza oggi risiede principalmente nella efficacia ed eterogeneità dei nostri canali distributivi
Direttore, qual è il punto di forza di CheBanca! in questo momento di grande cambiamento per il settore degli investimenti?
La nostra forza oggi risiede principalmente nella efficacia ed eterogeneità dei nostri canali distributivi: c’è il mondo del wealth management, le filiali retail, i consulenti finanziari, il servizio clienti. Tutti questi canali sono serviti trasversalmente da una avanzata piattaforma di consulenza “Advice”, dove è presente l’offerta di 63 case di gestione per circa 10mila Isin complessivi e di 4 compagnie assicurative.
Questa piattaforma valorizza il grande lavoro compiuto da quella efficiente macchina di valutazione e di selezione dei partner e delle soluzioni di investimento rappresentata da CheBanca! in tandem con Mediobanca sgr.
Partiamo dai consulenti finanziari, come valutate l’esperienza con questo canale?
La nostra valutazione è molto positiva, il canale dei cf cresce in maniera importante: siamo arrivati a 310 consulenti. Per fare un raffronto, ai tempi dell’integrazione con Barclays – parliamo di maggio-giugno 2017 – i cf in organico erano appena 69: quindi nell’arco di due anni abbiamo portato a bordo altri 240 professionisti.
A fronte di questi ingressi la raccolta è cresciuta di pari passo: lo stock di risparmio gestito, amministrata e raccolta diretta è arrivato a quota 2,6 miliardi a marzo di quest’anno, nello stesso mese del 2018 la raccolta complessiva era di un miliardo e 200 milioni.


Attualmente disponiamo di 90 professionisti, che in parte lavorano all’interno delle nostre sette filiali wealth (Milano, Verona, Mantova, Firenze, 2 a Roma, Napoli, ndr) destinate a crescere di numero nei prossimi anni
Il canale sul quale sono sempre più accesi i fari del mercato è però il wealth management.
E noi su questo mercato ci siamo eccome. Il mondo del wealth è il nostro fiore all’occhiello: siamo nati nel 2017 puntando su un mix di esperienza ed entusiasmo, con gli over 40 provenienti dall’esperienza Barclays e con i colleghi più giovani cresciuti professionalmente e distintisi per capacità in CheBanca!.
Attualmente disponiamo di 90 professionisti, che in parte lavorano all’interno delle nostre sette filiali wealth (Milano, Verona, Mantova, Firenze, 2 a Roma, Napoli, ndr) destinate a crescere di numero nei prossimi anni sulla base delle opportunità che si presenteranno; mentre altri professionisti gravitano sulle filiali tradizionali occupando appositi corner wealth.
Questo modello di servizio si rivolge a clienti dal patrimonio superiore ai 350mila euro. Ogni wealth advisor gestisce almeno 100-150 clienti il che consente una frequenza di contatto almeno mensile. Questo servizio è possibile solo per clienti di patrimonialità elevata.
Con patrimoni più piccoli è necessario elevare, attraverso il sapiente uso delle tecnologie, il numero dei clienti assistiti, come facciamo per altri canali come le filiali bancarie e il servizio clienti. Con i consulenti finanziari invece non esiste una soglia numerica predefinita di portafoglio clienti anche perché si tratta in maggioranza di professionisti che hanno trasferito il portafoglio in tempi recenti. In molti casi abbiamo attribuito loro un ulteriore portafoglio di clienti CheBanca! non sviluppati, da iniziare al mondo degli investimenti.


