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rischi (e i costi) sono tutti tuoi. Le provvigioni, comunque vadano le cose, spettano a me. E’ questo, in estrema sintesi, il risultato che si ricava dall’analisi che l’ufficio studi di Tosetti Value, il più importante Family Office italiano, intende dedicare (con cadenza trimestrale) al confronto tra perfomance e commissioni fisse dei fondi Ucits (attivi e passivi) distribuiti in almeno un Paese europeo. I risultati?
1) Nel 2018 la media ponderata dei rendimenti delle prime 30 società per masse amministrate registra una perdita del 5,6%. Al contrario, nei primi sei mesi del 2019, complice il rimbalzo dei listini azionari, c’è stato un guadagno medio del 9,5%.
2) Sul fronte delle commissioni applicate alla clientela, però, la differenza non si vede: l’1,05% nel 2018, anno no, l’1,04 nel 2019. Se si restringe il campo ai primi dieci operatori italiani, emerge che le fees fisse (peraltro superiori alla media) risultano pari all’1,45% annuo sia nel caso di rendimenti negativi (-6,1% l’anno scorso) che positivi (+6,1% nel primo semestre del 2019).
3) Da questa analisi, che tiene conto di commissioni di gestore, oneri di banche depositarie, costo di revisione ed altri costi fissi, emerge un dato: “I ricavi ottenuti dalle società di gestione sono poco correlati con i risultati ottenuti a favore degli investitori, sui quali soli gravano invece i rischi delle attività di investimento”. Si spiega così l’apparente mistero di conti eccellenti delle società del gestito anche alla fine di annate difficili.
4) L’analisi di Tosetti Value permette di misurare l’ansia degli investimenti che, con costanza degna di miglior causa, spesso scelgono il momento peggiore per investire (quando i prezzi sono al massimo) o per liquidare gli assets. L’esame è possibile se si mettono a confronto il rendimento realizzato dal gestore. Due voci che offrono risultati differenti poiché i clienti effettuano sottoscrizioni e rimborsi in vari momenti durante la vita degli stessi prodotti di investimento. Se prendiamo per esempio il fondo Blackrock European Equity Income A2 Eur emerge in modo chiaro che negli ultimi 5 anni “ soldi sono stati messi a lavorare nei momenti peggiori”, dato che al risultato money weighted (che tiene conto di sottoscrizioni e disinvestimenti) pari a +8,9%, si contrappone il +21,47% del gestore che ha mantenuto l’investimento anche nelle fasi più turbolente. C’è da chiedersi, di fonte a questo risultato, se i consulenti hanno svolto il proprio lavoro nel modo migliore.
5) Questa ed altre domande scomode possono trovare una risposta perché sono finalmente entrate in vigore le prescrizioni previste dalla Mifid 2 che impone che i costi per i clienti vengano dettagliati in ogni componente sia in valore assoluto che in percentuale. Perla prima volta il cliente del sistema del risparmio gestito è messo in condizione di conoscere i costi veri del sistema. O almeno dovrebbe, perché l’operazione sta avvenendo a rilento, come dimostra un’altra indagine, stavolta curata dal Politecnico di Milano.
6) Riguardo all’indicazione dell’effetto cumulativo dei costi sulla redditività dell’investimento, il 44% degli intermediari dl campione (18 società di gestione) lo ha indicato in modo parziale (omettendo il dato sul rendimento e indicando il solo costo sostenuto), mentre nel 6% dei casi l’informazione è del tutto assente.
7) Altro dato negativo riguarda la poca trasparenza nella comunicazione dei “pagamenti riconosciuti da terze parti”: il 94% degli intermediari utilizza termini di non immediata comprensione (come “inducements”) per questa voce, relativa alle retrocessioni percepite per strumenti finanziari raccomandati o offerti ai propri clienti. Solo un intermediario li ha definiti come tali conformemente alle indicazioni di Esma.