di Paolo Grisorio
Ai primi di marzo verrà pubblicato il bando che consentirà a oltre 450 piccole e medie aziende e microimprese di effettuare gratuitamente l’iter per chiedere la nuova certificazione per la parità di genere, introdotta dalla cosiddetta legge Gribaudo che ha l’obiettivo di ridurre il divario di genere in tutte le aree maggiormente critiche per la crescita professionale delle donne.
È importante sottolineare che Unioncamere ha attivato bandi specifici per sostenere le aziende che desiderano certificarsi. In particolar modo saranno le piccole e medie aziende, che spesso hanno sensibilità ma un più limitato accesso alle risorse per affrontare i costi e la complessità di un processo di certificazione, quelle maggiormente interessate a poterne godere.
Il Governo ha introdotto la certificazione di genere nel contesto del PNRR con l’intento di di promuovere l’inclusione e la coesione e alla promozione della certificazione di genere sono stati destinati 10 milioni di euro.
Non dimentichiamo poi che anche le Regioni italiane hanno aperto iniziative volte a sostenere l’investimento in questa certificazione e che la Lombardia ha pubblicato in merito un bando a gennaio.
È insomma questo lo spunto da cui ha preso le mosse il nuovo webinar organizzato da Economy con Rödl & Partner: “Parità certificata: come si ottiene, a cosa serve”. La situazione internazionale che ci viene descritta dai media non è certo rassicurante ma l’economia va avanti e i fumi di recessione che si profilavano lo scorso anno sembrerebbero dissipati e l’Italia dimostra come sempre nelle situazioni di grande necessità una resilienza fuori del comune. Le imprese procedono e hanno necessità di essere informate per poterlo fare sempre meglio. È importante individuare e raccontare le scintille di progresso del nostro sistema e la tutela della parità di genere è un tema importante che non a caso viene individuato e supportato dal PNRR.
Sono dunque con noi Rosalba Benedetto, direttore comunicazione, marketing e relazioni esterne di Banca Ifis; Mariana Ghirlanda, ceo di DlvBbdo e presidente dell’International advertising association; Karen Nahum, direttore generale area publishing & digital Gruppo 24 Ore; Carla Nisio, componente del Coordinamento Minerva Federmanager Roma, Giacomo Riccio, technical project manager di Uni; Rita Santaniello, avvocato e partner di Rödl & Partner.
Giacomo Riccio, apre e ci riassume la sostanza della certificazione: “La Uni PdR 125 è la prassi di riferimento pubblicata da Uni, ente normatore della practice della norma di riferimento, che è sinergica rispetto alla normazione vigente. È un documento di alto livello innovativo, è un modello di ibrido che contiene gli elementi tipici della normazione e l’elenco dei kpi, i key performance indicatori, ricollegabili a determinate aree tematiche. La PdR contiene dunque le linee guida e i requisiti di un piano strategico di strutturazione di una politica di parità di genere. Le aree tematiche sono sei, con pesi diversi: cultura e strategia, governance, processi hr, opportunità di crescita delle donne in azienda, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità e conciliazione vita lavoro, ed è richiesto l’ottenimento di un minimo del 60% di raggiungimento del peso di questo kpi come requisito per la certificazione che viene svolta da organismi certificazione accreditati dall’ente nazionale Accredia, l’organismo di accreditamento nazionale, e che dispongono del contratto di licenza del marchio UNI posso certificare le aziende che lo richiedono in conformità della PdR 125”.
Sergio Luciano: “Dopo questo breve inquadramento passiamo alla testimonianza di un’azienda che questo tipo di certificazione l’ha già ottenuta. Si tratta di Karen Nahum, direttore generale area publishing & digital Gruppo 24 Ore, un gruppo che comunica, tramite carta stampa web e radio, proprio alle imprese che sono possibili destinatarie di questa certificazione e che quindi è molto utile al nostro Paese. Ci racconta la sua esperienza?”
Karen Nahum: “Grazie per averci invitati a essere presenti. Ci crediamo in questa certificazione e ci teniamo a essere un buon esempio per il mondo di imprese cui ci rivolgiamo. È stata una bella e importante esperienza molto positiva. L’abbiamo fortemente voluta e siamo la prima casa editrice multimediale a essere accreditata. Il processo ha visto molte funzioni aziendali coinvolte, quindi tutt’altro che uno stand alone, e trova un suo posto nel piano ESG del gruppo. In contemporanea abbiamo anche aderito a Valore D perché i temi formativi sono al centro delle nostre azioni rivolti all’interno e all’esterno in un insieme coordinato di attività”.
