Ci sono almeno tre buone ragioni per crescere per linee esterne. La prima è che le dimensioni contano, eccome. La seconda è che con una sola carta si fa scopa, portandosi a casa brand, posizionamento, clienti, quote di mercato, ma anche brevetti e competenze. La terza è che la razionalizzazione delle strutture incide direttamente sulla redditività. Se poi mettiamo sul piatto anche l’eventuale bonus finanziario derivante dall’acquisizione di una società in perdita o, banalmente, l’eliminazione di un competitor, possiamo ben capire perché il 2018, ancorché horribilis sotto molteplici aspetti, è stato invece l’anno mirabilis del mercato M&A in Italia.

Mai così tanto fermento dal 2000 in poi. e se la fusione tra Luxottica ed Essilor ha inciso parecchio, sono le pmi a “fare numero”

Neanche nel 2007, quando tutto andava (più o meno) a gonfie vele, prima che lo tsunami Lehman Brothers travolgesse l’economia mondiale, si vedevano cifre simili: il rapporto Kpmg Corporate Finance ha censito in tutto 882 operazioni (+8% rispetto alle 817 del 2017) per un controvalore complessivo pari a circa 91,4 miliardi di euro. Il doppio rispetto ai 46 miliardi del 2017. E se è vero che su questa cifra hanno inciso, e non poco (per il 46% del mercato), la fusione tra Luxottica ed Essilor (una delle operazioni più importanti del mercato M&A italiano di sempre, con un controvalore di 25 miliardi di euro) e l’acquisizione del concessionario autostradale spagnolo Abertis da parte di un veicolo costituito da Atlantia, ACS ed Hochtief (16,5 miliardi di euro di controvalore), resta il record assoluto del numero di operazioni che, escluse le due appena citate, sono state in tutto 880.

Sono particolarmente attive le multiutilities, che compiono operazioni di consolidamento nei loro mercati di riferimento

«È il dato più alto di sempre dal 2000 in poi», commenta a Economy Max Fiani, partner Kpmg e curatore del rapporto M&A: «Questo significa che il mercato è stato molto attivo non solo sui megadeal, quelli sopra al miliardo di euro, che comunque sono stati 16, quindi parecchi. È un mercato in forte crescita, che anche in termini di controvalore si è caratterizzato per un’attività molto interessante». Eppure l’incertezza, nel secondo semestre, ha pesato: i 30,5 miliardi di euro di controvalore del primo semestre sono stati seguiti da un significativo rallentamento nella seconda parte dell’anno con operazioni per “appena” 16 miliardi di euro. «Hanno influito sia il quadro internazionale, con la guerra dei dazi e la Brexit ad esempio, e in generale con macrotrend che hanno creato volatilità e incertezza, che il rallentamento dell’economica italiana, sull’onda delle previsioni di crescita costantemente al ribasso».

Il trend della Bancassurance ha un ruolo da protagonista nelle operazioni del mercato domestico dei servizi finanziari

Alla conquista del territorio

Nonostante l’incertezza, il record c’è è si vede. La parte del leone l’hanno fatta le operazioni domestiche: nel 2018 sono state 438. E se, come da tradizione consolidata, sono state caratterizzate da dimensioni unitarie medie “modeste” (il controvalore complessivo è infatti attestato intorno ai 16 miliardi di euro contro i 15 del 2017), la loro osservazione permette di capire i trend principali su cui si muove l’industria italiana. «Sono particolarmente attive le multiutilities, operatori specializzati che stanno compiendo operazioni territoriali di consolidamento nei mercati di loro competenza», spiega Max Fiani. Cita l’esempio di A2A, Iren, Hera «che si sono spartite, detto in senso buono, ovviamente, il territorio». E poi Italgas: «Ha fatto una campagna importante nel Sud Italia, acquisendo diversi piccoli distributori di gas». Ma anche Snam ha consolidato la propria posizione finalizzando numerose acquisizioni, mentre la genovese Erg ha ceduto ad Api la sua joint-venture Total-Erg per 340 milioni di euro (prezzo riferito al 100%) ed acquisito la società di gestione di impianti fotovoltaici Forvei per 334 milioni di euro.


Il trend della bancassurance

E poi c’è la deriva della bancassurance: «Le prime tre operazioni, da un punto di vista dimensionale, del mercato domestico sono collegate al mondo dei financial services, seguendo un trend che ormai va avanti da diversi anni con la costituzione di società di bancassurance tra player bancari e assicurativi». Tra le principali operazioni, si segnalano l’acquisizione del 63,4% di Arca Vita da parte del gruppo Unipol per 475 milioni di euro, l’acquisizione del 65% di Avipop Assicurazioni e Popolare Vita da parte di Cattolica Assicurazioni per complessivi 850 milioni di euro ed il processo di riorganizzazione del gruppo Generali tramite la cessione di diverse società all’estero. Ma questa, c’è da dire, è anche l’unica nota positiva, perché il controvalore complessivo del comparto Financial services si è fermato a 8,4 miliardi di euro (era stato quasi il doppio nel 2017).

