Federal Reserve rialzo tassi
Jerome Powell, presidente della Fed

Le banche americane fallite spingono a uno stop al rialzo dei tassi. «Il sistema bancario americano è sicuro, i correntisti riprenderanno i loro soldi, e i contribuenti non pagheranno il conto dell’intervento dello stato per evitare il contagio». Le parole del presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno (per ora) evitato il crollo di Wall Street. Ma va sottolineato che i mercati americani hanno “deciso” che nella riunione di questo mese la Fed non alzerà, come previsto, i tassi di interesse per non peggiorare i rischi di contagio del sistema finanziario: i tassi Usa a 30 anni sono scesi sotto il 4,75%, sotto l’attuale costo del denaro, scommettendo sulla fine della fase di stretta monetaria. Anche Goldman Sachs già scommette che nella riunione della settimana prossima la Fed non rialzerà i tassi, o si limiterà ad un quarto di punto, quando fino alla settimana scorsa i mercati si aspettavano un altro aumento di mezzo punto percentuale.

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Banche americane fallite, lo stop al rialzo dei tassi rischia di provocare una stagflazione

Non a caso ieri ci sono stati acquisti sui titoli delle società tecnologiche, che soffrono i tassi alti e sarebbero quindi beneficiate dallo stop alla stretta monetaria. Tutto risolto, quindi? Mica tanto. Da un lato il presidente della Fed Jerome Powell a questo punto, accusato com’è di avere contribuito in larga misura ai fallimenti bancari con un rialzo troppo repentino dei tassi, ha una pistola puntata alla tempia: se continuerà ad alzare i tassi rischierà di peggiorare la crisi bancaria. Dall’altro la domanda è: ma l’inflazione è sotto controllo, ovvero verso quota 2%? E la risposta, ahinoi, è: no. Si teme insomma di veder comparire all’orizzonte il più temuto dei cigni neri, quello della stagflazione: una recessione economica o una crescita stagnante cui si somma un’inflazione elevata. Le armi dei banchieri centrali sono spuntate: la speranza è tutta riposta nei prossimi dati sull’inflazione.

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Banche americane fallite, altri istituti a rischio

Le misure adottate dalle authority a stelle e strisce sono peraltro tardive: basti pensare che ora la Fed consentirà di prendere prestiti usando i titoli del Tesoro come collaterali, al valore nominale; e se qualche giorno fa Silicon Valley Bank avesse avuto questa possibilità, invece di vendere i suoi titoli al prezzo di mercato, perdendo quasi due miliardi di dollari, probabilmente li avrebbe usati per i prestiti, e non sarebbe fallita. Inoltre altre banche americane cosiddette regionali restano comunque a rischio: ieri First Republic Bank ha perso il 61,8%, Western Alliance Bancorporation il 47%, Metropolitan Bank il 43,7%. Per la senatrice democratica Warren la colpa è di Trump, che nel 2018 aveva esentato le banche più piccole dalle regole imposte nel 2008, che avrebbero costretto Svb ad una maggiore prudenza. Ma chi potrebbe farne le spese alle prossime elezioni è il presidente Biden.