Da una parte una ratifica dell’esistente ma al contempo un rilancio sul fronte di un metodo. La parola passa a Rosalba Benedetto, Direttore comunicazione, marketing e relazioni esterne di Banca Ifis, a lei chiediamo l’esperienza dell’azienda che da un lato ha già attuato un percorso simile e che si avvia a chiedere prossimamente anche la certificazione.
Rosalba Benedetto: “Abbiamo avviato scorso anno per ottenere una prima certificazione sulla parità di genere, ancora prima dell’avvio di questo progetto di certificazione nazionale. Lo abbiamo fatto con il Winning Women Institute che nel 2017 ha lanciato il primo programma di certificazione italiano in questo ambito all’interno del mondo del lavoro. Si tratta di un modello dinamico che considera il raggiungimento dei kpi quantitativi e qualitativi in quattro ambiti specifici: opportunità di crescita, equità salariale, processi decisionali, policy a tutela della gender diversity e a tutela della maternità. Abbiamo avviato anzitutto dei focus group, abbiamo testato il nostro posizionamento capendo la nostra situazione e successivamente abbiamo avuto accesso a una fase di audit da parte di una società di certificazione esterna, che vale tre ani e ha ogni anno un’attività di monitoraggio. Noi, che siamo una banca, abbiamo già una presenza del 54% e di queste il 40% sono coinvolte come riporto diretto dell’amministratore delegato CFO, Communication e altri importanti ruoli. Anche nel board abbiamo il 54% della presenza femminile. La banca di suo grazie al suo fondatore e all’attuale presidente ha questa visione nel proprio dna e punta sulla valorizzazione delle competenze e sul riconoscimento del merito. Quindi noi crediamo tantissimo in questo percorso e ora abbiamo avviato anche il processo di certificazione UNI, ma la certificazione viene dopo, o meglio il cambiamento culturale reale all’interno dell’azienda viene prima.
Sergio Luciano: “Grazie, passiamo ora la parola a Mariana Ghirlanda, ceo di DlvBbdo e presidente dell’International advertising association. Cosa fate voi e cosa avviene nell’associazione? È un mondo il vostro dove la diversità di genere è sempre stata apprezzata, anche la mia esperienza passata in una multinazionale mi diche che percentuale è alta alla base ma poi salendo al vertice, verso i livelli decisionali più alti si riduce progressivamente”.
Mariana Ghirlanda: “Nel nostro settore, che è molto innovativo nell’organizzazione dei processi e che si ciba della cultura contemporanea, c’è ovviamente questa apertura naturalmente insita. Non parlo però della mia realtà che è un caso a sé poiché da sempre sostengo queste pari opportunità e quindi non appena ne ho avuta la possibilità mi sono scatenata e nella mia agenzia siamo tutte donne dovremmo quindi al contrario istituire delle quote apposite per bilanciare.
invece per quanto riguarda la nostra Industry che ha un grande numero di addetti ed è molto elastica perché risente immediatamente di qualsiasi fluttuazione economica, quindi cresce molto velocemente e si contrae molto velocemente, la situazione è la seguente: nell’immediato post pandemia avevamo un 54% di addetti femminile che andava a restringersi fino al 25% nei livelli decisionale il più alti, ora invece le aziende che hanno ceo donne al vertice sono quelle con meno di 20 dipendenti, quindi quelle più piccole di tutto il settore, mentre nelle aziende con più di 100 dipendenti i ceo di genere femminile sono al 5%. La situazione del gender gap all’interno del nostro settore è molto evidente ed è legata a tutti i kpi che abbiamo nominato. Il tema più sentito è certamente quella della conciliazione verso maternità, paternità e cura. Ciò avviene in particolar modo, devo sottolineare, perché il nostro settore non ha un contratto specifico e quindi questo aspetto non è normato e di conseguenza non è tutelato a sufficienza. Di conseguenza la nostra Industry beneficerà enormemente di questa certificazione. Sono assolutamente d’accordo con Rosalba Benedetto quando dice che la certificazione è importante ma deve prendere atto di una decisione di una situazione preesistenti. Penso anche che il fatto che ne stiamo parlando e che esista la possibilità di questa certificazione sarà anche una opportunità per molte aziende per affrontare questo tema. Quindi mi sembra un’ottima notizia”.
