Caso Evergrande: rischio effetto domino?

Sono mesi che gli operatori finanziari si arrovellano per capire cosa succederà ad Evergrande e alla sua immensa pila di debiti. La crisi del colosso immobiliare ha ormai intaccato l’intero settore, e potrebbe minare la stabilità di Pechino. C’è chi dice sarà la Lehman Brothers cinese, in grado di contagiare la seconda economia più grande al mondo. In effetti, settore immobiliare e industrie correlate rappresentano il 30% del Pil della Cina. Non solo: pare, stando ai report di S&P Global e JPMorgan, che il debito totale del comparto real estate sia più elevato di quanto riportato nei bilanci ufficiali. «A causa delle misure restrittive sul credito varate lo scorso anno dalle Autorità», spiega Paolo Mauri Brusa, gestore del team multi asset Italia di Gam (nella foto a lato), «le cosiddette “tre linee rosse” (rapporto passività/attività < 70%, leva finanziaria < 100%, rapporto tra liquidità e debito a breve termine > 1x), molte società hanno incrementato i finanziamenti derivanti dai canali non convenzionali, primo su tutti quello dei prodotti ‘wealth management’ (Wmp). Si tratta di veicoli d’investimento emessi sia da istituti bancari che da società immobiliari e venduti alla clientela retail. Questi ‘prodotti strutturati’ hanno avuto un notevole successo nell’ultimo decennio, perché promettono rendimenti decisamente più elevati rispetto al mercato obbligazionario tradizionale. La PBoC ha reso obbligatoria la disclosure di questa tipologia di strumenti per le banche già nel 2013 e nel 2018 ha varato una stringente regolamentazione dalla quale però sono escluse proprio le società immobiliari, che finora hanno potuto agire nell’ombra».

Evergrande nel 2016 ha venduto attraverso una sua piattaforma di prestiti online il suo primo prodotto Wmp a più di 80.000 persone, inclusi i propri dipendenti, e da allora ha raccolto attraverso questo canale circa 15 miliardi di dollari. JPMorgan stima che il reale rapporto debito/capitale di Evergrande sia del 177% rispetto al 100% riportato in bilancio. I dati ufficiali parlano di un mercato Wmp di origine bancaria di oltre 4 trilioni di dollari mentre non esistono dati o stime per il mercato non bancario. «È chiaro che Pechino da un lato deve per forza porre rimedio al ‘moral hazard’ in un settore chiave per l’economia; dall’altro però, non può permettere che l’effetto domino della crisi dell’immobiliare investa tutti gli altri settori», continua Mauri Brusa. «È di questi giorni la notizia che la PBoC allenterà i requisiti sulle attività di rifinanziamento in valuta locale nel mercato interbancario per le società immobiliari, così da allentare la tensione delle ultime settimane e iniettare liquidità nel sistema grazie al supporto delle banche. Le Autorità hanno inviato l’importante segnale politico dopo che la Federal Reserve ha avvertito che la fragilità del settore immobiliare cinese potrebbe diffondersi negli Stati Uniti se si deteriorasse drammaticamente. Questo metterebbe a rischio l’interno mercato obbligazionario off-shore cinese, e Pechino non può certo lasciare che ciò accada».