Consolidare e diversificare

Acquisire per crescere: «Il trend del 2018, che proseguirà nel 2019, è quello di cercare di aumentare la propria scala dimensionale, grazie alle sinergie sia di ricavi che di costi, con acquisizioni mirate alla complementarietà». Fiani cita ad esempio la Ima di Ozzano dell’Emilia, leader nel packaging, che ha acquisito il 70% della Ciemme di Albavilla (Como), che produce e commercializza macchine automatiche per il fine linea. «Ma non solo: nel 2018 abbiamo visto diverse aziende leader nel loro settore, magari anche a livello globale, intraprendere una campagna di acuisizioni importante, a volte anche sull’estero, mirata a continuare un percorso di consolidamento o di diversificazione sul mercato domestico. Un’altra operazione degna di nota, anche sotto il profilo del valore, è quella di Alpitur, in seguito al riassetto che ha visto Tamburi diventare l’azionista maggioritario, con l’acquisizione di Eden Viaggi per circa 100 milioni di euro». Sul fronte della diversificazione, Fiani fa l’esempio di Quaestio Cerved Credit Management, società costituita ad hoc da Cerved e Quaestio sgr, che hanno acquisito la piattaforma di recupero crediti in sofferenza Juliet da Banca Monte dei Paschi di Siena «hanno speso 52 milioni di euro», dice «per entrare in un nuovo business».

Shopping all’estero

Tra i record del 2018 c’è anche quello delle acquisizioni all’estero: le operazioni sono state 166 (contro le 159 del 2017), costate in tutto 57 miliardi di euro. Nel 2017 ci era fermati a soli 9 miliardi. Ricordiamo l’acquisizione del business dolciario statunitense di Nestlé da parte di Ferrero e quella dell’americana General Cable Corp. da parte del produttore di cavi e fibre ottiche Prysmian (controvalori rispettivamente pari a 2,3 e 1,3 miliardi di euro). «Ci sono state diverse operazioni degne di nota», commenta Max Fiani. «Man mano che crescono volatilità e incertezza, più gli operatori si clusterizzano verso quelli che chiamiamo “serial acquirors”, che negli ultimi vent’anni hanno condotto in maniera sistematica operazioni di M&A. Per esempio Fila, che l’anno scorso ha speso 215 milioni di euro negli Usa attraverso la controllata, utilizzando la leva dell’M&A per diversificare, internazionalizzare e ampliare la propria gamma prodotti e servizi. Un altro esempio è Campari, con una storia di acquisizioni consolidata, che nel 2018 ha consolidato nella controllata Grand Marnier l’acquisizione per 53 milioni di euro della francesce Bisquit».

Nel grafico, l’andamento delle operazioni di fusione e acquisizione in Italia a partire dal 2008

MA GLI STRANIERI FRENANO

L’unica “retromarcia”, se così si può dire, è quella degli investimenti esteri nel nostro Paese: 18,4 miliardi nel 2018 contro i 23 dell’anno precedente. Quando però le operazioni erano state 266, contro le 278 dello scorso anno. Il che conferma, ancora una volta, che il mercato è sempre più dinamico.

«Il cosiddetto crossboarder in è il driver principale del nostro mercato da tantissimi anni. Anche da un punto di vista dell’impatto delle operazioni fa un po’ da padrone», commenta Fiani.

«L’operazione più importante, per un controvalore di 2,7 miliardi di euro, è stata quella condotta da Richemont, che si è portata al 100% in Yoox, in cui era entrata lo scorso anno. Ha fatto scalpore perché segue un trend molto significativo: quello delle cessioni nel mondo del fashion». Che non è l’unico fiore all’occhiello del made in Italy: si conferma anche l’eccellenza italiana nel settore del gaming, in cui la britannica Playtech si è aggiudicata Snaitech, nata nel 2017 dalla fusione tra Snai e Cogetech, per 413 milioni di euro. Interessante anche l’apprezzamento verso il know-how nei materiali della bergamasca Mesgo da parte del gruppo svedese Hexpol, che ne ha rilevato l’80% per un controvalore pari a 168 milioni di euro. E in pipeline per il 2019 ci sono già operazioni per almeno 15 miliardi di euro: c’è la cessione di Magneti Marelli da parte del gruppo Fca a un soggetto industriale giapponese partecipato dal fondo americano Kkr (6,2 miliardi di euro di controvalore), l’acquisizione di Gianni Versace da parte della statunitense Michael Kors per 1,8 miliardi di euro ed il completamento della cessione di asset all’estero da parte di Generali.