Sergio Luciano: “Sono d’accordo. Tutte le situazioni normative, cogenti o incentivanti, e questa è incentivante, hanno la caratteristica di portare un beneficio sulla tematica che affrontano. È pur vero che ci sono delle distorsioni in tema di meritocrazia quando si affrontano le quote, ma resta l’importanza di iniziare a mettere mano a questo ambito. Del resto, abbiamo la comprova dei risultati positivi che se ne possono dedurre se guardiamo al mondo della finanza in cui questa prassi è già attiva: le performance delle aziende, quotate in questo caso, orientate ai criteri della parità di genere ha portato risultati migliori delle comparables che non utilizzano questi criteri. Ora diamo volentieri la parola a Carla Nisio, componente del Coordinamento Minerva di Federmanager, un’associazione di dirigenti del mondo industriale partner, di enti bilaterali importanti come Fasi, Fondirigenti e altri, che ha sviluppato soprattutto con il coordinamento Minerva una bella cultura sul tema della gender parity. Qual è la vostra visione su questo tema? Siete un’associazione rappresentativa e come tale rappresenta l’esistente, quindi la prevalenza è maschile. Nonostante ciò il vertice, e mi riferisco a Stefano Cuzzilla, mi pare che ultimamente abbia aperto a questa tematica”.
Carla Nisio: “Partirei da un dato: 28% è la percentuale delle donne dirigenti in Italia. Quindi siamo ben al di sotto del 50% auspicato. Perché siamo al 28%? I motivi sono culturali ma la stessa base non è ampissima: lavora una donna su due. Minerva rappresenta le manager donne nel settore bene e servizi e le supporta nel loro processo di carriera. È in atto un processo di miglioramento ma a crescita lenta. Credo pertanto che servano dei meccanismi di accelerazione se no il 50% non lo vedremo presto. Certamente la legge Golfo-Mosca per le aziende quotate per esempio è servita. Personalmente ho partecipato alla redazione della bozza della prassi di riferimento 125, Federmanager essendo molto orientati sulla crescita professionale in azienda abbiamo spinto per quanto riguarda la kpi qualitativa oltre che quantitativa prevedendo la presenza nel CdA con responsabilità sui budget sui finanziamenti. Abbiamo spinto anche sul pay gap e l’obiettivo è colmarlo. Vorremmo far crescere quel 28%. La certificazione è un obiettivo e Minerva intende sostenere le donne in questo, aiuterà le donne su questo. Sia a livello di coordinamento nazionale sia a livello di Federemanager Roma siamo molto attenti su questo”.
Sergio Luciano: “Approfitto per dire che Lella Golfo che oggi non è qui con noi per un impegno col presidente Mattarella sui 35 anni della Fondazione Bellisario, ci manda i suoi saluti. Lei è stata fautrice dell’introduzione delle quote di genere, prima citate, nei Consigli di Amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate e controllate dalle Pubbliche Amministrazioni. È fondatrice e attuale Presidente della Fondazione Marisa Bellisario, e ideatrice del Premio Bellisario. Marisa Bellisario è stata una imprenditrice e donna straordinaria che ha affrontato per prima in Italia questo genere di discussione. Alla fine degli anni’80 quando donne amministratore delegato non ce ne erano, non solo lei c’era e guidava l’Italtel ma ebbe anche la forza fra le altre cose di scegliere per l’azienda pubblica rifiutando l’offerta di partecipazione di un’azienda privata come Fiat. A quei tempi, 35 anni fa, questo era un gesto fortemente simbolico, professionale e politico, e segno di vera indipendenza.
A Rita Santaniello, vorrei fare una domanda che in realtà apre alla seconda parte del nostro incontro. Rita Santaniello intanto incarna essa stessa il tema odierno in quanto è parte dell’apicalità di una importante realtà di consulenza legale come Rödl & Partner, ma soprattutto lavora su questi temi da tanto tempo. Inizio ad affrontare il tema della complessità non solo sostanziale ma anche formale di implementare queste pratiche. Insomma, una volta attestata l’importanza e il valore del processo di certificazione, resta ancora la complessità degli adempimenti formali. Quindi, oltre ad avere buona volontà cosa fa un’azienda per documentare la parità di genere? C’è una complessità di itinerari burocratici da percorrere e c’è necessità di consulenza su come risolvere eventuali intoppi. Voi di questo vi occupate – vero? – e da tempo anche grazie alla rete internazionale di Rödl & Partner che su questo ritengo vi sia di aiuto”.
