Per investire nella patria del caffè, rivoluzionando quello che è il rito italico per antonomasia, ci vuole un bel coraggio. Soprattutto se non si è un colosso come Starbucks. Eppure l’impresa che sta riuscendo all’italianissima 12oz Coffee Joint è ragguardevole con punti vendita che si stanno diffondendo a macchia d’olio e importanti obiettivi di espansione anche all’estero. Un modello di business che non a caso si è guadagnato l’interesse della Jde (Jacobs Douwe Egberts), multinazionale del caffè con base in Olanda, secondo torrefattore al mondo, che ne è diventato nel 2018 il principale azionista.
In realtà il format nasce nel 2015 da un’intuizione di David Nathaniel (figlio di genitori ebrei giunti in Italia a metà ‘900), che, animato dalla passione per il caffè americano e da spirito imprenditoriale, dopo essersi affermato nella fornitura di colazioni per gli hotel di lusso, apre, con l’obiettivo di testarne il concept, i primi locali a Milano che preparano il terreno, nel 2016, al flagship store di Piazza Duomo, nel capoluogo meneghino.
Un successo che fa da trampolino di lancio all’azienda, che oggi conta 15 punti vendita diretti e due in franchising e che lo scorso ottobre ha aperto a Cipro il primo punto vendita straniero; per la fine di marzo lo sbarco nel mercato saudita ed entro il 2027 l’apertura di ben 700 punti vendita tra negozi in città, formati travel e kiosk.
Mission del brand (12oz sta per 12 once, l’unità di misura del caffè americano in tazza grande) far vivere una coffee experience alternativa tramite lo stesso sistema utilizzato per gli hotel, ma per un format retail. D’altronde Nathaniel ha grande esperienza nel settore con l’altra sua società Ndd (Natex Dispenser Division) che fornisce servizi innovativi per il breakfast ai migliori hotel italiani tramite un sistema brevettato da Jde – Cafitesse – in grado di erogare caffè e bevande per la prima colazione in tempi molto rapidi, garantendo prodotti di alta qualità anche con lo “stress” delle alte rotazioni.
Un prodotto b2b si trasforma, dunque, in un concept retail innovativo (le metrature dei punti vendita variano dai 15 ai 100 metri quadri) che ha l’obiettivo di condividere un nuovo modo di bere il caffè anche per il passante in strada, on the go, che, puntando su rapidità (il 50% dei prodotti può essere preparato in soli 30 secondi), semplicità e qualità, si rivolge soprattutto ai giovani Millennials e alla Generazione Z, portatori di nuovi stili di vita e di consumo.
Com’è nata l’idea di fondare 12oz Coffee Joint?
L’idea nasce principalmente da numerosi viaggi all’estero, dove vedevo per le strade un grandissimo numero di persone con la propria tazza monouso in mano che si godevano il proprio caffè americano e altre bevande lunghe a base di latte e caffè. Lo stesso lo ritrovavo anche nelle serie tv, sempre più popolari tra i giovani in Italia. Ho visto, quindi, un potenziale inespresso che poteva essere colmato, ma in una maniera differente rispetto alla solita caffetteria: ho pensato a un format che fosse il perfetto connubio della caffetteria internazionale, ma con un forte focus sul consumo on the go, e la rapidità di servizio tipica del bar all’italiana. Conoscendo le caratteristiche delle macchine per le bevande da prima colazione, che ancora rivendo da oltre trent’anni ai principali hotel d’Italia attraverso uno dei miei altri business, ho pensato di poter offrire un servizio veloce, standardizzato e facile da replicare, in un Paese dove ancora questa tipologia di consumo non aveva preso piede.
Certamente un’idea all’avanguardia nel 2015, ma oggi possiamo dire che 12oz è stato precursore di questo nuovo mondo che stiamo vivendo oggigiorno e che soddisfa le esigenze dei consumatori dei nostri tempi, qualcosa che stanno cercando di fare anche altri retail brand.
