False comunicazioni sociali e manipolazione del mercato: sono le due ipotesi di reato in base alle quali, per ordine della Procura di bologna, i finanzieri hanno arrestato questa mattina Marco Astorri e Guido Cicognani, presidente e vicepresidente di Bio-on, la società bolognese specializzata nella produzione di bioplastiche biodegradabili (realizzate attraverso la fermentazione batterica dei residui della barbabietola da zucchero e della canna da zucchero), quotata all’Aim, che era arrivata, grazie a una lunga bolla speculativa, a valere 67,7 euro per un totale di circa 1,4 miliardi.
Peccato però che allo scorso 30 giugno la società dichiarasse ricavi per 917mila euro e un ebitda negativo di 4,9 milioni, con 41 milioni di debiti, mentre nel 2018 aveva dichiarato 50 milioni di fatturato con quasi 12 milioni di utile netto e Astorri aveva previsto per il 2019 il traguardo dei 100 milioni.
Lo scandalo era scoppiato l’estate scorsa, quando il fondo attivista americano Quintessential Capital Management aveva pubblicato una ricerca dal titolo “Una Parmalat a Bologna?”. Era partito un ping-pong di comunicati al vetriolo, ma anche due inchieste delle Procure di Bologna e di Milano. Oggi, l’epilogo della prima: con tutto il beneficio della presunzione d’innocenza, una pagina drammatica per Bio-On e, certo, un’ombra sull’Aim, immeritata perché nel mercato borsistico delle Pmi militano tante aziende eccellenti, ma comunque nociva alla sua immagine.
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