Rita Santaniello: Grazie, tenterò di fare un minimo di sintesi delle cose importanti dette da chi mi ha preceduto. Partirei dall’importanza del commitment. Quando si parla di certificazione a volte un po’ di ignoranza. Si pensa sia una formalità. No. Non è così. Gestire il percorso di certificazione non finisce con la certificazione, col pezzo di carta, ma inizia da lì. Prosegue col “miglioramento continuo”. Non si tratta di fare la spunta dei requisiti che mi consentano di raggiungere il punteggio minimo, occorre un impegno vero a migliorarsi continuamente per mantenerlo e migliorarlo. Bene il raggiungimento. Poi ci sono i monitoraggi annuali, un audit biennale e il rinnovo alla scadenza del triennio. Per ottenerlo serve aver dimostrato quali sono i miglioramenti ottenuti in base ai kpi e serve poter effettivamente fare una misurazione continua e intervenire con azioni opportune. Sono interessanti questi kpi ben identificati e molto precisi. Aiutano moltissimo a oggettivizzare l’obiettivo e poterlo misurare. Consentono una misurazione nel tempo e possibili analisi, individuazioni di errori e di possibili interventi, quando servano, a causa di eventuale allontanamento dall’obiettivo. Tengo molto a evidenziare questo: il miglioramento continuo, vorrei sia chiaro, è fondamentale e indispensabile per poter mantenere la certificazione. Per fare questo è bene che sia coinvolto il commitment, serve un impegno reale che deve partire dall’alto ed essere un impegno vero. Va bene considerare la comunicazione interna ed esterna, va bene il bilanciamento, ma occorre considerare che ci possono essere parti molto più impegnative che coinvolgono il management. Qui, per esempio, vanno inseriti obiettivi vincolanti che riguardano gli MBO. Questo è un tasto che può creare qualche difficoltà in più nell’implementazione. Ma servono obiettivi legati alla parità di genere anche nei contratti nella parte variabile. Serve dunque un piano strategico dal vertice e di chi ha in mano la leva finanziaria. Bisogna partire da lì e andare a dettagliare per aree. Interessante che il peso maggiore sia dato all’area dell’opportunità di crescita e inclusione che comprendo anche le iniziative di formazione e valorizzazione, corsi di leadership, l’equità remunerativa e la tutela delle genitorialità e della conciliazione vita lavorativa, con la previsione di un kpi che misura il tasso di godimento dei congedi di paternità. Altri aspetti dal punto di vista di un giuslavorista potrebbero essere considerati troppo “facili” come un criterio di selezione neutro che impone la valorizzazione del merito. Quando poi si vanno a valutare le politiche di mobilità o i piani di successione al vertice ci si rende conto che non basta dire, come accade in molte aziende, che si ha un’elevata presenza femminile di addetti. Quando si entra in questi dettagli i gap sono abbastanza rilevanti e non sempre facili da risolvere”.
Sergio Luciano: È interessante vedere che al di là della buona volontà non è sempre facile applicare le regole ideali. Iper quanto riguarda il congedo parentale bisognerà arrivare alla simmetria dei mesi. Non so se sarà possibile ma attualmente è certo il nostro sistema non premia la maternità e spesso quando si ritorna da tale congedo si trovano situazioni radicalmente mutate e la donna non trova il posto che ha lasciato. Questo ci sta temo trasformando in un paese a crescita zero. Cerchiamo ora di comprendere la parte di incentivo. La parte di PNRR dedicata a quest’area è di 10 milioni di euro e dato che si dice che basterà per circa 450 aziende ciò significa che il costo non è da poco. Ma soprattutto come si accederà a questi incentivi?”