La velocità è uno degli elementi focali del vostro business…
Sì, la possibilità di servire bevande calde e fredde a base di caffè, latte e anche frutta in tempi rapidissimi, con ridottissima mano d’opera (il 75% dei dipendenti è under 35 e il 65% delle posizioni in-store è ricoperto da donne, ndr): alcuni dei nostri store hanno una sola persona in turno che riesce a servire flussi medio-alti, grazie all’uso di macchinari ad altissima tecnologia brevettata. Inoltre, grazie all’aggiunta di alcuni ingredienti, con il mio team sono state create una serie di ricette standardizzate e facili da riprodurre da un qualsiasi operatore, grazie a un training molto veloce e basico. Tutti questi prodotti vengono sempre serviti in bicchieri monouso ingegnerizzati per mantenere una temperatura del prodotto ottimale fino a 40 minuti dalla preparazione, ottimo per questa fase di “new normal” dove il delivery e il take away la fanno da padrona.
Il vostro format è nato prima dell’arrivo in Italia di Starbucks.
12oz è qualcosa di diverso sia dalla caffetteria americana che dal bar all’italiana. 12oz è “on the move”, è un punto vendita che ha come core business bevande a base caffè, latte e frutta e che dà al cliente la possibilità di scegliere dove consumare il suo prodotto: da noi tutti i prodotti sono serviti a priori in modalità “to go”.
Il cliente ha possibilità di consumare il prodotto nel punto vendita e ricaricare le batterie (proprie o dei propri dispositivi, usufruendo anche del wi-fi gratuito), ma i prodotti 12oz sono studiati per accompagnare il consumatore mentre va a lavoro o all’università, durante lo shopping o una passeggiata oppure un viaggio.
Per gli italiani il rito del caffè è molto importante. Che tipo di risposta state avendo e qual è il vostro target tipo?
Ci rivolgiamo a una clientela molto giovane, young Millennals e Generazione Z, che, essendo early adopters e nativi digitali, sono più cosmopoliti e ricettivi rispetto alla modalità di consumo del caffè nel resto del mondo.
In Italia certamente rimane uno zoccolo duro di consumatori di caffè espresso, che noi serviamo regolarmente nelle nostre cup monouso, ma il nostro format in generale non ha focus sull’espresso. Vediamo anno su anno una crescita importante del consumo di bevande lunghe a base di latte e caffè, sia calde che fredde, a scapito dell’espresso, ma soprattutto vediamo una forte crescita del consumo di bevande fredde: solo quest’estate, ancora fortemente impattata dal Covid, abbiamo visto una crescita di queste bevande rispetto al 2019 addirittura a doppia cifra. Questo trend positivo lo stiamo pian piano avvertendo anno su anno anche al di fuori della stagione più calda.
Altri aspetti strategici per voi sono la filiera, le materie prime, la sostenibilità…
Utilizziamo materie prime di altissima qualità. I nostri caffè sono miscele Jde, nostro partner socio dell’azienda al 51% e secondo più grande torrefattore al mondo. I prodotti a base frutta sono 100% naturali. Stiamo portando avanti anche grazie al supporto di Jde un progetto sulla sostenibilità che riguarderà il packaging, in prima battuta, con maggiore attenzione soprattutto alla plastica, oltre che altre sfaccettature riguardanti l’abbassamento del carbon footprint. C’è da dire che i nostri bicchieri di carta hanno certificazione Pefc, quelli di plastica sono riciclabili, ma stiamo lavorando anche con il fornitore per dare maggiore apporto all’ambiente. Da pochi mesi abbiamo drasticamente ridotto il consumo di cannucce e abbiamo sostituito quelle di plastica in prodotto in cartoncino, inserito in gamma posate in materiale compostabile per il servizio dei dolci e delle bevande con panna.
A breve avremo anche in-store alcuni articoli di merchandising in Rpet e cuoio riciclato e abbiamo svariati altri progetti lato sostenibilità in itinere.
A novembre avete aperto il primo franchising. Non solo negozi diretti quindi?
Vogliamo mantenere un format ibrido, mantenendo quindi anche un buon numero di negozi diretti, ma stiamo lavorando con il team italiano e internazionale per trovare nuovi solidi partner per far crescere l’azienda.
Pensiamo che il nostro format sia vincente grazie, non solo alle facili operations e al basso costo del lavoro, ma anche al Capex molto contenuto rispetto ad altri format di Quick service restaurant. Tutto ciò, secondo le previsioni, ci porterà a un incremento notevole delle nostre aperture, di quasi il 200%: grazie al piano di new store opening previsto in Italia e all’estero durante il corso dell’anno, contiamo di arrivare a toccare le cinquanta unità a totale catena, con una stima di fatturato medio annuale per store di 400mila euro.
www.12ozcj.com