di Vincenzo Petraglia

Lo Champagne ha molti primati. In termini di qualità indiscussa del prodotto, notorietà del brand a livello globale, capacità di creare intorno a ogni bottiglia un mondo, per posizionarsi sempre ad altissimo livello. Ma anche in ambito sostenibilità il pregiato nettare transalpino detiene un primato importante: è stato, infatti, pioniere nel mondo del vino in termini di sviluppo sostenibile. Già in tempi non sospetti, negli anni ‘80, infatti il Comité Champagne, un organismo creato dalla legge francese il 12 aprile 1941 per gestire e difendere gli interessi comuni dei viticoltori (vigneron) e delle maison di Champagne, ha iniziato a lavorare sul trattamento dei reflui, sulla lotta biologica in vigna e sulla zonazione. Per la filiera dello Champagne il contrasto ai cambiamenti climatici e l’adattamento alle nuove condizioni ambientali sono le priorità, come dimostrano i risultati già conseguiti: il 100% dei reflui vinicoli e oltre il 90% dei rifiuti industriali sono trattati; nel 2003 la Champagne è stata la prima regione vinicola al mondo a misurare la sua impronta carbonica,  ridotta nello stesso anno del 20% per ogni bottiglia; il 63% delle aree viticole è in possesso di una certificazione ambientale con l’obiettivo di raggiungere il 100% entro il 2030. Si punta entro il 2050 al “Net Zero” dell’intera filiera attraverso una riduzione del 75% delle emissioni e la compensazione di quelle prodotte, oltre allo sviluppo di pozzi di carbonio. «La nostra ambizione non è cercare di fare di più, ma di fare ancora meglio, a beneficio delle generazioni future», ha dichiarato Maxime Toubart, presidente del Syndicat général des vignerons e co-presidente del Comité Champagne. «Nei prossimi dieci anni rafforzeremo notevolmente le nostre risorse con l’obiettivo di rendere lo Champagne sempre disponibile, desiderabile e un punto di riferimento per i consumatori». Una strategia che, abbinata alla maestria – inavvicinabile e per molti versi opposta a quella italica – con cui i francesi riescono a fare sistema, paga molto a giudicare dai numeri, in costante crescita, anche nel nostro Paese. Nel 2022 sono state ben 326 milioni le bottiglie di Champagne spedite nel mondo (+1,6% rispetto al 2021), in rapida ripresa dopo lo shock della crisi pandemica del 2020.

«Il dinamismo a cui stiamo assistendo è dovuto essenzialmente allo sviluppo di nuovi mercati e di nuovi momenti di consumo», sottolinea David Chatillon, presidente dell’Union des Maisons de Champagne e co-presidente del Comité Champagne, «Lo Champagne resta il vino delle celebrazioni, ma prende sempre più piede un suo consumo che potremmo definire “informale”. La sua forza resta quella di rendere straordinario un momento ordinario, e da questo punto di vista l’Italia è senza dubbio un osservatorio privilegiato sugli stili di consumo», conclude Chatillon.

Nel 2022 le spedizioni di Champagne verso l’Italia hanno registrato un record storico, sia a volume che a valore, con 10,6 milioni di bottiglie e un giro d’affari di 247,9 milioni di euro (valore franco cantina e tasse escluse). Nella classifica dei principali mercati d’esportazione dello Champagne l’Italia raggiunge così il quinto posto a volume (+11,5% rispetto al 2021) e il quarto posto a valore (dietro Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone, e davanti a Germania e Australia) con una crescita del 19,1% rispetto all’anno precedente. Dati che emergono dalle ultime elaborazioni dell’organizzazione interprofessionale che è il Comité Champagne, formidabile strumento di sviluppo economico che, facendo costantemente dialogare maison e vigneron e salvaguardando sempre gli interessi di entrambe le categorie, conduce una perenne politica di qualità e di valorizzazione del patrimonio comune della denominazione.

Noi italiani peraltro ci distinguiamo nel mercato globale per diverse peculiarità. «I gusti degli italiani», sottolinea Charles Goemaere, direttore generale del Comité Champagne, «si distinguono da sempre nel panorama mondiale del consumo di Champagne per la particolare domanda di bottiglie di pregio. In questo scenario il settore Horeca ci appare particolarmente dinamico. Dopo la crisi sanitaria i consumi in bar, hotel e ristoranti fanno presumere una netta ripresa, confermando che il fuori casa rappresenta ormai un’abitudine consolidata per i consumatori italiani di Champagne. I positivi dati delle spedizioni confermano inoltre che l’offerta è riuscita a soddisfare la domanda». 

Sulla scorta dei dati sulle spedizioni del 2022, emerge un profilo del consumatore italiano, raccontano i membri del Comité, molto interessante: si tratta di un consumatore esperto, curioso e orientato alle cuvée di alta gamma. Motivo per cui il nostro Paese viene utilizzato anche per fare test di mercato, per esempio con la proposta di nuove referenze. I gusti degli italiani – spiegano – si distinguono nel panorama mondiale del consumo di Champagne per la particolare domanda di bottiglie di pregio: i millesimati, vini ottenuti da uve di una sola vendemmia, e le cuvée speciali, che costituiscono il top di gamma di ogni produttore, rappresentano da soli quasi il 23% delle importazioni a valore. Anche gli Champagne rosé occupano un buon posizionamento e si attestano nel 2022 all’8,2% del mercato a valore. Ma gli ottimi risultati raggiunti rappresentano un punto di partenza, non di arrivo. 

E infatti il budget annuale del Comité crescerà di 10 milioni di euro nei prossimi cinque anni con investimenti in r&s, sviluppo sostenibile della filiera e rafforzamento delle sue mission fondamentali. A partire dalla valorizzazione dei vini Champagne e dal rispetto della loro identità. D’altronde i compiti del Comité Champagne sono numerosi e assai strategici. Un organismo che mira innanzitutto a uno sviluppo armonioso della filiera, organizza le relazioni tra vigneron e maison per l’acquisto e la vendita delle uve, registra tutte le transazioni e gestisce la riserva qualitativa regolando così il mercato e assicurando l’indispensabile equilibrio tra domanda e offerta. 

Funzioni che si sommano alla gestione delle relazioni con le istituzioni amministrative francesi e della Comunità Europea per rafforzare la presenza internazionale dei vini Champagne e contrastare le barriere commerciali al fine di facilitare le esportazioni in tutti i Paesi del mondo. Mentre il Dipartimento Denominazione e comunicazione si occupa costantemente di creare e diffondere una molteplicità di strumenti per far conoscere sempre di più nel mondo i vini Champagne organizzando tutta una serie di eventi rivolti a professionisti del vino, giornalisti e formatori e predispondendo anche visite personalizzate per la stampa o per i gruppi di professionisti. Un lavoro metodico e strutturato che fa onore ai nostri cugini d’Oltralpe, sicuramente impareggiabili nel loro approccio al business.