Dare valore alle imprese: questo è l’obiettivo di un investitore di private capital. Oggi lo sviluppo aziendale non è più solamente legato agli aspetti dimensionali e realizzato attraverso crescita organica o con acquisizioni esterne e ampliamento dei mercati di riferimento. I principi Esg, di cui forse anche troppo spesso si sente parlare, sono diventati cardini su cui poggiare le strategie di investimento degli operatori. Non si tratta della moda del momento né deve essere un “green washing”: parliamo di un impegno serio che i fondi di private capital hanno iniziato ad assumere molti anni fa, anticipando un trend che oggi è diventato imprescindibile. Un vero e proprio cambio di paradigma che risponde innanzitutto alle esigenze dei grandi investitori istituzionali.
Per implementare i principi della sostenibilità, nella convinzione che ciò determini un nuovo approccio alla creazione di valore a beneficio dei differenti stakeholder, Aifi già nel 2013 aveva sottoscritto la “Carta dell’investimento sostenibile e responsabile della finanza italiana” promossa da FeBAF, la Federazione delle Banche, Assicurazioni e Finanza. A queste iniziative ne sono seguite altre come l’elaborazione delle Linee Guida Esg associative e l’avvio di un Tavolo di Lavoro Esg, che raggruppa una trentina di associati domestici ed internazionali per condividere delle best practice che saranno messe a punto nel pieno rispetto delle normative europee.
L’ultimo tassello a tutto questo lavoro è stato fatto in allineamento con le altre associazioni europee: è stata realizzata una Survey sulle prassi Esg per mappare lo stato dell’arte dell’industry, raccogliere dati che consentano nel tempo di evidenziare i cambiamenti e i progressi compiuti, soprattutto in ambito ambientale e climatico. Lo studio ha coinvolto in Europa 350 operatori di private equity, venture capital, private debt e infrastrutture; 42 di questi italiani.
I numeri della survey mostrano come l’interesse sia alto, ma ci siano anche ambiti in cui sarà possibile un miglioramento significativo in futuro; l’82% degli operatori ha dichiarato di avere già adottato policy Esg e il restante 18% intende farlo entro i prossimi 12 mesi. Adottare una policy Esg significa sancire un impegno ad integrare l’analisi finanziaria con considerazioni sulle tematiche di sostenibilità lungo tutto il processo di investimento, ed è un impegno formale verso i propri stakeholders.
Dalla ricerca emerge come per gli investitori internazionali e domestici, l’integrazione di buone prassi Esg sia determinante nell’asset allocation. Quasi l’unanimità degli operatori adotta politiche di esclusione, non impegnando risorse in alcuni settori non Esg compliant come quello delle armi da fuoco, tabacco e nucleare. Il lavoro di engagement sulle aziende target è un obiettivo, ma la raccolta dei dati non è sempre facile. A livello di imprese in portafoglio poco più della metà, il 56% degli operatori, raccoglie dati circa l’implementazione dell’action plan relativo ai temi Esg/sostenibilità. I progressi fatti e il gap di valore creato attraverso la sostenibilità nel 51% dei casi viene rendicontato anche in fase di exit nella vendor due diligence, per consentire al potenziale acquirente di proseguire nel cammino intrapreso in termini di complessiva valorizzazione.
Questo significa che, se da un lato è in atto una profonda revisione nelle prassi di investimento, serve ancora un po’ di lavoro per far sì che a cascata, tali principi abbiano una diretta ricaduta sulle aziende di cui investono. Il report nella sua interezza mostra come il cammino verso una attenzione rivolta ai temi ambientali, di parità di genere, di attenzione verso le risorse umane, sia saldamente avviato; è sempre più evidente, nel contempo, anche la fragilità di un cammino che non sia supportato da regole certe e da una normativa armonizzata a livello europeo, che oggi ancora è in via di completamento; servono rating trasparenti e metriche condivise che misurino in modo scientifico e uguale per tutti i gradi di impatto sulle attività svolte. Se è ormai ampiamente dimostrato che la sostenibilità garantisce un miglior controllo dei rischi, migliori performance e creazione di valore, migliore resilienza delle imprese, è vero anche che tutto ciò richiede una transizione di equilibrio. Per raggiungere questo obiettivo serve proseguire su questa strada con gradualità, fondamentale per determinare cambiamenti strutturali e duraturi.
Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Liuc di Castellanza. È anche direttore generale dell’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)