L’alternanza scuola-lavoro resta al centro dell’azione di governo sul fronte dell’istruzione, non va cancellata ma deve cambiare, nel quadro di una correzione della riforma del 2015, la famigerata “Buona Scuola” renziana. E la formazione professionalizzante – quella degli Its in particolare – ha già iniziato ad essere sostenuta con un rifinanziamento appena firmato per 23 milioni di euro. Nell’insieme, il governo Gialloverde – che ha affidato la delega per l’istruzione a un tecnico di riconosciuta competenza come Marco Bussetti – non vuole disfare tutto quando ha trovato, ma è determinato a migliorare il migliorabile, facendo leva anche sulle imprese – destinatarie principali delle risorse umane che si formano nelle scuole – senza demonizzarle, anzi chiedendone la collaborazione, come lo stesso Bussetti spiega in quest’intervista con Economy, ma senza nemmeno far transitare per il cavallo di troia delle mille formule possibili per allenare i giovani al lavoro, forme di sfruttamento che resterebbero oltretutto sterili.
Ministro Bussetti, partiamo da questo: lei viene dall’esperienze in Lombardia, che sul fronte dell’alternanza scuola-lavoro ha preceduto di molto la riforma renziana, appunto la cosiddetta “buona scuola”, che tante polemiche ha suscitato. Pensa di poter travasare parte di questa sua esperienza su scala nazionale?
Il nostro sistema di istruzione e formazione ha delle punte di eccellenza che vanno valorizzate e diffuse. Da Dirigente dell’Ambito territoriale di Milano sono entrato in contatto con una realtà vivace e variegata. E questa esperienza è certamente utile per il mio attuale incarico. È mia intenzione far sì che la scuola funzioni e sia di qualità su tutto il territorio nazionale. Anche nel suo rapporto con il mondo del lavoro. Ed è per questo che sin dal mio insediamento ho promosso una revisione dell’Alternanza. Deve essere un’opportunità per i nostri giovani, non il mero adempimento di un obbligo.
Il nostro sistema di istruzione e formazione ha delle punte di eccellenza che vanno valorizzate e diffuse
Ma che collaborazione il governo intende chiedere al mondo delle imprese, anche per quanto riguarda il capitolo della formazione permanente e della riqualificazione della forza lavoro già attiva?
Guardi, oggi ci troviamo a formarci, vivere e lavorare in un mondo in continuo mutamento. La formazione permanente e l’aggiornamento sono fondamentali. Già dagli anni della scuola i nostri ragazzi devono “imparare a imparare” in maniera continuativa. E dobbiamo estendere questa pratica anche a tutti gli ambiti della formazione e dell’istruzione, faccio riferimento al personale scolastico e universitario. Chiaramente per riuscire nel risultato è importante l’alleanza con le imprese, con le realtà lavorative, con i territori. Tra tutti questi mondi ci deve essere un dialogo produttivo e proficuo. Implementerò la possibilità di sviluppare cluster tecnologici innovativi, contesti di apprendimento informali, debate anche in lingua inglese…
Accanto alla formazione tecnica tradizionale si stanno affermando gli Its. E’ una formula su cui il governo intende puntare?
Certamente. E vogliamo farlo in maniera decisa, perché gli Its hanno dimostrato la loro efficacia nell’assicurare uno sbocco lavorativo ai propri diplomati. Nelle scorse settimane abbiamo siglato un provvedimento che consente di erogare 23 milioni di euro proprio per l’ampliamento dei percorsi formativi degli Its per l’anno 2018/2019. Dobbiamo incentivare queste realtà e promuovere sempre più la collaborazione con le scuole superiori tecniche e professionali, le imprese, i territori, le università e le filiere produttive.
Allarghiamo il discorso all’intero contratto di governo che, al punto 27, elenca obiettivi molto ambiziosi sul fronte dell’istruzione. In particolare, una riscrittura radicale della “Buona scuola”.
La legge 107 del 2015 ha prodotto danni in alcuni casi irreparabili e ha stressato fortemente il nostro sistema di istruzione. Affronteremo le novità introdotte dalla norma di volta in volta con pragmatismo e responsabilità. Correggendo ciò che non funziona e deve essere migliorato o eliminato. Abbiamo già sospeso la “chiamata diretta” dei docenti, mantenendo un impegno di governo. Era stata concepita e attuata male. E per quanto riguarda l’Alternanza Scuola-Lavoro, come le dicevo, stiamo già lavorando a una revisione delle Linee Guida per dare informazioni precise a tutti gli attori coinvolti in termini di obiettivi, tempi, funzionalità. L’Alternanza è un’occasione importante di contatto tra i giovani e le imprese. Non va cancellata. Va resa di qualità. Vanno riviste le finalità, vanno dati gli strumenti alle scuole, vanno controllati i progetti, diminuite le ore, va ridefinito l’impianto.
Il Ministro della pubblica istruzione porterà in Italia l’esperienza della Lombardia
Lo stesso contratto di governo propone numerosi punti di innovazione nell’ordinamento universitario. Da dove inizierà?
Penso sia necessario elaborare un piano strategico pluriennale per l’Università e la Ricerca, affinché siano in grado di affrontare e governare le sfide del cambiamento. Come già anticipato, ho da poco firmato un pacchetto di decreti per il sistema della formazione superiore che riguardano la definizione del nuovo modello di costo standard, il riparto del Fondo ordinario di finanziamento delle Università per il 2018, le risorse per l’Alta formazione artistica, musicale e coreutica. Inoltre, lavoreremo per rendere più attrattiva la carriera universitaria, per rinnovare la dotazione tecnologica e strumentale degli Atenei, per rivedere le modalità di reclutamento dei professori e potenziare il ruolo trainante per l’occupazione del nostro sistema di ricerca.
Come Governo siamo impegnati a destinare maggiori risorse al sistema accademico
In generale, però, le statistiche rivelano che l’Italia patisce ancora un forte gap di formazione universitaria rispetto alle medie europee.
Il gap esiste, non possiamo negarlo. Ma dobbiamo riconoscere che c’è stato un concreto miglioramento che va sostenuto. I dati del recente Rapporto dell’Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca (Anvur) mostrano che c’è stato un incremento degli immatricolati, che si è ridotto il tasso di abbandoni al secondo anno, che è aumentata la percentuale di laureati che concludono gli studi entro i tempi previsti. Siamo di fronte a una vera e propria inversione di tendenza. Come Governo siamo impegnati a destinare maggiori risorse al sistema accademico, con un’attenzione continua ai criteri di assegnazione alle Università. Per esempio, attraverso la firma di un pacchetto di decreti dedicati abbiamo previsto lo stanziamento di più fondi agli atenei che si trovano in contesti svantaggiati o sono difficilmente raggiungibili. E stiamo consolidando le politiche di orientamento, in ingresso e in itinere e di diritto allo studio.
Ancora sulla collaborazione con le imprese: va stimolata quella sul fronte universitario? E se sì, come?
Da questo punto di vista il nostro sistema offre diversi percorsi, integrati e complementari. Abbiamo parlato degli ITS, ma dobbiamo ricordare anche le lauree professionalizzanti. Importante è la sinergia tra le diverse parti e nell’offerta. Solo così evitiamo di perdere ragazzi che non trovano percorsi in linea con le loro ambizioni o con i loro bisogni. Per favorire la crescita del Paese dobbiamo pensare a corsi formativi di qualità con sbocchi reali nel mondo del lavoro.