Giacomo Riccio: la certificazione ha un costo e questo è un elemento che va considerato. Si tratta di giornate persona, poi c’è certificazione vera e proprie e poi il marchio UNI, solo le certificazioni a marchio UNI consento le agevolazioni al processo di accreditamento. Tutte cose che hanno un costo. Le agevolazioni si trovano in un regolamento abbastanza complesso. Next Generation Youth mettono a disposizione 5,5 milioni di euro destinati ai contributi di certificazione; 2, 5 per la consulenza alle imprese; 2 alla piattaforma che consente l’accesso ai dati disaggregati per genere per consentirne la fondamentale analisi nel lungo periodo. Alla missione 5.1 il Pnrr prevede tre investimenti – 12, 13, 14 – il primo dei quali è sostanzialmente un traguardo già raggiunto ed è la realizzazione del sistema nazionale di certificazione della parità di genere; il 13 prevede di arrivare entro il secondo trimestre 2026 a un numero 800 aziende certificate di cui 450 micro piccole e medie imprese con differenziazione dell’onere di raggiungimento dei kpi in base alla dimensione; il 14 prevede di arrivare a 1000 aziende assistite certificate entro il secondo trimestre 2026, incluse le 450 già citate. I sistemi sono in parte definiti e in parte da definire nelle indicazioni attuative. Resta da sottolineare che bimestralmente una comunicazione dagli OdC – Organismi di Certificazione presenti nell’elenco Uni – a Unioncamere trasmetterà l’elenco delle avvenute certificazioni consentendo il rilascio dei contributi solo alle aziende con certificazione effettivamente avvenuta. La premialità Inps è invece al momento ancora da definire da un apposito decreto”.
Sergio Luciano: “Ricordiamo anche che sul sito del governo all’indirizzo web che segnalo certificazione.pariopportunita.gov.it – un sito fatto anche bene in termini di comunicazione – si possono trovare ulteriori informazioni e tutti i documenti relativi a quanto abbiamo detto e i successivi aggiornamenti.
Chiedo ora a Karen Nahum, visto che avete ricevuto la certificazione, e di questo mi complimento, anche senza vedere se c’erano o meno i contributi. Questa cosa si fa bene per il suo valore intrinseco e si fa meglio se ci sono premialità e vantaggi contributivi Inps, ma al di là di questo: cosa significa oggi vivere in una azienda dove vige la parità di genere? C’è qualcosa che va oltre e che investe la filosofia aziendale e produttiva di una società”.
Karen Nahum: “Noi abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo. Il commitment è la cosa principale che deve essere coinvolto e da noi questo è successo. Tutti gli ambiti e tutte le attività vengono tracciate all’interno di un percorso strategico che coinvolge l’ambito HR ma che poi viene trasferito in percorsi a tutta la comunicazione aziendale interna ed esterna. E’ chiaro che ci vuole grande coerenza, non solo adempimenti formali, e un percorso ben delineato. E’ un percorso complesso che deve avere passi formali e sostanziali. È un percorso ESG che vede in questo passaggio una sua fase importante è un ambito molto più. Come è stato detto non basta ottenerla la certificazione. C’è un comitato parità di genere, di cui faccio parte, parliamo al pubblico ma anche all’interno è importante l’azione e in questo il commitment è molto coinvolto. C’è una parità di genere ma anche di età ed è molto importante. In azienda siamo 50% donne e uomini ma io dico anche: bene vediamo cosa stanno facendo. Serve formazione, un continuous learning. Il clima e la qualità ne risentono positivamente”.
Sergio Luciano: “A Rosanna Albareto una domanda precisa: è stata nella sua carriera manageriale in un’azienda molto maschile, la Ilva, a Taranto, come è stata? Che impressione hai avuto?”
Rosalba Benedetto: “È stata un’esperienza scioccante e una vera palestra, una realtà molto problematica, con l’obiettivo di portare alla gara per la vendita dell’azienda. Un aneddoto: le toilette, erano più piccole aveva meno spazio, cerano 14 donne su 14000 dipendenti in azienda. Eravamo solo due donne a riporto dell’AD ma la nostra voce e la nostra professionalità la nostra voce aveva un peso. Invece in altre aziende anche internazionali non valeva la stessa regola. Non è vero che se l’industria è brutta e cattiva allora vuol dire che è maschilista e arretrata. L’attuale posizione per esempio pur essendo in una azienda piccola molto è positiva. Quando parlo di visione e di valori qui ci sono”.
