Per realizzare i progetti del Pnrr servono 375 mila lavoratori in più da qui al 2026. È quanto emerge da un paper della Banca d’Italia dedicato all’occupazione attivata dal Piano. Da un lato un’opportunità, dall’altro una sfida. “In alcuni settori potrebbe essere più difficile garantire livelli di competenze adeguati alla domanda generata dal PNRR. Questo è vero soprattutto in settori quali la ricerca e sviluppo e la produzione di computer, apparecchi elettrici e ottici, dove peraltro la variazione della domanda attivata dal PNRR nei prossimi sei anni sarebbe superiore alla variazione dell’occupazione registrata nel periodo 2014-19”. Come fare dunque? Il report di Bankitalia indica le possibilità. «Questi comparti sono infatti caratterizzati da una forza lavoro altamente qualificata: per compensare l’aumento di domanda di competenze analitiche e specializzate si renderebbero quindi necessari investimenti significativi in istruzione e in politiche attive – almeno per le figure professionali che richiedono, e permettono, una formazione tecnica specifica acquisibile in tempi ristretti. Politiche migratorie finalizzate all’attrazione di personale qualificato potrebbero rappresentare un canale prioritario per l’aumento dell’offerta di lavoro nel breve periodo in un contesto di perdurante emigrazione di italiani laureati e flussi in ingresso di stranieri caratterizzati da bassi livelli di istruzione. La dinamica della domanda di lavoro sostenuta dal PNRR potrebbe favorire di per sé un miglioramento del saldo migratorio netto”.

Una conclusione simile, per numeri e strategie, a cui giunge la Fillea Cgil, gli edili del sindacato. “Noi calcoliamo un fabbisogno di 90 mila figure specialistiche nelle costruzioni per quest’anno e 150 mila da qui al 2026, ultimo anno del Pnrr”, dice a Repubblica il segretario generale Alessandro Genovesi. “Per i 70 mila operai e muratori basterà un corso di formazione rapido, ma per le altre figure non è così semplice. Un carpentiere ha bisogno di 6 mesi di formazione, un gruista di 8 mesi, un brillatore di un anno visto che maneggia dinamite”. E poi servono 30 mila tra carpentieri, cappottisti, idraulici, pavimentisti, cementieri. Altri 30 mila tecnici specializzati in nuovi materiali e nuove tecniche costruttive. Almeno 8 mila addetti alle macchine complesse e autisti. Senza pensare a figure cruciali come gruisti, palisti, minatori, fresisti, fuochini. “La ricerca di 150 mila lavoratori in più da dedicare alle opere del Piano non si improvvisa, il decreto flussi potrebbe aiutare, ma non basta”, dice ancora Genovesi. “Bisogna scommettere su più fronti: Its, gli Istituti tecnici superiori, le scuole edili, le Academy delle imprese, la formazione nei Paesi di origine per avere flussi mirati di stranieri di cui l’Italia ha bisogno”.