La certificazione è una “spinta gentile” alla promozione dei diritti civili: anche e soprattutto nel mondo del lavoro e dell’economia. È il caso, in particolare, dell’ultima arrivata tra le certificazioni previste dal nostro ordinamento, quella della parità di genere, un istituto nuovissimo, che sarà al centro del webinar organizzato il 22 settembre prossimo da Economy e Rödl & Partner, uno dei maggiori studi professionali multidisciplinari del mondo con uno staff di 5.260 collaboratori e 107 uffici in 49 Paesi.
Certificazione parità di genere, un webinar per capire
Non si tratta – almeno per ora – di un obbligo, ma appunto di un incentivo, destinato probabilmente a entrare però nelle prassi consolidate in tutte le aziende di qualità. Ottenere la certificazione permetterà di ottenere un importante sgravio contributivo parziale e una premialità nella partecipazione a bandi italiani ed europei.
Una Certificazione che in questo senso non è un input forte com’è stato l’introduzione nell’ordinamento delle “quote rosa”, fortemente voluta dall’onorevole Lella Golfo, che prenderà parte al webinar: quella legge ha introdotto degli obblighi, sia pure a titolo transitorio, nella vita di alcune categorie di società la presenza di donne negli organi collegiali di governo: e il senso era “abituare” i cittadini a considerare centrali le donne nella vita delle imprese. La Certificazione costituisce non ancora un obbligo ma appunto una premialità. Al webinar, in diretta dalle 12 sull’home page di Economymagazine.it e sul canale youtube di Economy Group, con Lella Golfo, prenderanno parte anche Rita Santaniello, avvocato e partner Rödl & Partner, Monica Mazzucchelli, partner e managing director Consulnet Italia S.r.l., Marina Salamon, imprenditrice, e Stefania Paolo, country head in Italia di Bny Mellon, Elena Mocchio, responsabile innovazione e sviluppo di UNI Ente Italiano di Normazione e Sergio Milia, head of organization & sustanibility Cellnex Italia.
Pnrr donne, 10 milioni per la certificazione di genere
Tutte le certificazioni volontarie – come tutte le iniziative “gentili” – valgono di più o di meno in funzione di due variabili: innanzitutto dell’accessibilità e della convenienza degli incentivi, e su questo le verifiche su un istituto così nuovo sono ovviamente ancora tutte da fare; e poi la reazione dell’opinione pubblica all’introduzione dei nuovi standard. In questo senso la rincorsa corale di milioni di aziende in tutto il mondo ad autodefinirsi “green” e sostenibili ed a procurarsi ogni sorta di certificazione al riguardo non attesta la effettiva sostenibilità dei loro comportamenti ma garantisce l’ormai acquisita sensibilità collettiva sull’importanza di dichiararsi – appunto – sostenibili.
Sul gender gap il sistema Italia è ancora indietro, e ben venga qualunque istituto aiuti a chiudere i divari sia sul fronte dell’accesso femminile all’alta carriera, sia sul divario di retribuzioni sia sulla perequazione dei diritti e doveri nell’ambito della gestione della famiglia. Ma sono appunto questi gli obiettivi previsti nella missione 5 “Coesione, e inclusione, politiche per il lavoro”, del Pnrr, per tutte le imprese a adottare policy inclusive e di riduzione del gender gap in tutte le aree più critiche: retribuzioni e prospettive di carriera, genitorialità e cura della famiglia e differenze nelle mansioni.
Il Pnrr ha destinato dieci milioni di euro alla creazione del Sistema nazionale di certificazione della parità di genere, che prevede fino al 2026 agevolazioni e supporti per le micro, piccole e medie imprese che decidono di effettuare la certificazione. La certificazione è stata introdotta nel Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (Dlgs 198/2006) dalla legge 162/202, in seguito sono poi stati fissati dalla prassi di riferimento Uni/PdR 125:2022 (pubblicata il 16 Marzo 2022) i parametri con cui ottenere la certificazione, pubblicati a loro volta nel Dpcm del 29 Aprile 2022 sulla Gazzetta ufficiale del primo luglio.