Sergio Luciano: “Torno da Carla Nisio. Federmanager è un soggetto che attraverso l’organismo bilaterale fa molta formazione e contribuisce orientare molta formazione e chiedo: c’è bisogno di fare apostolato culturale. C’è bisogno di fare di più o basta cosi? Quali i programmi”
Carla Nisio: “Parto da una dato: la certificazione ha un costo e dunque è necessario un intervento da parte di governo e istituzioni sia per finanziarla sia per gli sgravi fiscali. Ma ci deve essere un elemento premiante anche nel codice delle gare. Dal punto di vista dell’impegno che Federmanager farà certamente formazione e con questa azione si impegnerà sicuramente nel sostenere le aziende. Siamo una galassia di associazioni e spero che Federmanager si certifichi quanto prima per poter aiutare ancora meglio e con maggior consapevolezza le molte aziende nostre associate. Ci sono realtà molto diverse: i kpi quantitativi oltre a essere differenziati per grandezza di azienda sono differenziati per settore merceologico che hanno caratteristiche molto diverse. Pensiamo al settore sanità e all’edilizia. È un passaggio importante. Mi premeva sottolineare questo. Tutte le aziende possono seguire il percorso di certificazione. Ci auguriamo di raggiungere e superare gli obiettivi numeri che ci si presenteranno per andare verso un processo di miglioramento continuo di cui si è parlato”.
Sergio Luciano: “Ancora poche domande prima di chiudere: due domande ad Arianna Ghirlanda. È vero che il mondo digitale, lo dico pensando alla Silicon Valley è un mondo maschilista? Ricordo poi la lezione del grande giornalista Lamberto Sechi: lui citava l’effetto tette. Diceva che un argomento che consentisse di rappresentare in copertina – parliamo di Panorama e L’Espresso – una donna a seno nudo, si vendeva di più. La donna seminuda in copertina faceva vendere di più. La banalizzazione del messaggio che riguarda il mondo femminile è un ambito che credo si a migliorato, credo. È ancora così?”
Marianna Ghirlanda: “La rappresentazione della donna in comunicazione è un tema molto complesso e avrei bisogno di almeno 45 minuti. E’ un tema moralmente non condivisibile. Il corpo della donna è stato un gancio strautilizzato per attirare l’interesse dei lettori e questo ha fatto sì che si creassero stereotipi da cui difficilmente riusciamo ancora oggi a liberarci: donne magre e attributi di genere, anoressia, chirurgia plastica. L’impatto dello stereotipo è stato molto forte su tutti, anche su di noi. Gli stereotipi sono relativi al ruolo della donna, l’uomo manager con la valigetta e la donna spesso solo assistente piacevole. È avvenuto dalla comunicazione commerciale ma anche dalle copertine di cui ha detto. Dobbiamo lavorare per una comunicazione che non comunichi stereotipi. L’accesso delle donne alle materie scientifiche è la base di quanto dice, finche le donne non sceglieranno le materie scientifiche sarà così. È una questione culturale. Finche le giovani ragazze sentiranno su di sé il pregiudizio nella scelta dii materie scientifiche sarà così. Ma ora per esempio ne stiamo parlando, adesso, e questo è un grande passo avanti: serve a fare cultura”.
Sergio Luciano: “Chiedo ora a Rita Santaniello, che è madre di cinque figli: quanto è importante la tutela del momento familiare?
“Una piccola notazione. Fra i vari kpi abbiamo visto il congedo parentale ma anche quello obbligatorio. Bene, viene definito obbligatorio ma purtroppo non solo non è utilizzato al 100% ma invece è utilizzato in modo minimo. Sebben obbligatorio pochi lavoratori uomini usufruiscono di questi dieci giorni. Se parto dalla mia esperienza, a me, nel mio caso, è stato possibile perché io sono libera professionista e sono flessibile. La flessibilità è la parola chiave, la flessibilità degli orari, per poter contemperare lavoro e figli senza perdere di vista gli obiettivi lavorativi e famigliari. Serve inserire flessibilità, autonomia e responsabilità delle risorse. Serve però uno sforzo di cultura sia da parte del lavoratore sia da parte del datore di lavoro. Occorre guardare agli obiettivi e responsabilizzarsi. E’ stato difficile per me quando il mio Managing Partner mi ha detto che potevo gestire il mio orario ed educarmi a farlo. Uno sforzo che parte da noi è ciò che serve.