Il wealth management oggi vale 5,5 miliardi di patrimonio, tra risparmio gestito, amministrato e raccolta diretta. i 90 wealth advisor sono un polo di attrazione per i colleghi
Dunque ora l’attenzione è a reclutare bene anche nel wealth?
Certo. Questo gruppo dei 90 wealth advisor rappresenta un polo di attrazione per colleghi provenienti dal mondo del private banking: la possibilità di lavorare sotto il brand Mediobanca è un fattore di attrazione importante, a cui si aggiunge il valore aggiunto della digitalizzazione sempre più richiesta per operare con efficacia ed efficienza.
La terza cosa che apprezzano i professionisti in predicato di entrare nella nostra realtà è la possibilità di lavorare in architettura aperta sotto la regia di Mediobanca Sgr che ha un ruolo forte sia nella costruzione dei portafogli modello, sia nella selezione dei prodotti, che nella gestione diretta dei prodotti.
Su questo canale siamo selettivi, vogliamo trovare non solo professionisti affermati ma con contenuti di valori affini a quelli del gruppo Mediobanca, come competenza, trasparenza, gioco di squadra, capacità di ascolto e di servizio nei confronti dei clienti.
Quanto pesa il wealth in CheBanca! e quali sono i suoi principi ispiratori?
Il wealth management che oggi vale 5,5 miliardi di patrimonio tra risparmio gestito, amministrato e raccolta diretta, tende sempre più ad allontanarsi da un approccio di prodotto per gestire il risparmio dei clienti con un approccio di portafoglio che tiene sotto controllo costante la volatilità.
Uno dei progetti più importanti per questo canale nel 2019 è la consulenza evoluta: ai tradizionali servizi finanziari e d’investimento cioè aggiungiamo la consulenza immobiliare, il passaggio generazionale e il supporto alle aziende per le operazioni straordinarie anche grazie alle sinergie interne al gruppo Mediobanca.
Tra le esperienze più interessanti di CheBanca! è la trasformazione del servizio clienti in un canale di business.
Nel 2014 iniziammo a domandarci quale sarebbe stato il ruolo del call center nel futuro. Già allora ci era chiaro che tutte le sue funzioni sarebbero state assorbite dal digitale e che l’unico futuro possibile sarebbe stato nella consulenza. Quindi fin da allora abbiamo formato le persone in tal senso.
In particolare, vorrei citare il gruppo che ora è composto da 35 professionisti nella consulenza agli investimenti: si tratta di dipendenti in gran parte iscritti all’Albo Ocf che lavorano con la modalità a distanza utilizzando cioè telefono, cobrowsing e la video chat. Questi professionisti dispongono di un portafoglio medio di circa 30 milioni di euro di cui circa 15 in gestito. In prevalenza i loro clienti risiedono nelle province dove non abbiamo punti operativi, ma non solo.
Ci sono investitori che gradiscono molto questa modalità di servizio perché sono molto impegnati e non hanno tempo per un incontro diretto. Ormai abbiamo superato il miliardo di masse detenuto dal team. Il cliente medio ha un taglio da 100-150mila euro, anagraficamente è un po’ più giovane della media, sui 35-45 anni.
Nella vostra esperienza il roboadvisor che risultati sta dando?
I clienti disponibili oggi a effettuare tutte le operazioni d’investimento in modalità self sono molto pochi. Ha quindi senso che questo strumento venga declinato nella formula del robo-for-advisor, attraverso il quale con l’aiuto dei nostri advisor accompagniamo progressivamente i clienti ad operare in autonomia.
Questo è il fattore principale per arrivare al tetto di 250-300 clienti serviti per singolo advisor. Il nostro primo esperimento di roboadvisory ci ha permesso di raccogliere 200 milioni di masse in gestione. Ci siamo resi conto di avere dei punti di miglioramento soprattutto per quanto riguardo l’esperienza digitale del cliente e quindi rilanceremo questo progetto a fine 2019 con la versione 2.0 di Yellow Advice, proprio perché crediamo molto nell’approccio graduale alla digitalizzazione degli investimenti.


Lo straordinario valore aggiunto del chatbot è che è disponibile 24 ore su 24 e risponde subito. È efficiente, disponibile e operativo: proprio per queste caratteristiche l’abbiamo chiamato Edo.
Poi c’è il discorso affascinante del chatbot.
Noi spendiamo circa 5 milioni di euro nell’assistenza clienti e lo facciamo attraverso tre canali di interazione: il telefono, la chat e la mail. Se andiamo ad analizzare queste interazioni con i clienti, di fatto riguardano pochissime fattispecie.
L’intelligenza artificiale ci può aiutare a decodificare le richieste e poi a fornire risposte esaustive ed univoche. Lo straordinario valore aggiunto del chatbot è che è disponibile 24 ore su 24 e risponde subito. Quindi è efficiente, disponibile e operativo: proprio per queste caratteristiche l’abbiamo chiamato Edo.
Quando il cliente fa la sua domanda in chat, trova subito la risposta o, in alternativa, viene messo in contatto con un operatore. Il progetto partirà sul nostro home banking prima dell’estate, risponderà dando informazioni sui prodotti e sui servizi fruiti dai clienti e sarà di ausilio anche per alcune funzionalità dispositive come il blocco della carta di credito.
Dopo l’estate la funzionalità sarà operativa anche su app. Nell’immediato il chatbot permetterà di offrire sempre più risposte e in modo molto rapido; nel lungo termine auspichiamo un alleggerimento del lavoro per gli altri canali di assistenza al cliente. Edo infatti ci chiede un lavoro di istruzione continua: per questo disponiamo di un team di sette persone che è alla base della funzionalità e dell’evoluzione della piattaforma. Fatto l’investimento iniziale la singola transazione avrà per noi un costo infinitesimale.
Al pari dell’industria infatti dobbiamo darci l’obiettivo di essere rigorosi sui costi, fornendo un servizio migliore al cliente e creando occupazione di qualità. In definitiva una banca del futuro, com’è la nostra, deve creare professionalità di qualità nelle aree dove c’è ancora valore aggiunto, erogando servizi a basso valore nel modo più efficiente possibile utilizzando la tecnologia.
(*articolo pubblicato sul numero in edicola di aprile)